Gli studenti sono a volte più intelligenti dei professori.
Chi glielo fa fare ad uno studente di studiare o di stare attento in classe e partecipare? Glielo fa fare ... l'incentivo.
Giustamente, si scomodano solo se hanno degli interessi a farlo.
Bella scoperta, diranno molti.
Per me è stata un po' una scoperta.
Logico che studiano per avere bei voti. Ma questo lo si sa in generale. Ogni tanto c'è un compito o un'interrogazione e, ovviamente, gli interessa avere buoni voti.
Mi è capitata una cosa strana qualche giorno fa.
In una classe di ragazzini di prima superiore, visto il comportamento, ogni tanto davo dei meno per punirli del menefreghismo in classe o per il comportamento scorretto.
Durante una lezione uno studente ha risposto, unico tra tutti, a tutte le domande di un esercizio di inglese. E gli ho dato un più.
Dopodichè ho detto agli studenti che, d'ora in poi, ogni partecipazione molto attiva e interessata sarebbe stata ricompensata con un più, così come con un meno un comportamento negativo.
Da allora è cambiato moltissimo il comportamento degli studenti in classe.
La volta successiva sono entrati in classe e mi hanno chiesto se da quel giorno avrei davvero dato un più per ogni lodevole partecipazione alla lezione.
Ho confermato. Aggiungo che i più non sono coreografici: tre più hanno valore di un voto in più nell'insieme dei compiti e interrogazioni.
La lezione è stata diversissima dal solito: tutti volevano fare gli esercizi, partecipare al lavoro comune e ho dovuto dare un sacco di più.
Davvero enorme la differenza con le lezioni precedenti.
Può sembrare banale, e anzi io pensavo fosse scontato che un comportamento lodevole fosse premiato. Invece ho avuto l'impressione che i ragazzi avessero percepito finora la scuola come una realtà punitiva, piuttosto che incoraggiante: se non studi, hai brutti voti.
Questa credo sia la differenza e temo che gli insegnanti dovrebbero far capire più chiaramente che la scuola non è punizione, ma anche premio.
Credo che i ragazzi, per partecipare con entusiasmo e impegno, abbiamo bisogno di vedere sempre un risultato concreto del loro sforzo. La motivazione deve essere nutrita di piccoli premi continui. Altrimenti non si scomodano, giustamente.
Monday, February 23, 2009
Saturday, February 21, 2009
Proposta di lavoro per i Bolognesi
Qualcuno cerca lavoro a Bologna? Perchè non apre una lavanderia self-service?
Sembra che non ce ne sia neanche una a Bologna. Sono lavanderie automatiche costituite da grandi lavatrici in cui una persona si fa il bucato da sola per pochi euro. Comunissime in USA e Nord-Europa, sembra che in Italia siano ancora rare e che a Bologna non ce ne siano proprio. Qualche anno fa era stata aperta la prima a Venezia e aveva fatto notizia come novità assoluta in Italia.
In una città in cui molte case in affitto non hanno lavatrice e in cui ci sono così tanti studenti, credo sia un lavoro sicuro e poco impegnativo in termini di tempo. Molte ditte offrono questa possibilità di franchising.
Sembra che non ce ne sia neanche una a Bologna. Sono lavanderie automatiche costituite da grandi lavatrici in cui una persona si fa il bucato da sola per pochi euro. Comunissime in USA e Nord-Europa, sembra che in Italia siano ancora rare e che a Bologna non ce ne siano proprio. Qualche anno fa era stata aperta la prima a Venezia e aveva fatto notizia come novità assoluta in Italia.
In una città in cui molte case in affitto non hanno lavatrice e in cui ci sono così tanti studenti, credo sia un lavoro sicuro e poco impegnativo in termini di tempo. Molte ditte offrono questa possibilità di franchising.
Wednesday, February 18, 2009
Stupro: crimine sociale?
Un crimine grave può essere il prodotto di una mente perversa, isolata e malata. Oppure la conseguenza di una situazione sociale diffusa e latente, che, come in un iceberg, affiora tragicamente nel caso di un preciso delitto.
Secondo me gli stupri in Italia sono molto legati alla cultura di questa società. Per fortuna lo stupratore vero e proprio lo si incontra di rado. Ma una donna in Italia subisce delle pressioni maschiliste ferocissime ad opera non del maniaco di turno, ma di tutta la società.
Io addirittura sono un esempio quasi pittoresco, nel senso che ormai da anni esco e rifiuto di vedere le persone. Di recente esco sempre con un giornale in mano con cui copro il volto in modo tale da non vedere per niente le persone. E' il mio modo di punire queste gravi mancanze di rispetto.
Posso dire che fino al 2000 il mio comportamento era giusto il contrario: grandissima estroversione. Adesso sono molto simpatica e aperta dove ho degli impegni, come a scuola o in incontri tra amici o di lavoro. Per il resto, invece, senza rompere le scatole a nessuno, semplicemente mi rifiuto di vedere le persone. E mi sembra il comportamento più civile possibile in tale situazione.
Perchè questo rifiuto? Perchè appena metti il naso fuori di casa (o anche in casa: vengono a blaterare dalla finestra o vicino alla porta di casa le loro farneticazioni manianco-maschiliste) il leit-motiv ossessivo è quello che una deve starci. Tutti i discorsi che senti hanno un solo scopo: farti capire, se sei single e ti va pure bene di esserlo, che devi starci, soprattutto se NON ti piace uno. E' un cocktail a base di sesso e violenza, che, come si sa, ben rappresenta i gusti del grande pubblico.
Uscire in Italia è un inferno.
Ora, questo 'stile made in Italy' non è stupro, per fortuna, ma è una violenza continua, quotidiana, onnipresente, che può letteralmente rovinare la vita di una persona. Occorrono nervi saldissimi per sopportare la spazzatura che ti buttano addosso continuamente in modo feroce e ossessivo.
In Italia siamo ancora nel Medioevo: una deve starci. E in caso di 'gusti diversi', è fuori discussione che la volontà dell'uomo deve prevalere.
Da qui ad una pur velata difesa dello stupro, il passo è breve. Come ancora si sente dire in giro, 'in fondo un uomo è sempre un uomo'.
Lo stupro sta diventando un crimine quotidiano. Spessissimo accade entro le mura domestiche.
Non si urli solo contro gli stupratori: ci si chieda quante volte ognuno di noi ha pensato che la volontà della donna, in fondo, vale molto meno di quella di un uomo.
Secondo me gli stupri in Italia sono molto legati alla cultura di questa società. Per fortuna lo stupratore vero e proprio lo si incontra di rado. Ma una donna in Italia subisce delle pressioni maschiliste ferocissime ad opera non del maniaco di turno, ma di tutta la società.
Io addirittura sono un esempio quasi pittoresco, nel senso che ormai da anni esco e rifiuto di vedere le persone. Di recente esco sempre con un giornale in mano con cui copro il volto in modo tale da non vedere per niente le persone. E' il mio modo di punire queste gravi mancanze di rispetto.
Posso dire che fino al 2000 il mio comportamento era giusto il contrario: grandissima estroversione. Adesso sono molto simpatica e aperta dove ho degli impegni, come a scuola o in incontri tra amici o di lavoro. Per il resto, invece, senza rompere le scatole a nessuno, semplicemente mi rifiuto di vedere le persone. E mi sembra il comportamento più civile possibile in tale situazione.
Perchè questo rifiuto? Perchè appena metti il naso fuori di casa (o anche in casa: vengono a blaterare dalla finestra o vicino alla porta di casa le loro farneticazioni manianco-maschiliste) il leit-motiv ossessivo è quello che una deve starci. Tutti i discorsi che senti hanno un solo scopo: farti capire, se sei single e ti va pure bene di esserlo, che devi starci, soprattutto se NON ti piace uno. E' un cocktail a base di sesso e violenza, che, come si sa, ben rappresenta i gusti del grande pubblico.
Uscire in Italia è un inferno.
Ora, questo 'stile made in Italy' non è stupro, per fortuna, ma è una violenza continua, quotidiana, onnipresente, che può letteralmente rovinare la vita di una persona. Occorrono nervi saldissimi per sopportare la spazzatura che ti buttano addosso continuamente in modo feroce e ossessivo.
In Italia siamo ancora nel Medioevo: una deve starci. E in caso di 'gusti diversi', è fuori discussione che la volontà dell'uomo deve prevalere.
Da qui ad una pur velata difesa dello stupro, il passo è breve. Come ancora si sente dire in giro, 'in fondo un uomo è sempre un uomo'.
Lo stupro sta diventando un crimine quotidiano. Spessissimo accade entro le mura domestiche.
Non si urli solo contro gli stupratori: ci si chieda quante volte ognuno di noi ha pensato che la volontà della donna, in fondo, vale molto meno di quella di un uomo.
Meccanismi perversi dell'informazione
Tratto da
Il Corriere della Sera di mercoledì 17 febbraio 2009
Purtroppo sembra che in Italia gli stupri stiano diventando più numerosi delle tragedie più frequenti in Italia: i morti sulle strade e le 'morti bianche', cioè i morti sul lavoro.
Ma sembrano interessare la stampa e i media in modo piuttosto iniquo.
Si guardi l'articolo sopra. Lo stupro a danno di una donna invalida di 83 anni ha trovato nel giornale di ieri solo lo spazio di un piccolo trafiletto, e non se ne è parlato per niente nei telegiornali di ieri e di oggi. Gli stupri a danno di donne giovani dei giorni precedenti invece sono stati trattati a titoli cubitali nei giornali per giorni e giorni (giustamento, è ovvio) e se ne è parlato nei tg per vari giorni.
Giustissima la prima situazione: fatti di inaudita gravità. Ma ingiusto che una povera signora di 83 anni, vittima dello stesso reato, sia quasi completamente dimenticata dai mezzi d'informazione. La povera signora sarà meno giovane e attraente delle altre vittime, ma il reato verso di lei ha la stessa gravità di quello alle altre donne, e i media non sembrano riconoscerlo.
Il Corriere della Sera di mercoledì 17 febbraio 2009
Purtroppo sembra che in Italia gli stupri stiano diventando più numerosi delle tragedie più frequenti in Italia: i morti sulle strade e le 'morti bianche', cioè i morti sul lavoro.
Ma sembrano interessare la stampa e i media in modo piuttosto iniquo.
Si guardi l'articolo sopra. Lo stupro a danno di una donna invalida di 83 anni ha trovato nel giornale di ieri solo lo spazio di un piccolo trafiletto, e non se ne è parlato per niente nei telegiornali di ieri e di oggi. Gli stupri a danno di donne giovani dei giorni precedenti invece sono stati trattati a titoli cubitali nei giornali per giorni e giorni (giustamento, è ovvio) e se ne è parlato nei tg per vari giorni.
Giustissima la prima situazione: fatti di inaudita gravità. Ma ingiusto che una povera signora di 83 anni, vittima dello stesso reato, sia quasi completamente dimenticata dai mezzi d'informazione. La povera signora sarà meno giovane e attraente delle altre vittime, ma il reato verso di lei ha la stessa gravità di quello alle altre donne, e i media non sembrano riconoscerlo.
Monday, February 16, 2009
Friday, February 13, 2009
'Kadosh' di Amos Gitai
Due sorelle. Una sposata, che ama il marito, ma viene ripudiata perchè è sterile ... il marito.
La sorella più giovane ama un cantante, ma la madre le impone il matrimonio con un uomo importante della comunità.
Siamo nell'Afghanistan dei telebani?
No. Siamo a Gerusalemme, intorno al 1990, nel quartiere degli ebrei ultraortodossi.
Ecco altri particolari.
La sorella più giovane e ribelle parla delle 'altre' donne della città, che possono ridere, guidare, andare in giro con le maniche corte. Il suo sogno? Andare al tempio e tenere in mano la Torah: sì, perchè le donne non lo possono fare.
La sorella maggiore ha sposato per amore (fortunata!) uno studente di teologia (che coincidenza, anche i telebani sono studenti di teologia) che la prima notte di matrimonio cercava il libro delle Sacre Scritture, perchè in quell'occasione non sapeva bene come doveva comportarsi.
In una delle scene in cui marito e moglie si alzano la mattina, si vede il marito che inizia la giornata con le preghiere. Oltre a ringraziare Dio per l'acqua, la veste sacra, il cibo, lo ringrazia 'perchè non lo ha fatto nascere donna'.
Comunque alla ragazza è andato meglio che alla sorellina, la cui prima notte di nozze è stata, praticamente, uno stupro, seppur legalizzato da leggi divine.
Come dice giustamente il padre del rabbino, la donna viene al mondo per stare in casa, per fare le pulizie, per sposare un uomo e permettergli di studiare la Torah. Ma soprattutto per far nascere i figli. E se non li può avere, allora, la donna non serve a niente.
Tra le altre chicche sublimi: 'La vita della donna è ciò che l'uomo fa di lei'.
Altre scenette in stile taliban: la sorellina viene portata dalla mamma allo sposo per la cerimonia di nozze. Indossa un ... burqa bianco, o meglio un vestito bianco con un velo bianco che copre completamente la testa e non lascia intravvedere neanche gli occhi.
Cosa fa alla cerimonia di nozze? Assolutamente nulla. Fa tutto lui. Come prevede il rito, lei sta lì, immobile, muta, e assomiglia vagamente ad un animale portato al sacrificio. I riti, i canti, le preghiere, i movimenti ... quella è roba da uomini.
Come finisce la vicenda? La povera sorella maggiore viene ripudiata perchè non può avere figli, anche se la ginecologa le ha spiegato che lei è perfettamente sana e quindi lo sterile è il marito. Il quale marito, per ordine del rabbino, sposerà un'altra fanciulla, che a sua volta non gli darà figli, visto che il problema è lui. Ma gli affetti e l'umanità non contano dinanzi alla legge del Signore.
E chi farà eseguire il bagno di purificazione alla nuova sposa prima delle nozze? Nientemeno che la madre della prima sposa, a cui, poveretta, il rabbino ha negato il diritto di sottrarsi a tali sacri doveri.
La donna ripudiata preferirà togliersi la vita.
La sorella invece non rinuncerà a incontrare il ragazzo che ama, ma le costerà parecchio: punizioni, violenze, e un'unica possibilità di salvezza: la fuga.
'Kadosh'. Un film di Amos Gitai. Recensione di Roberta Barazza.
La sorella più giovane ama un cantante, ma la madre le impone il matrimonio con un uomo importante della comunità.
Siamo nell'Afghanistan dei telebani?
No. Siamo a Gerusalemme, intorno al 1990, nel quartiere degli ebrei ultraortodossi.
Ecco altri particolari.
La sorella più giovane e ribelle parla delle 'altre' donne della città, che possono ridere, guidare, andare in giro con le maniche corte. Il suo sogno? Andare al tempio e tenere in mano la Torah: sì, perchè le donne non lo possono fare.
La sorella maggiore ha sposato per amore (fortunata!) uno studente di teologia (che coincidenza, anche i telebani sono studenti di teologia) che la prima notte di matrimonio cercava il libro delle Sacre Scritture, perchè in quell'occasione non sapeva bene come doveva comportarsi.
In una delle scene in cui marito e moglie si alzano la mattina, si vede il marito che inizia la giornata con le preghiere. Oltre a ringraziare Dio per l'acqua, la veste sacra, il cibo, lo ringrazia 'perchè non lo ha fatto nascere donna'.
Comunque alla ragazza è andato meglio che alla sorellina, la cui prima notte di nozze è stata, praticamente, uno stupro, seppur legalizzato da leggi divine.
Come dice giustamente il padre del rabbino, la donna viene al mondo per stare in casa, per fare le pulizie, per sposare un uomo e permettergli di studiare la Torah. Ma soprattutto per far nascere i figli. E se non li può avere, allora, la donna non serve a niente.
Tra le altre chicche sublimi: 'La vita della donna è ciò che l'uomo fa di lei'.
Altre scenette in stile taliban: la sorellina viene portata dalla mamma allo sposo per la cerimonia di nozze. Indossa un ... burqa bianco, o meglio un vestito bianco con un velo bianco che copre completamente la testa e non lascia intravvedere neanche gli occhi.
Cosa fa alla cerimonia di nozze? Assolutamente nulla. Fa tutto lui. Come prevede il rito, lei sta lì, immobile, muta, e assomiglia vagamente ad un animale portato al sacrificio. I riti, i canti, le preghiere, i movimenti ... quella è roba da uomini.
Come finisce la vicenda? La povera sorella maggiore viene ripudiata perchè non può avere figli, anche se la ginecologa le ha spiegato che lei è perfettamente sana e quindi lo sterile è il marito. Il quale marito, per ordine del rabbino, sposerà un'altra fanciulla, che a sua volta non gli darà figli, visto che il problema è lui. Ma gli affetti e l'umanità non contano dinanzi alla legge del Signore.
E chi farà eseguire il bagno di purificazione alla nuova sposa prima delle nozze? Nientemeno che la madre della prima sposa, a cui, poveretta, il rabbino ha negato il diritto di sottrarsi a tali sacri doveri.
La donna ripudiata preferirà togliersi la vita.
La sorella invece non rinuncerà a incontrare il ragazzo che ama, ma le costerà parecchio: punizioni, violenze, e un'unica possibilità di salvezza: la fuga.
'Kadosh'. Un film di Amos Gitai. Recensione di Roberta Barazza.
Thursday, February 12, 2009
Insolita protesta contro la legge Gelmini
'Sti birbanti di romagnoli ne hanno inventata un'altra per rompere le scatole al ministro Gelmini.
In una scuola di Bologna, per protestare contro il ripristino dei voti alle elementari, cosa hanno fatto?
Dieci politico a tutti i bambini in tutte le materie!
La Gelmini: 'Davvero inaccettabile che gli insegnanti strumentalizzino i bambini per esprimere le loro opinioni politiche'.
Sarà, ma intanto i bambini ringraziano per essere stati strumentalizzati.
In una scuola di Bologna, per protestare contro il ripristino dei voti alle elementari, cosa hanno fatto?
Dieci politico a tutti i bambini in tutte le materie!
La Gelmini: 'Davvero inaccettabile che gli insegnanti strumentalizzino i bambini per esprimere le loro opinioni politiche'.
Sarà, ma intanto i bambini ringraziano per essere stati strumentalizzati.
Lavorare all'estero - 1
Wednesday, February 11, 2009
Strane situazioni scolastiche
In una delle scuole dove insegno vi è una situazione particolarmente odiosa: praticamente si è costretti a passare per la vicepresidenza prima di qualsiasi lezione.
Spiego meglio. Vi è una vicepresidenza con un onnipresente vicepreside, e solo in questa stanza si possono fare le fotocopie, chiedere il registratore o il videolettore, firmare la presenza nelle ore di disponibilità (nel mio caso sono disponibile per ricevimento 3 giorni sui 4 giorni di lavoro).
Praticamente per fare una qualsiasi lezione si deve passare in vicepresidenza. Che è più o meno come dover andare dal preside prima di qualsiasi lezione.
La cosa è molto irritante, professionalmente scorretta (è come se il preside fosse un segretario che lavora in un ufficio comune e che si può disturbare - anzi, purtroppo, si deve disturbare - continuamente), e danneggia il mio lavoro, perchè a me piace molto insegnare, anche in questa scuola, ma il fatto di dover passare in vicepresidenza ogni volta rischia di indurmi a non prendere il video, o non fare le fotocopie, o non prendere il registratore.
In realtà faccio lo stesso queste cose raggirando l'ostacolo: il registratore me lo porto da casa, anzichè il video uso il laboratorio di informatica che, oltretutto, offre molto di più, e a volte preferisco farmi altrove le fotocopie pagandole di tasca mia.
Comunque trovo che la cosa sia anomala.
Spiego meglio. Vi è una vicepresidenza con un onnipresente vicepreside, e solo in questa stanza si possono fare le fotocopie, chiedere il registratore o il videolettore, firmare la presenza nelle ore di disponibilità (nel mio caso sono disponibile per ricevimento 3 giorni sui 4 giorni di lavoro).
Praticamente per fare una qualsiasi lezione si deve passare in vicepresidenza. Che è più o meno come dover andare dal preside prima di qualsiasi lezione.
La cosa è molto irritante, professionalmente scorretta (è come se il preside fosse un segretario che lavora in un ufficio comune e che si può disturbare - anzi, purtroppo, si deve disturbare - continuamente), e danneggia il mio lavoro, perchè a me piace molto insegnare, anche in questa scuola, ma il fatto di dover passare in vicepresidenza ogni volta rischia di indurmi a non prendere il video, o non fare le fotocopie, o non prendere il registratore.
In realtà faccio lo stesso queste cose raggirando l'ostacolo: il registratore me lo porto da casa, anzichè il video uso il laboratorio di informatica che, oltretutto, offre molto di più, e a volte preferisco farmi altrove le fotocopie pagandole di tasca mia.
Comunque trovo che la cosa sia anomala.
Tuesday, February 10, 2009
Recezione da parte del pubblico
Quando studiavo letteratura comparata, un argomento importante era la recezione di una certa opera letteraria in una certa società. Un libro può essere giudicato e interpretato in modo anche diametralmente opposto a seconda della società in cui viene letto.
Qualche giorno fa la nipote di Ted Kennedy decide di rinunciare alla gara politica per vincere il seggio che prima era stato di Hillary Clinton.
Come giustifica questa scelta? Dice che preferisce rinunciare per motivi famigliari e anche per interessarsi dello zio Ted Kennedy che ha una brutta malattia.
La vera ragione, dicono, sembra invece la sua difficoltà ad affrontare il pubblico e il suo solo relativo successo come oratrice e leader politica.
La cosa strana è che la Kennedy nasconde una verità che secondo me è comprensibile e accettabile, con una scusa che non è molto accettabile. Come dire: se dicesse la verità io le darei ragione, mentre queste scuse non valgono molto. Ma il grande pubblico preferisce proprio queste scuse.
Secondo me stare a casa per preoccuparsi dello zio, non è una buona ragione: probabilmente lo stesso zio sarebbe anzi beneficiato, in termini di vitalità e motivazione, dal seguire un'appassionante campagna politica della nipote.
Se invece dice che non se la sente di affrontare un'opinione pubblica spesso stupida e diventare vittima di invadenza della stampa, critiche della gente e giudizi su tutto, anche su come sistema le pieghe della gonna, perchè tutto questo è micidiale e le rovinerebbe la vita, se dicesse questo, io le darei ragione.
Ma mi sembra di aver capito che il pubblico la pensa al contrario. Infatti il mondo politico e il mondo continuamente sottoposto ai riflettori della stampa, spesso snatura il comportamento più sensato.
Qualche giorno fa la nipote di Ted Kennedy decide di rinunciare alla gara politica per vincere il seggio che prima era stato di Hillary Clinton.
Come giustifica questa scelta? Dice che preferisce rinunciare per motivi famigliari e anche per interessarsi dello zio Ted Kennedy che ha una brutta malattia.
La vera ragione, dicono, sembra invece la sua difficoltà ad affrontare il pubblico e il suo solo relativo successo come oratrice e leader politica.
La cosa strana è che la Kennedy nasconde una verità che secondo me è comprensibile e accettabile, con una scusa che non è molto accettabile. Come dire: se dicesse la verità io le darei ragione, mentre queste scuse non valgono molto. Ma il grande pubblico preferisce proprio queste scuse.
Secondo me stare a casa per preoccuparsi dello zio, non è una buona ragione: probabilmente lo stesso zio sarebbe anzi beneficiato, in termini di vitalità e motivazione, dal seguire un'appassionante campagna politica della nipote.
Se invece dice che non se la sente di affrontare un'opinione pubblica spesso stupida e diventare vittima di invadenza della stampa, critiche della gente e giudizi su tutto, anche su come sistema le pieghe della gonna, perchè tutto questo è micidiale e le rovinerebbe la vita, se dicesse questo, io le darei ragione.
Ma mi sembra di aver capito che il pubblico la pensa al contrario. Infatti il mondo politico e il mondo continuamente sottoposto ai riflettori della stampa, spesso snatura il comportamento più sensato.
Sunday, February 8, 2009
Eluana
Berlusconi ha usato parole molto pesanti verso il padre di Eluana Englaro e non avrebbe dovuto permetterselo.
Ma non staccherei mai la spina ad un malato come Eluana.
A me interessano meno le diatribe giuridiche che sono sorte anche in modo brutalmente spettacolare: la decisione della magistratura non può essere messa in discussione? il governo non ha il diritto di rivedere le decisioni del giudice? questa è una faccenda privata e le scelte politiche non devono interferire?
Tutte queste questioni passano in secondo piano rispetto alla questione fondamentale: una persona ha il diritto di porre fine alla vita di qualcun altro per sua decisione? Perchè qui il problema non è il testamento biologico in cui qualcuno decide personalmente al momento o lascia chiaramente espressa la propria volontà, in caso di eventi tragici, di continuare a vivere o meno. Qui una persona ha preso una decisione per qualcun altro.
Io preferirei vivere in uno stato in cui le persone hanno il diritto di smettere di vivere se le circostanze rendono loro la vita troppo insopportabile. Ma vorrei anche vivere in uno stato in cui nessuno può prendere questa decisione per un'altra persona.
E non si dica che questa è una posizione cattolica. O se sembra tale, assomiglia molto anche ai principi di Voltaire.
Ma non staccherei mai la spina ad un malato come Eluana.
A me interessano meno le diatribe giuridiche che sono sorte anche in modo brutalmente spettacolare: la decisione della magistratura non può essere messa in discussione? il governo non ha il diritto di rivedere le decisioni del giudice? questa è una faccenda privata e le scelte politiche non devono interferire?
Tutte queste questioni passano in secondo piano rispetto alla questione fondamentale: una persona ha il diritto di porre fine alla vita di qualcun altro per sua decisione? Perchè qui il problema non è il testamento biologico in cui qualcuno decide personalmente al momento o lascia chiaramente espressa la propria volontà, in caso di eventi tragici, di continuare a vivere o meno. Qui una persona ha preso una decisione per qualcun altro.
Io preferirei vivere in uno stato in cui le persone hanno il diritto di smettere di vivere se le circostanze rendono loro la vita troppo insopportabile. Ma vorrei anche vivere in uno stato in cui nessuno può prendere questa decisione per un'altra persona.
E non si dica che questa è una posizione cattolica. O se sembra tale, assomiglia molto anche ai principi di Voltaire.
Saturday, February 7, 2009
I tedeschi non devono avere una grande idea degli italiani
Ho notato che ci sono in Germania poche offerte di lavoro per insegnanti di italiano o lettori o cattedre di italiano.
E' un po' strano, visto che ci sono moltissimi italiani in Germania.
Ricevo molte newsletter per insegnanti di italiano. Molte dall'America, dal Regno Unito e varie da altri paesi, tra cui la Germania. In particolare, in tedesco, www.academics.de e www.zeit.de
Mi ha colpito che sono molto poche le offerte specifiche per insegnanti di italiano.
Non siamo molto simpatici ai tedeschi, questo lo si sa. Vien da pensare, anche dopo aver sentito qualche storia sui bambini italiani nelle scuole tedesche, che ai tedeschi vadano bene gli italiani solo per fare i pizzaioli o i gelatai.
E' un po' strano, visto che ci sono moltissimi italiani in Germania.
Ricevo molte newsletter per insegnanti di italiano. Molte dall'America, dal Regno Unito e varie da altri paesi, tra cui la Germania. In particolare, in tedesco, www.academics.de e www.zeit.de
Mi ha colpito che sono molto poche le offerte specifiche per insegnanti di italiano.
Non siamo molto simpatici ai tedeschi, questo lo si sa. Vien da pensare, anche dopo aver sentito qualche storia sui bambini italiani nelle scuole tedesche, che ai tedeschi vadano bene gli italiani solo per fare i pizzaioli o i gelatai.
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