Wednesday, December 17, 2008

'Regole certe per gli atenei' di Massimo Ammaniti

Riporto sotto l'articolo del Prof. Ammaniti, 'barone' (lui si definisce tale) di un'università italiana. L'articolo compare su Repubblica di mercoledì 17 dicembre 2008.
Ho sottolineato le parti che mi sembravano degne di essere commentate. Sotto riporto i miei commenti.





Dice il Prof. Ammaniti che occorrono regole precise di comportamento perchè le risorse, che sono molte e ricche, non vadano sprecate.
Temo che le regole, almeno a livello giuridico, vi siano già. Ma sono costantemente aggirate. E' evidente che preparare un concorso per un candidato scelto a priori è 'fuori regola' ma la cosa avviene costantemente e pochissimi sono i casi in cui, dopo denunce o processi, vi siano delle condanne effettive. Questo perchè giudicare un candidato dipende da criteri 'soggettivi' su cui è difficile dimostrare la colpevolezza di chi sceglie. I baroni, che hanno vasta cultura e preparazione, sanno bene che ci sono regole da rispettare, ma sanno anche che, nell'ambito del giudizio soggettivo e personale c'è una certa libertà di azione che permette di aggirare le regole. E se proprio non si riesce ad aggirare le regole, si può sempre preparare ad hoc un concorso con criteri così precisi e limitanti che solo quel preciso candidato può rientrarvi.

A proposito delle 'disinformazioni sulla stampa' 'volutamente tendenziose come ad esempio quelle relative agli stipendi dei professori ordinari che raggiungerebbero i 10.000 euro al mese, mentre sono molto al di sotto dei livelli europei',
io ho trovato invece, non sulla stampa ma sul libro di Roberto Perotti, 'L'università truccata', ed. Einaudi, i dati che riporto sotto, e che sembrano invece dimostrare che 'in Italia le remunerazioni medie e massime dei ricercatori e professori associati sono superiori (a quelle della Gran Bretagna). Sono inferiori invece quelle minime, e quasi certamente quelle massime degli ordinari'. Cioè i ricercatori sono pagati pochissimo (giusto per scoraggiarli da eccessive ambizioni) mentre associati e ordinari sono pagati anche più che in Europa.
(Si veda sotto la pag. 41 del libro di Perotti)





Infine, i concorsi. Ammaniti parla di concorsi in cui i commissari siano scelti a sorteggio e che vi siano commissari esterni.
Onestamente non credo che questo risolverebbe molto. Nessuno impedirebbe 'accordi' tra baroni che si incontrano in una sede diversa dalla propria. Poi, si sa, tra colleghi ... la categoria tende a difendere se stessa.

Infine la considerazione delle pubblicazioni scientifiche internazionali.
Beh, direi proprio che sono fondamentali. Sorprende che sia spacciata questa ovvietà per una cosa rivoluzionaria ('questa sarebbe una vera rivoluzione'). Da sempre un candidato dovrebbe essere scelto per i suoi lavori di alto merito e, ovviamente, le pubblicazioni in riviste scientifiche internazionali sono tra i primi criteri da considerare.

Come Perotti scrive nel suo libro, forse l'unico modo per risolvere il problema dei clientelismi e nepotismi nelle università italiane, è che non convenga ai baroni assumere amici o parenti e che convenga invece assumere i migliori studiosi, perchè se non fanno così l'università nel suo insieme e anche i singoli responsabili di tali scelte ricevono meno soldi e meno premi in carriera.