Qualcuno dice che per fare lo psichiatra bisogna essere un po' pazzi.
Non voglio dire questo, ma la battuta mi fa venire in mente qualche episodio che sembra suffragarla.
Subito dopo la laurea mi sono iscritta ad un dottorato in Austria e il tema della tesi, per me molto interessante allora, era il doppio, cioè lo sdoppiamento della personalità, in opere letterarie italiane (Pirandello), inglesi (Conrad) e tedesche (Hesse).
A quel tempo ero giovane e contorta, intellettualmente e psicologicamente, e forse per questo molto attratta dagli oscuri grovigli della psiche. Ora invece sono molto più serena e allegra e questi argomenti mi interessano meno rispetto ai problemi sociali o a situazioni più concrete e solari.
Quando ero studente all'università di Udine ho voluto accettare un assurdo lavoro di traduzione dall'italiano al tedesco (un vero traduttore traduce cose importanti solo dalla lingua straniera nella propria madrelingua, non viceversa) di un'opera di psichiatria scritta nientemeno che da Franco Basaglia. L'editore che me l'aveva proposta mi ha detto che si trattava di una stesura provvisoria e che avrei fatto rivedere il lavoro da un madrelingua. Il madrelingua in questione era uno psichiatra tedesco che abitava a Berlino e che mi ha ospitata per una decina di giorni.
Era una persona inquietante e destabilizzante e dopo aver parlato con lui sarebbe stato necessario un altro psichiatra (si fa per dire) per ricostruire la psiche indebolita dalla comunicazione. Infatti me ne sono andata prima di finire il lavoro.
Vittorino Andreoli, psichiatra ben noto in Italia, ha scritto che è diventato psichiatra per ... evitare di finire dallo psichiatra. Come dire: professionisti da evitare.
Per non parlare di Karazdic, che prima di diventare un politico colpevole di crimini contro l'umanità, faceva lo psichiatra.
[Sono solo battute. Non me ne vogliano gli psichiatri non pazzi]