Saturday, March 27, 2010

Intaccato il diritto di difesa dei lavoratori

Comunicato Cgil: sembra che sia stato intaccato il diritto del dipendente di difendersi in caso di contesa con il datore di lavoro:

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LA SCURE DEL GOVERNO
SUI DIRITTI DEI LAVORATORI
(ARTICOLO 18 COMPRESO)
In Parlamento si è consumata, nel silenzio generale, una vera e propria controriforma del diritto del
lavoro, un attacco insidioso contro diritti che i lavoratori hanno conquistato in mezzo secolo di storia,
compresa la tutela dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Il disegno di legge n. 1167-B (convertito in legge il 3 marzo scorso) agli articoli 30, 31 e 32, introduce
delle modifiche che mirano a svuotare di significato le tutele dei lavoratori: il risultato sarà quello di
lasciare il lavoratore ancora più solo nella "libera" dinamica dei rapporti di forza con il datore di lavoro,
al quale viene attribuita mano libera rispetto a leggi e contratti collettivi. La norma "manifesto" è il
comma 9 dell'art. 31, dove si prevede la possibilità di privare il lavoratore della tutela giudiziaria,
affidando le controversie non ai giudici, bensì ad arbitri. Questi ultimi potranno addirittura giudicare
"secondo equità", che significa: secondo il loro buon senso, senza applicare le norme di legge
e dei contratti collettivi. Questo vuol dire privare il lavoratore di garanzie certe e universali quali quelle
date dai contratti nazionali e dalle leggi, minando anche la stessa la tutela dell'articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori.
Ma vi è di più: anche se un lavoratore dovesse riuscire ad andare davanti ad un giudice, quest'ultimo
non potrà sindacare le scelte del datore di lavoro e dovrà tener conto dei concetti di giusta causa e di
giustificato motivo di licenziamento che saranno dettati non più dalla legge e dalle norme costituzionali,
bensì dalla contrattazione collettiva (anche separata) e, ancor peggio, dal contratto di lavoro individuale
stipulato all'atto dell'assunzione, qualora certificato da apposite commissioni (art. 30). È evidente
che in quest'ultimo caso, data la disparità contrattuale tra datore e lavoratore, il contratto certificato
potrà benissimo sanzionare con il licenziamento anche una minima mancanza del lavoratore.
Vengono in questo modo letteralmente capovolti i fondamenti stessi del diritto del lavoro, nato per
tutelare il contraente debole nel rapporto di lavoro.
Il disegno di legge contiene, inoltre, una ridefinizione dei termini per l'impugnazione dei licenziamenti,
dei contratti di collaborazione, dei contratti a termine e dei trasferimenti che renderà assai difficile
(se non impossibile) al lavoratore la tutela giurisdizionale dei propri diritti (art. 32). Se a tutto ciò si
aggiunge che, dopo la legge n. 69/2009, sarà possibile condannare il lavoratore alle spese di giudizio
quando vorrà ricorrere al tribunale per difendere un suo diritto, appare ancor più urgente e necessaria
una presa di posizione.
"Il collegato lavoro è incostituzionale perche viola, tra gli altri, l'articolo 24 della costituzione
che riconosce il diritto di ogni cittadino a ricorrere al giudice per difendere i propri interessi".
Lo ha affermato il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, in occasione dello sciopero generale
del 12 marzo a Padova, che ha aggiunto: "dunque anche l'avviso comune del 11 marzo, chiaramente
preordinato da Sacconi e dagli altri firmatari, assume un carattere incostituzionale. Nessuno
si illuda: la Cgil risponderà sia sul piano legale che su quello sindacale a questo attacco ai
lavoratori per tutelarli nella loro prerogativa a difendere i propri diritti come meglio credono, a cominciare
dai diritti dei lavoratori più giovani". In questa lotta la CGIL sarà sempre in prima fila.
marzo 2010
Cgil.
Sempre dalla tua parte