Ieri a Ballarò si parlava delle province italiane e sull'ipotesi - più o meno fantascientifica - di abolirle.
Fantascientifica solo nel senso che in Italia i grandi cambiamenti si scontrano con freni stratosferici. Solo in questo senso, non certo nel senso che sia un'utopia impensabile, eccessiva o troppo futurista.
La cosa che colpiva era che sembrava che il nodo della questione non fosse per niente affrontato.
La domanda centrale è questa: le province servono o no?
Invece gli interlocutori, di destra e di sinistra, sembravano sottolineare altre questioni: le province fanno parte della nostra tradizione, o ci vuole troppo coraggio per togliere queste istituzioni, è difficile proporre un cambiamento così radicale, si può vedere di togliere quelle funzioni che sono esercitate sia dai comuni che dalle province ...
Ma alla domanda nodale nessuno sembrava voler rispondere.
Sembra che le province in Italia costituiscano una spesa enorme ma esercitino una funzione trascurabile che potrebbe essere spartita tra comuni e regioni.
In molti altri paesi europei o extraeuropei non esistono proprio.
Solo alcune hanno funzioni in Italia molto importanti, Trento e Bolzano, perchè il Trentino in realtà più che una regione è una doppia provincia.
Quel che sorprende ancora una volta è questo girare attorno, questo non affrontare con determinazione un problema.
Servono o no queste province? Pochissimo? E allora vanno abolite. Che c'entra la tradizione: se una tradizione valesse solo perchè è tradizione, a quest'ora saremmo ancora al Medio Evo.