il ministro padoa-schioppa:
'i giovani italiani sono degli eterni bamboccioni perchè amano restare a casa dalla mamma che gli lava i calzini e gli prepara la pastasciutta.'
'ma no, signor ministro, ha capito male: i giovani italiani sono dei bamboccioni perchè i ministri dell'economia italiani non hanno mai saputo fare il loro mestiere!'
Tuesday, October 30, 2007
Sunday, October 28, 2007
'schiava di mio marito' di tehmina durrani. recensione
Tehmina Durrani, Schiava di mio marito, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1994
'Schiava di mio marito' di Tehmina Durrani è un libro molto coinvolgente e molto prezioso.
Tehmina Durrani è una donna pakistana ancora vivente, di circa 50 anni.
Nel libro racconta la sua vita: l'infanzia in una famiglia molto agiata ma diretta da una madre durissima che schiaccia la personalità della figlia; il matrimonio con un politico pakistano e, dopo un iniziale idillio, le violenze psicologiche e fisiche, l' obbedienza assoluta a cui era costretta, la totale mancanza di autonomia, l'impossibilità di prendere la minima decisione, anche la più banale e quotidiana; in una parola, la sua schiavitù.
E' un libro autobiografico, ma è molto più che una autobiografia: racconta la condizione della donna e la storia politica nel Pakistan più recente. E vi compaiono personaggi noti, come i leader politici Ali e Benazir Bhutto, o il Generale Zia e Nawaz Sharif.
Tehmina Durrani è una donna ricca e intelligente. Per questo le ingiustizie, le umiliazioni, le violenza che subisce fanno pensare a quanto terribilmente peggiore può essere la vita delle donne che non hanno neanche la sua ricchezza e il suo livello culturale.
Dopo il matrimonio il marito sempre più tratta la moglie senza il minimo rispetto, e distrugge la sua autostima, la sua sicurezza, il suo equilibrio psicologico e persino la sua integrità fisica.
Fino a quando lei stessa comincia a rendersi conto che nessuno ha il diritto di trattarla in questo modo, e reagisce alla violenza.
Da questo momento il marito è costretto a riconoscere che quell' oggetto che ha sposato ha una volontà che sfugge al suo controllo. Sempre più Tehmina opporrà le sue scelte a quelle del marito brutale, ricostruendo a poco a poco la sua personalità annichilita.
La crescente consapevolezza del suo diritto di pensare, di scegliere, di agire, aumenta con la partecipazione di Tehmina alle vicende politiche del marito stesso e del suo paese. E' grazie a lei che il marito, in carcere per motivi politici, sarà liberato. Ma se la crescente indipendenza della moglie gli ha portato indubbi vantaggi, resta il suo rifiuto di accettare che una donna possa fare troppo di testa sua.
Tehmina decide infine di rompere il matrimonio, in un paese in cui una donna non ha valore se non in relazione al marito che l'accompagna. E chiede il divorzio, anche perchè delusa dalle scelte politiche meschine, opportuniste, disoneste di colui che lei riteneva un politico realmente preoccupato per le sorti del popolo pakistano.
Scrivere questo libro è costato molto a Tehmina Durrani: condanna da parte della famiglia, della società maschilista pakistana, condanna anche del tribunale per adulterio e per il suo coinvolgimento nelle attività dei servizi segreti indiani.
Ma è la storia di una vincitrice, di una persona che ha conquistato la libertà di decidere, e che è consapevole che la condanna della società, specie verso le donne, non ha spesso nulla a che fare con la vera giustizia, ed è invece il risultato di abusi e crimini secolari ma ancora attuali.
Roberta Barazza
Tehmina Durrani è una donna pakistana ancora vivente, di circa 50 anni.
Nel libro racconta la sua vita: l'infanzia in una famiglia molto agiata ma diretta da una madre durissima che schiaccia la personalità della figlia; il matrimonio con un politico pakistano e, dopo un iniziale idillio, le violenze psicologiche e fisiche, l' obbedienza assoluta a cui era costretta, la totale mancanza di autonomia, l'impossibilità di prendere la minima decisione, anche la più banale e quotidiana; in una parola, la sua schiavitù.
E' un libro autobiografico, ma è molto più che una autobiografia: racconta la condizione della donna e la storia politica nel Pakistan più recente. E vi compaiono personaggi noti, come i leader politici Ali e Benazir Bhutto, o il Generale Zia e Nawaz Sharif.
Tehmina Durrani è una donna ricca e intelligente. Per questo le ingiustizie, le umiliazioni, le violenza che subisce fanno pensare a quanto terribilmente peggiore può essere la vita delle donne che non hanno neanche la sua ricchezza e il suo livello culturale.
Dopo il matrimonio il marito sempre più tratta la moglie senza il minimo rispetto, e distrugge la sua autostima, la sua sicurezza, il suo equilibrio psicologico e persino la sua integrità fisica.
Fino a quando lei stessa comincia a rendersi conto che nessuno ha il diritto di trattarla in questo modo, e reagisce alla violenza.
Da questo momento il marito è costretto a riconoscere che quell' oggetto che ha sposato ha una volontà che sfugge al suo controllo. Sempre più Tehmina opporrà le sue scelte a quelle del marito brutale, ricostruendo a poco a poco la sua personalità annichilita.
La crescente consapevolezza del suo diritto di pensare, di scegliere, di agire, aumenta con la partecipazione di Tehmina alle vicende politiche del marito stesso e del suo paese. E' grazie a lei che il marito, in carcere per motivi politici, sarà liberato. Ma se la crescente indipendenza della moglie gli ha portato indubbi vantaggi, resta il suo rifiuto di accettare che una donna possa fare troppo di testa sua.
Tehmina decide infine di rompere il matrimonio, in un paese in cui una donna non ha valore se non in relazione al marito che l'accompagna. E chiede il divorzio, anche perchè delusa dalle scelte politiche meschine, opportuniste, disoneste di colui che lei riteneva un politico realmente preoccupato per le sorti del popolo pakistano.
Scrivere questo libro è costato molto a Tehmina Durrani: condanna da parte della famiglia, della società maschilista pakistana, condanna anche del tribunale per adulterio e per il suo coinvolgimento nelle attività dei servizi segreti indiani.
Ma è la storia di una vincitrice, di una persona che ha conquistato la libertà di decidere, e che è consapevole che la condanna della società, specie verso le donne, non ha spesso nulla a che fare con la vera giustizia, ed è invece il risultato di abusi e crimini secolari ma ancora attuali.
Roberta Barazza
Saturday, October 27, 2007
stampa pro birmania
molto spesso si parla del ruolo negativo e distruttivo di tanta stampa scandalistica o senza scrupoli che mette sulle prime pagine cittadini poi rovinati da tale pubblicità.
ora si presenta un'occasione per dimostrare il contrario: perchè la faccenda della birmania abbia sviluppi positivi, ogni giorno sui giornali dovrebbe compararire qualche notizia su questo paese.
si rischia già una regressione verso crescenti misure punitive nei confronti dei coraggiosi che hanno sfidato il regime.
ecco una buona occasione per sostenere lo sviluppo democratico di quel popolo: basterebbe parlarne continuamente. sono certa che parlare ogni giorno del myamar avrebbe importanti conseguenze perchè il regime si sentirebbe continuamente sottoposto alle sguardo del mondo intero. di solito gli eventi fanno notizia. in quest' occasione non sarebbe male se le notizie ... facessero gli eventi.
ora si presenta un'occasione per dimostrare il contrario: perchè la faccenda della birmania abbia sviluppi positivi, ogni giorno sui giornali dovrebbe compararire qualche notizia su questo paese.
si rischia già una regressione verso crescenti misure punitive nei confronti dei coraggiosi che hanno sfidato il regime.
ecco una buona occasione per sostenere lo sviluppo democratico di quel popolo: basterebbe parlarne continuamente. sono certa che parlare ogni giorno del myamar avrebbe importanti conseguenze perchè il regime si sentirebbe continuamente sottoposto alle sguardo del mondo intero. di solito gli eventi fanno notizia. in quest' occasione non sarebbe male se le notizie ... facessero gli eventi.
società italiana maschilista? è un eufemismo
così va il mondo, dalle nostre parti, cioè in uno dei migliori mondi possibili (chissà com'è in posti meno fortunati!): può capitare che un pinco pallino qualsiasi - ripugnante, maniaco, squilibrato - ti rompa pesantemente anche per molto tempo, e una non solo ha il problema di liberarsene, ma in più il problema di affrontare un'opinione pubblica che prende incondizionatamente la difesa della parte maschile. sembra che ancora oggi, come nel medio evo, se una non subisce la volontà maschile, sia condannata dalla società intera.
l'italia è nota all'estero per il suo maschilismo e il suo machismo (si pensi agli stereotipi del 'latin lover', del 'casanova', della 'dolce vita' - solo stereotipi?), e per una generale grande volgarità; basti ricordare il quasi-incidente-diplomatico con una premier scandinava causato dalle avances di berlusconi qualche anno fa, o l' indecenza di troppi programmi televisivi italiani.
Un professore di un'università americana ha detto in una lezione che il famoso grand tour dei giovani inglesi e tedeschi che dopo il '700 consideravano essenziale visitare le bellezze artistiche italiane, in realtà era spinto ad altri meno nobili interessi: era cioè una sorta di turismo sessuale, visto che già a quel tempo le abitudini degli italiani e delle italiane sembravano alquanto licenziose. mi sono scandalizzata e risentita quando ho sentito questo discorso, ma ora non lo considero più troppo assurdo.
si arriva poi ai giudizi (sorprendenti? per me ormai non più) di certa stampa tedesca o di certi giudici tedeschi che danno delle attenuanti a italiani condannati per stupro, basate sul fatto che questi rei italiani vengono da una società maschilista e arretrata, e sono per questo meno responsabili di quel che fanno. tuoni e fulmini in italia! si grida allo scandalo; si accusano di razzismo i tedeschi.
quando ho letto quell'articolo sul giudice tedesco la cui sentenza è stata criticata come razzista nei confronti degli italiani, ho pensato che mi piacerebbe vivere in germania. proprio così! lì forse ci si capisce un po' di più che in italia.
sono anni che in italia subisco molestie pesantissime da parte di gentaglia intenzionata ad impormi un maniaco con quoziente intellettuale spaventosamente basso; e non devo solo cercare di liberarmi continuamente da questi squilibrati, ma anche dal resto della società (analfabeta?) che ritiene giusto, in fondo, che sempre prevalga la volontà maschile.
tanto che una volta, impressionata da quella che mi sembrava l'opinione comune, ho voluto preparare un questionario che poi ho distribuito in treno. le domande erano ovvie: pensi che una donna abbia diritto di fare quello che vuole della sua vita se non crea problemi agli altri? pensi che uno possa imporsi su una donna? pensi che il diritto di scegliere con chi stare o come vivere valga sia per uomini che per donne? come qualcuno giustamente mi ha fatto presente, le domande erano ovvie, anzi stupide. però ho voluto lo stesso proporre questo questionario in treno perchè, appunto, mi sembra che la gente si comporti contro queste ovvietà. non è un'opinione vaga. è proprio una certezza, basata su mancanze di rispetto insopportabili che io, e chissà quante altre, subiamo ogni giorno.
la gente magari nel questionario scrive che, ovviamente, una può fare quel che vuole, perchè solo un'idiota o un telebano scriverebbe il contrario. ma in realtà si comporta come se pensasse giusto l'opposto e i tentativi di imporre continuamente la volontà degli altri - volontà maschile - sono più che costanti, sono quasi la totalità dei messaggi che si ricevono ogni giorno.
che sia un problema molto italiano? di certo non solo italiano. magari: in questo caso basterebbe non vivere in italia. no, il problema è vasto, ma in america non avevo l'impressione di un maschilismo così forte. e se i tedeschi ragionano così, si può pensare che certe idee siano meno frequenti anche lì.
Speriamo allora di trasferirsi presto all'estero di nuovo.
l'italia è nota all'estero per il suo maschilismo e il suo machismo (si pensi agli stereotipi del 'latin lover', del 'casanova', della 'dolce vita' - solo stereotipi?), e per una generale grande volgarità; basti ricordare il quasi-incidente-diplomatico con una premier scandinava causato dalle avances di berlusconi qualche anno fa, o l' indecenza di troppi programmi televisivi italiani.
Un professore di un'università americana ha detto in una lezione che il famoso grand tour dei giovani inglesi e tedeschi che dopo il '700 consideravano essenziale visitare le bellezze artistiche italiane, in realtà era spinto ad altri meno nobili interessi: era cioè una sorta di turismo sessuale, visto che già a quel tempo le abitudini degli italiani e delle italiane sembravano alquanto licenziose. mi sono scandalizzata e risentita quando ho sentito questo discorso, ma ora non lo considero più troppo assurdo.
si arriva poi ai giudizi (sorprendenti? per me ormai non più) di certa stampa tedesca o di certi giudici tedeschi che danno delle attenuanti a italiani condannati per stupro, basate sul fatto che questi rei italiani vengono da una società maschilista e arretrata, e sono per questo meno responsabili di quel che fanno. tuoni e fulmini in italia! si grida allo scandalo; si accusano di razzismo i tedeschi.
quando ho letto quell'articolo sul giudice tedesco la cui sentenza è stata criticata come razzista nei confronti degli italiani, ho pensato che mi piacerebbe vivere in germania. proprio così! lì forse ci si capisce un po' di più che in italia.
sono anni che in italia subisco molestie pesantissime da parte di gentaglia intenzionata ad impormi un maniaco con quoziente intellettuale spaventosamente basso; e non devo solo cercare di liberarmi continuamente da questi squilibrati, ma anche dal resto della società (analfabeta?) che ritiene giusto, in fondo, che sempre prevalga la volontà maschile.
tanto che una volta, impressionata da quella che mi sembrava l'opinione comune, ho voluto preparare un questionario che poi ho distribuito in treno. le domande erano ovvie: pensi che una donna abbia diritto di fare quello che vuole della sua vita se non crea problemi agli altri? pensi che uno possa imporsi su una donna? pensi che il diritto di scegliere con chi stare o come vivere valga sia per uomini che per donne? come qualcuno giustamente mi ha fatto presente, le domande erano ovvie, anzi stupide. però ho voluto lo stesso proporre questo questionario in treno perchè, appunto, mi sembra che la gente si comporti contro queste ovvietà. non è un'opinione vaga. è proprio una certezza, basata su mancanze di rispetto insopportabili che io, e chissà quante altre, subiamo ogni giorno.
la gente magari nel questionario scrive che, ovviamente, una può fare quel che vuole, perchè solo un'idiota o un telebano scriverebbe il contrario. ma in realtà si comporta come se pensasse giusto l'opposto e i tentativi di imporre continuamente la volontà degli altri - volontà maschile - sono più che costanti, sono quasi la totalità dei messaggi che si ricevono ogni giorno.
che sia un problema molto italiano? di certo non solo italiano. magari: in questo caso basterebbe non vivere in italia. no, il problema è vasto, ma in america non avevo l'impressione di un maschilismo così forte. e se i tedeschi ragionano così, si può pensare che certe idee siano meno frequenti anche lì.
Speriamo allora di trasferirsi presto all'estero di nuovo.
Tuesday, October 23, 2007
il mio sostegno a AAUP che denuncia gli arbitri della classe dirigente accademica in USA
Ricevuto da AAUP - Association of American University Professors - che denuncia gli arbitri e l'estrema insicurezza in cui lavora il personale delle università americane, in quanto i capi possono licenziare anche senza validi motivi.
Ne so qualcosa anch'io. Posso confermare che in USA si lavora benissimo da un lato - perchè strutture, biblioteche, computer ... tutto è molto efficiente e porta ad un lavoro molto intenso e entusiasmante - ma dall'altro in un clima di tensione e preoccupazione enormi perchè i capi possono sbatterti fuori con estrema arbitrarietà. Un piccolo errore può costarti il posto. Risultato? Io ho lavorato con grande entusiasmo con gli studenti; mi piaceva moltissimo insegnare e frequentare i corsi, ma mi sono allontanata sempre di più dal mio istituto, con cui alla fine non comunicavo neanche più, e dai capi che sono temuti come pericolosi tiranni.
BLUE BANNER
The AAUP Online
News for the Higher Education Community
This message celebrates an anniversary: a year ago the AAUP adopted its most detailed and specific set of recommended institutional regulations governing part-time faculty positions. That action followed upon an extensive series of AAUP reports about the changing state of faculty appointments. The reports themselves, the first appearing in 1980, were written in response to thirty years of gradually increasing use of contingent faculty throughout American higher education.
In 1975, tenured and tenure-track faculty together constituted 57 percent of faculty nationwide. By 2005, the latest year for which figures are available, that combined group had been whittled down to merely 32 percent. Contingent faculty had meanwhile grown from 43 percent to 68 percent of the professoriate. You can help us raise awareness of these dramatic changes by printing out a bar graph recording them (http://www.aaup.org/NR/rdonlyres/9218E731-A68E-4E98-A378-12251FFD3802/0/Facstatustrend7505.pdf) and putting it on your office door.
The term “contingent faculty” itself reflects our awareness that several groups of teachers—including part-timers, full-timers off the tenure-track, and graduate employees who teach well beyond the needs of their own training—endure overlapping forms of exploitation and present comparable risks to higher education. We have warned repeatedly that the excessive employment of faculty without job security would eventually undermine both academic freedom and shared governance. That time has arrived. When most faculty are at risk of summary dismissal, the freedom for faculty to speak forthrightly is diminished. And faculty control over the curriculum is also undercut.
Some faculties have organized in response and won enforceable limits to the use of contingent faculty. Others need our help.
The rules we adopted last year, section 13 of our Recommended Institutional Regulations (http://www.aaup.org/AAUP/pubsres/policydocs/contents/RIR.htm), for the first time lay out very specific procedures for part-time faculty appointments. They are constructed as a series of steps that come into play at various stages of employment, including advance notice of reappointment, due process for dismissal, comprehensive review of performance, and eventually expectation of continued employment.
Meanwhile, our Committee A on Academic Freedom and Tenure is giving increasing attention to all contingent faculty appointments and defending faculty who are mistreated. This year, in response to information received about possible violations of academic freedom involving full- and part-time contingent faculty, the committee staff has counseled dozens of faculty members, written letters to administrations, and launched one full investigation. In one recent instance, a faculty member in her first year of full-time teaching at a community college in the Midwest—an institution where no faculty have tenure—asked for our assistance when she was told her contract would not be renewed. She had been slated to head an academic program, but encountered criticism from the administration when she organized a benefit concert to establish a health care fund for part-time faculty. Since she was given no formal reason for her nonrenewal, its timing suggested a relation to the administration’s displeasure at the implication that part-timers there were poorly treated. Her only appeal was to a grievance committee appointed by the administration. Our staff wrote a strong letter suggesting that her academic freedom had been violated, after which the administration entered into discussions with the faculty member, and a settlement was reached. “I would have been completely lost without the AAUP,” she told us.
Cary Nelson
AAUP President
The AAUP Online is an electronic newsletter of the American Association of University Professors. For more information about the AAUP, visit http://lyris.eresources.com:81/t/1212757/1942950/470/0/
You are currently subscribed to aaup as: rbarazza@purdue.edu.
To unsubscribe, send a blank email to leave-1212757-1942950I@lists.aaup.org
Ne so qualcosa anch'io. Posso confermare che in USA si lavora benissimo da un lato - perchè strutture, biblioteche, computer ... tutto è molto efficiente e porta ad un lavoro molto intenso e entusiasmante - ma dall'altro in un clima di tensione e preoccupazione enormi perchè i capi possono sbatterti fuori con estrema arbitrarietà. Un piccolo errore può costarti il posto. Risultato? Io ho lavorato con grande entusiasmo con gli studenti; mi piaceva moltissimo insegnare e frequentare i corsi, ma mi sono allontanata sempre di più dal mio istituto, con cui alla fine non comunicavo neanche più, e dai capi che sono temuti come pericolosi tiranni.
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News for the Higher Education Community
This message celebrates an anniversary: a year ago the AAUP adopted its most detailed and specific set of recommended institutional regulations governing part-time faculty positions. That action followed upon an extensive series of AAUP reports about the changing state of faculty appointments. The reports themselves, the first appearing in 1980, were written in response to thirty years of gradually increasing use of contingent faculty throughout American higher education.
In 1975, tenured and tenure-track faculty together constituted 57 percent of faculty nationwide. By 2005, the latest year for which figures are available, that combined group had been whittled down to merely 32 percent. Contingent faculty had meanwhile grown from 43 percent to 68 percent of the professoriate. You can help us raise awareness of these dramatic changes by printing out a bar graph recording them (http://www.aaup.org/NR/rdonlyres/9218E731-A68E-4E98-A378-12251FFD3802/0/Facstatustrend7505.pdf) and putting it on your office door.
The term “contingent faculty” itself reflects our awareness that several groups of teachers—including part-timers, full-timers off the tenure-track, and graduate employees who teach well beyond the needs of their own training—endure overlapping forms of exploitation and present comparable risks to higher education. We have warned repeatedly that the excessive employment of faculty without job security would eventually undermine both academic freedom and shared governance. That time has arrived. When most faculty are at risk of summary dismissal, the freedom for faculty to speak forthrightly is diminished. And faculty control over the curriculum is also undercut.
Some faculties have organized in response and won enforceable limits to the use of contingent faculty. Others need our help.
The rules we adopted last year, section 13 of our Recommended Institutional Regulations (http://www.aaup.org/AAUP/pubsres/policydocs/contents/RIR.htm), for the first time lay out very specific procedures for part-time faculty appointments. They are constructed as a series of steps that come into play at various stages of employment, including advance notice of reappointment, due process for dismissal, comprehensive review of performance, and eventually expectation of continued employment.
Meanwhile, our Committee A on Academic Freedom and Tenure is giving increasing attention to all contingent faculty appointments and defending faculty who are mistreated. This year, in response to information received about possible violations of academic freedom involving full- and part-time contingent faculty, the committee staff has counseled dozens of faculty members, written letters to administrations, and launched one full investigation. In one recent instance, a faculty member in her first year of full-time teaching at a community college in the Midwest—an institution where no faculty have tenure—asked for our assistance when she was told her contract would not be renewed. She had been slated to head an academic program, but encountered criticism from the administration when she organized a benefit concert to establish a health care fund for part-time faculty. Since she was given no formal reason for her nonrenewal, its timing suggested a relation to the administration’s displeasure at the implication that part-timers there were poorly treated. Her only appeal was to a grievance committee appointed by the administration. Our staff wrote a strong letter suggesting that her academic freedom had been violated, after which the administration entered into discussions with the faculty member, and a settlement was reached. “I would have been completely lost without the AAUP,” she told us.
Cary Nelson
AAUP President
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Sunday, October 21, 2007
de magistris
La faccenda De Magistris sembra davvero un' ennesima brutta storia all'italiana.
Il Ministro Mastella non teme l'inchiesta di De Magistris perchè non ha nulla da rimproverarsi? Allora permetta l'esecuzione dell'inchiesta e non ne tema l'esito.
Così com'è ora la faccenda, l'unica cosa che si può pensare è che Mastella, indagato da De Magistris, abbia impedito al giudice di continuare l'indagine perchè era un'indagine per lui scomoda e pericolosa. Cose simili sono purtroppo successe altre volte in Italia, specie nelle zone in cui opera la mafia. Anche a Falcone e Borsellino avevano cercato di togliere inchieste scottanti.
Davvero una faccenda squallida. Se Mastella non ha colpe, permetta a De Magistris di lavorare sul caso e se è innocente, potrà dimostrarlo. E far passare l'inchiesta a qualche altro magistrato non è la stessa cosa che lasciarla a De Magistris, così come aver permesso a Falcone di continuare le sue indagini non era la stessa cosa che affidarle ad altri.
D'altro canto Mastella ha il diritto di non essere ritenuto colpevole finchè le indagini non sono portate a termine, ma ha anche il dovere di rispondere a eventuali indagini dei giudici.
De Magistris ha tutto il sostegno di chi vuol vedere cose pulite in Italia.
Il Ministro Mastella non teme l'inchiesta di De Magistris perchè non ha nulla da rimproverarsi? Allora permetta l'esecuzione dell'inchiesta e non ne tema l'esito.
Così com'è ora la faccenda, l'unica cosa che si può pensare è che Mastella, indagato da De Magistris, abbia impedito al giudice di continuare l'indagine perchè era un'indagine per lui scomoda e pericolosa. Cose simili sono purtroppo successe altre volte in Italia, specie nelle zone in cui opera la mafia. Anche a Falcone e Borsellino avevano cercato di togliere inchieste scottanti.
Davvero una faccenda squallida. Se Mastella non ha colpe, permetta a De Magistris di lavorare sul caso e se è innocente, potrà dimostrarlo. E far passare l'inchiesta a qualche altro magistrato non è la stessa cosa che lasciarla a De Magistris, così come aver permesso a Falcone di continuare le sue indagini non era la stessa cosa che affidarle ad altri.
D'altro canto Mastella ha il diritto di non essere ritenuto colpevole finchè le indagini non sono portate a termine, ma ha anche il dovere di rispondere a eventuali indagini dei giudici.
De Magistris ha tutto il sostegno di chi vuol vedere cose pulite in Italia.
Wednesday, October 10, 2007
elefantiasi all'italiana
In Italia, si sa, tutto è molto burocratico, lento, bloccato.
Ma si potrebbe anche snellire o velocizzare un po'.
Ad esempio gli affitti. Negli USA è tutto più agile. Hai bisogno di un affitto anche solo di un mese? Lo fai con grande agilità. Qui in Italia hai bisogno di un affitto breve? Lo fai molto lungo, salvo poi pagare soldi in più per annullarlo. Sembra che si faccia così. Giustamente non si deve scomodare un apparato burocratico per solo due mesi. E per firmare un contratto ci sono spese enormi di registrazione. Inoltre in USA uno paga un affitto e lo dichiara poi nella sua dichiarazione dei redditi e ovviamente le tasse diminuiscono. Si fa così anche qui? Mi pare sia stato proposto solo di recente.
Poi la dichiarazione dei redditi, che io sappia, in Italia la fanno pochi, pochissimi. E' così complicata che ... meglio mandare tutto dal commercialista. Io ho fatto la mia prima dichiarazione dei redditi in USA e in inglese. E non è poi così complicato. Due ore di spiegazioni collettive, organizzate da una specie di organizzazione sindacale, sono state sufficienti per sbrigarla. Ma in Italia sembra tutto complicato e difficile a priori. Inoltre la dichiarazione dei redditi in USA l'abbiamo fatto in aprile e versamenti o rimborsi sono già arrivati in maggio (dello stesso anno, non l'anno dopo).
Ma si potrebbe anche snellire o velocizzare un po'.
Ad esempio gli affitti. Negli USA è tutto più agile. Hai bisogno di un affitto anche solo di un mese? Lo fai con grande agilità. Qui in Italia hai bisogno di un affitto breve? Lo fai molto lungo, salvo poi pagare soldi in più per annullarlo. Sembra che si faccia così. Giustamente non si deve scomodare un apparato burocratico per solo due mesi. E per firmare un contratto ci sono spese enormi di registrazione. Inoltre in USA uno paga un affitto e lo dichiara poi nella sua dichiarazione dei redditi e ovviamente le tasse diminuiscono. Si fa così anche qui? Mi pare sia stato proposto solo di recente.
Poi la dichiarazione dei redditi, che io sappia, in Italia la fanno pochi, pochissimi. E' così complicata che ... meglio mandare tutto dal commercialista. Io ho fatto la mia prima dichiarazione dei redditi in USA e in inglese. E non è poi così complicato. Due ore di spiegazioni collettive, organizzate da una specie di organizzazione sindacale, sono state sufficienti per sbrigarla. Ma in Italia sembra tutto complicato e difficile a priori. Inoltre la dichiarazione dei redditi in USA l'abbiamo fatto in aprile e versamenti o rimborsi sono già arrivati in maggio (dello stesso anno, non l'anno dopo).
please, slow down, siamo in Italia
Ieri a Ballarò si parlava delle province italiane e sull'ipotesi - più o meno fantascientifica - di abolirle.
Fantascientifica solo nel senso che in Italia i grandi cambiamenti si scontrano con freni stratosferici. Solo in questo senso, non certo nel senso che sia un'utopia impensabile, eccessiva o troppo futurista.
La cosa che colpiva era che sembrava che il nodo della questione non fosse per niente affrontato.
La domanda centrale è questa: le province servono o no?
Invece gli interlocutori, di destra e di sinistra, sembravano sottolineare altre questioni: le province fanno parte della nostra tradizione, o ci vuole troppo coraggio per togliere queste istituzioni, è difficile proporre un cambiamento così radicale, si può vedere di togliere quelle funzioni che sono esercitate sia dai comuni che dalle province ...
Ma alla domanda nodale nessuno sembrava voler rispondere.
Sembra che le province in Italia costituiscano una spesa enorme ma esercitino una funzione trascurabile che potrebbe essere spartita tra comuni e regioni.
In molti altri paesi europei o extraeuropei non esistono proprio.
Solo alcune hanno funzioni in Italia molto importanti, Trento e Bolzano, perchè il Trentino in realtà più che una regione è una doppia provincia.
Quel che sorprende ancora una volta è questo girare attorno, questo non affrontare con determinazione un problema.
Servono o no queste province? Pochissimo? E allora vanno abolite. Che c'entra la tradizione: se una tradizione valesse solo perchè è tradizione, a quest'ora saremmo ancora al Medio Evo.
Fantascientifica solo nel senso che in Italia i grandi cambiamenti si scontrano con freni stratosferici. Solo in questo senso, non certo nel senso che sia un'utopia impensabile, eccessiva o troppo futurista.
La cosa che colpiva era che sembrava che il nodo della questione non fosse per niente affrontato.
La domanda centrale è questa: le province servono o no?
Invece gli interlocutori, di destra e di sinistra, sembravano sottolineare altre questioni: le province fanno parte della nostra tradizione, o ci vuole troppo coraggio per togliere queste istituzioni, è difficile proporre un cambiamento così radicale, si può vedere di togliere quelle funzioni che sono esercitate sia dai comuni che dalle province ...
Ma alla domanda nodale nessuno sembrava voler rispondere.
Sembra che le province in Italia costituiscano una spesa enorme ma esercitino una funzione trascurabile che potrebbe essere spartita tra comuni e regioni.
In molti altri paesi europei o extraeuropei non esistono proprio.
Solo alcune hanno funzioni in Italia molto importanti, Trento e Bolzano, perchè il Trentino in realtà più che una regione è una doppia provincia.
Quel che sorprende ancora una volta è questo girare attorno, questo non affrontare con determinazione un problema.
Servono o no queste province? Pochissimo? E allora vanno abolite. Che c'entra la tradizione: se una tradizione valesse solo perchè è tradizione, a quest'ora saremmo ancora al Medio Evo.
brogli elettorali nei seggi per il welfare
Rizzo e Diliberto hanno suscitato una grande polemica perchè si son permessi di dire ... la verità, e cioè che nelle votazioni di questi giorni per il welfare è possibilissimo fare brogli elettorali con estrema facilità.
Ovviamente non so se ci sono persone che hanno fatto brogli o meno - lo si saprà alla fine della votazione, anzi qualcosa sembra essere già saltato fuori - ma di certo è facilissimo fare dei brogli, visto che per votare a me hanno detto che non occorre mostrare nessun documento, e chi, ad esempio, lavora in più scuole, può votare senza problemi in più sedi.
In Italia tutto è molto politicizzato, anzi 'partitizzato': una cosa, prima di essere vera o falsa, giusta o sbagliata, è innanzitutto una cosa con una certa coloritura politica, e quindi è buona se fa l'interesse di un certo partito, o è cattiva se va contro questo interesse.
Bertinotti poi sembra davvero un fanciullone ingenuo se dice che non si può accusare la classe lavoratrice di brogli perchè i lavoratori si esprimono sempre con grande impegno e onestà. Davvero naiv! Non è vero neanche il contrario, e cioè che la classe lavoratrice imbroglia facilmente. Ciò che è vero è che in ogni elezione ci possono essere brogli e che sempre bisogna vigilare e denunciare qualsiasi irregolarità.
Ovviamente non so se ci sono persone che hanno fatto brogli o meno - lo si saprà alla fine della votazione, anzi qualcosa sembra essere già saltato fuori - ma di certo è facilissimo fare dei brogli, visto che per votare a me hanno detto che non occorre mostrare nessun documento, e chi, ad esempio, lavora in più scuole, può votare senza problemi in più sedi.
In Italia tutto è molto politicizzato, anzi 'partitizzato': una cosa, prima di essere vera o falsa, giusta o sbagliata, è innanzitutto una cosa con una certa coloritura politica, e quindi è buona se fa l'interesse di un certo partito, o è cattiva se va contro questo interesse.
Bertinotti poi sembra davvero un fanciullone ingenuo se dice che non si può accusare la classe lavoratrice di brogli perchè i lavoratori si esprimono sempre con grande impegno e onestà. Davvero naiv! Non è vero neanche il contrario, e cioè che la classe lavoratrice imbroglia facilmente. Ciò che è vero è che in ogni elezione ci possono essere brogli e che sempre bisogna vigilare e denunciare qualsiasi irregolarità.
ancora su abusi di potere in USA
(Lettera ricevuta da AAUP - American Association of University Professors)
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The AAUP Online
News for the Higher Education Community
A few months ago, the AAUP reported to its members on the results of the largest investigation we have undertaken in half a century. We were faced with fundamental violations of academic freedom and tenure not just at one school but across an entire region. Under the cover of unsubstantiated declarations of various versions of financial exigency, university administrators at five institutions engaged in a “nearly universal departure from (or in some cases complete abandonment of) personnel and other policies.” It has been called the storm after the storm, or the perfect academic storm. I am referring to the aftereffects of Hurricane Katrina on universities in the New Orleans area.
Many tenured faculty were fired with scant notice, no meaningful due process, no stated reasons, and no appeal save to the very administrators who released them. Faculty were not consulted about these actions or given an opportunity to suggest alternatives. Some found out they had already been taken off payroll and health care. Departments and programs were closed without appropriate review. While a number of institutions had suffered serious damage from the hurricane, we found no justification for this wholesale abandonment of due process and shared governance. Indeed, as the report eloquently declares, this is exactly the kind of challenge that requires wide consultation and full participation by the faculty before drastic actions are taken.
We believe all members of the higher education community need to know the story of how the tragedy of Hurricane Katrina was unnecessarily compounded by administrative fiat. That is why we are sending this e-mail.
The report is a warning to all of us about how not to handle a crisis, a warning as well about the dangers we face if our shared governance guarantees are not strengthened. Four administrations were censured at our annual meeting in June because of their post-Katrina actions. Negotiations continue in order to gain justice for New Orleans faculty and restore due process to the region.
The full report is available online at http://lyris.eresources.com:81/t/1138419/1942950/793/0/
Cary Nelson
AAUP President
The AAUP Online is an electronic newsletter of the American Association of University Professors. For more information about the AAUP, visit http://lyris.eresources.com:81/t/1138419/1942950/470/0/
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A few months ago, the AAUP reported to its members on the results of the largest investigation we have undertaken in half a century. We were faced with fundamental violations of academic freedom and tenure not just at one school but across an entire region. Under the cover of unsubstantiated declarations of various versions of financial exigency, university administrators at five institutions engaged in a “nearly universal departure from (or in some cases complete abandonment of) personnel and other policies.” It has been called the storm after the storm, or the perfect academic storm. I am referring to the aftereffects of Hurricane Katrina on universities in the New Orleans area.
Many tenured faculty were fired with scant notice, no meaningful due process, no stated reasons, and no appeal save to the very administrators who released them. Faculty were not consulted about these actions or given an opportunity to suggest alternatives. Some found out they had already been taken off payroll and health care. Departments and programs were closed without appropriate review. While a number of institutions had suffered serious damage from the hurricane, we found no justification for this wholesale abandonment of due process and shared governance. Indeed, as the report eloquently declares, this is exactly the kind of challenge that requires wide consultation and full participation by the faculty before drastic actions are taken.
We believe all members of the higher education community need to know the story of how the tragedy of Hurricane Katrina was unnecessarily compounded by administrative fiat. That is why we are sending this e-mail.
The report is a warning to all of us about how not to handle a crisis, a warning as well about the dangers we face if our shared governance guarantees are not strengthened. Four administrations were censured at our annual meeting in June because of their post-Katrina actions. Negotiations continue in order to gain justice for New Orleans faculty and restore due process to the region.
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