Monday, March 16, 2009

Ancora sull'università italiana

Sul Corriere della Sera anche oggi un articolo sull'università italiana, i corsi inutili, la parentopoli, lo spreco di risorse ...
Io ci aggiungo un problemino: l'impossibilità di fare i dottorati in Italia.
Subito dopo la laurea mi sono iscritta ad un dottorato in Austria per il quale ho studiato per circa due anni. Poi non ho voluto proseguire, e sono affari miei. Ma l'ho cominciato. In Italia non l'avrei cominciato.
Due anni fa in America a me interessava l'esperienza di insegnamento dell'italiano, ma per insegnare italiano era obbligatorio iscriversi ad un corso post-laurea. Mi sono iscritta ad un Master anche se un po' tirato, visto che i programmi erano tutti di letteratura mentre a me interessavano di più quelli di storia o problemi sociali. Avendo poi, dopo la laurea in lingue e letterature straniere, studiato letteratura comparata in quei due anni a Klagenfurt, il professore americano di letteratura comparata mi aveva chiesto se mi interessava iniziare, anzichè il master, il dottorato in letteratura comparata. Gentile lui, ma ho rifiutato perchè ormai mi interessano di più studi di carattere storico-sociali.
Ma anche questo in Italia sarebbe stato difficilmente immaginabile.
In Germania un mio progetto di dottorato interessava e avrei potuto cominciarlo se avessi avuto casa e lavoro lì, ma quando è sorto il problema di trasferirsi rinunciando al lavoro di insegnamento in Italia, non se ne è fatto più niente.
Uno dei tanti problemi dell'università italiana è il blocco dei dottorati. Pochissimi sono ammessi, quasi tutti perchè i professori li hanno già scelti come collaboratori. Quindi moltissimi laureati motivati e interessati alla prosecuzione degli studi, e con interessanti progetti di ricerca ... o ci rinunciano, o vanno all'estero.
Problema grave e non giustificato: innanzitutto si perdono le persone più intelligenti e motivate. Poi non si capisce perchè le si debba perdere, visto che nelle università tedesche, austriache, inglesi, americane, danesi, svedesi ... se una persona ha un progetto interessante manda semplicemente il suo CV con il progetto ai professori, e se il progetto vale può iniziare un dottorato, a sue spese o con borsa di studio.
Qui in Italia ci sono questi pachidermici concorsi che non hanno senso: forse il loro unico senso è far vedere che c'è una selezione pubblica, ufficiale e corretta quando invece tutti sanno che le selezioni vengono fatte quasi sempre prima del concorso e che, inoltre, il concorso costa all'erario statale, cioè a tutti gli italiani, fior di quattrini che sono spesi per confermare arbitri e privilegi atavici. Si aggiunga poi il motivo di tutto quest'oscurantismo in Italia: l'università italiana, prima ancora che cultura, è potere e prestigio, e i baroni ci tengono a controllare bene chi vi entra. E ancora più a far entrare solo chi vogliono loro.

Proposta mia: abolire i concorsi. Trasformare i dottorati in corsi post-laurea selettivi ma non impossibili e non bloccati da chi dovrebbe diffondere la cultura in Italia, sostenerla, incoraggiarla, e invece ... la blocca. Dal punto di vista burocratico dovrebbero essere corsi più o meno accessibili come i corsi di laurea, ma ovviamente di più alto livello e aperti a chi ha dei progetti di ricerca davvero di valore. Penso che tutti i progetti di valore dovrebbero essere sostenuti e diventare corsi di alto livelli. E' un paese suicida quello che blocca o obbliga alla fuga i suoi studiosi più intelligenti e motivati.