E' un film di James Gartner tratto da una storia vera.
Ad un coach americano viene porposto di allenare la squadra di basket di una modesta università del Texas. L'allenatore deve scegliere i giocatori. Per formare la squadra visita vari quartieri americani, incluso il Bronx di New York.
Non è intenzionale che i suoi giocatori siano neri; lui nota bravissimi giocatori di basket, magari mentre fanno una partita con gli amici nel parco, e li invita a unirsi alla squadra. Alla fine risultano in maggioranza neri. Chiede loro se sono interessati a far parte della squadra universitaria. Per questo scopo riceveranno una borsa di studio con cui potranno laurearsi in Texas.
Cosa strana, no? per noi italiani, che ad un ragazzo venga data una borsa di studio per diventare un giocatore di una squadra univesitaria. Ma in USA è così: le squadre, di basket, o rugby, o baseball, sono importanti organi rappresentativi dell'università stessa.
I ragazzi che il coach Don Haskins sceglie provengono da ambienti molto modesti, ma tutti mostrano un grande interesse e impegno nello sport e il loro lavoro nella squadra del Western Texas diventa più che un gioco di squadra: diventa una ragione stessa di vita e una via per il successo in un'America molto razzista in cui i neri devono pagare il doppio dei bianchi per ottenere lo stesso risultato.
Non siamo ai tempi di Martin Luther King, ma negli ultimi decenni del '900, eppure nessuna squadra di basket prima di allora aveva mai avuto neri nel gruppo centrale dei primi cinque giocatori.
La squadra di Don ha anche alcuni ragazzi bianchi, ma ben sette ragazzi neri, cioè la maggioranza della squadra.
Arrivano in un Texas bianco con una buona minoranza di ispanici; alcuni texani non avevano mai visto un nero prima di allora. Per fortuna sono almeno sette, perchè insieme dovranno affrontare, oltre ad un allenamento durissimo, anche un ambiente razzista e ostile.
Il coach Don fa scelte rivoluzionarie, visto che nessuna squadra universitaria aveva mai messo così tanti primi giocatori neri insieme. E ancora più straordinaria sarà la scelta nell'ultima partita di campionato: decide di far scendere in campo proprio solo i neri, lasciando i ragazzi bianchi in riserva. Non per umiliare i bianchi, ma perchè ha capito che lì si giocava non solo una partita di basket, ma la storia stessa dell'America.
La sfida del coach è quella di vincere, ovviamente. Vuole che la squadra vinca sul campo da gioco, sul piano personale, e sul piano sociale la battaglia più dura, che è quella contro il razzismo.
Sembra una favola, ma è storia vera: questa squadra sconosciutissima a poco poco si impone all'attenzione del mondo sportivo: è un successo crescente, fino al trionfo finale con l'impensabile vittoria sui campioni nazionali, la squadra rigorosamente WASP dell'Università del Kentucky.
Più vince, più la Western Texas deve subire il razzismo e la rabbia dei benpensanti bianchi.
Ma, forse proprio per l'importanza della posta in gioco e la volontà e tenacia dei ragazzi, alla fine ottengono il successo, anzi il trionfo, arrivando primi in classifica nel campionato nazionale.
I titoli di coda ci dicono poi che ne sarà di questi ragazzi: alcuni diventeranno sportivi professionisti, altri insegnanti, altri si affermeranno in vari settori.
Per Don resta la soddisfazione di aver un po' cambiato la storia, visto che dopo questo esperimento avere maggioranze nere nelle squadre universitarie non sarà più un tabù. E se pochi anni dopo il candidato alla Presidenza degli Stati Uniti è il nero Obama Barack, ciò sarà anche grazie alle scelte coraggiose di questo allenatore.