Wednesday, December 30, 2009

Marocco

Questo messaggio della Lonely Planet influenzerà i miei programmi per il 2010.

Dalla Guida Lonely Planet "Marocco", p. 43:
"Le Nazioni Unite hanno stimato che per ogni 8-10 viaggiatori stranieri che visitano un'area urbana del Marocco si creano un posto di lavoro in loco e sei o sette nuove opportunità d'impiego nelle zone rurali. Grazie al forte impulso ricevuto dal turismo e al progressivo sviluppo della classe media, il settore dei servizi è il comparto dell'economia marocchina che ha fatto registrare la crescita più rapida, rappresentando nel 2005 ben il 56% del PIL del paese."

Lo scorso anno ho dedicato i miei viaggi alla scoperta dell'Europa, e finora sono stata, seppur brevemente, in tutti i paesi dell' Unione Europea, eccetto Cipro.
Nel 2010 penso che mi piacerà coprire tutte le rotte low cost del Marocco, contribuendo al progetto di sviluppo sopra accennato.
Ieri son rientrata dal mio primo viaggio in Marocco: la bellissima città di Fez

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Wednesday, December 23, 2009

"Fuoriclasse" di Malcolm Gladwell

E' un libro interessante.
Il concetto fondamentale è che i fuoriclasse non lo sono, o non solo, per un QI superiore alla media. Anzi, a volte il QI non c'entra proprio.
Uno può diventare eccezionale grazie ad una serie di 'dettagli' che, se conosciuti, analizzati, capiti, potrebbero diventare una scelta personale o politica finalizzata a rendere tutti dei fuoriclasse.
Un esempio tra i tanti: la scuola e le vacanze. Le vacanze nuocciono o favoriscono l'apprendimento degli studenti? Sembra che varie ricerche dimostrino che c'è una differenza in questo tra classi agiate e classi culturalmente o economicamente modeste. Per i figli delle classi più agiate (i dati derivano da analisi di scuole americane), le vacanze offrono l'opportunità di riposarsi rielaborando quanto appreso, e arricchendolo di esperienze interessanti come viaggi o altri hobby personali. Sembra che i 'figli dei ricchi', dopo le vacanze scolastiche, dimostrino di essere molto in forma intellettualmente. I 'figli dei poveri', invece, giungono spesso da vacanze più deprimenti dell'esperienza scolastica stessa e a volte dimostrano di aver dimenticato tutto.
Gli studenti meno ricchi possono essere anche più intelligenti dei loro colleghi più abbienti, ma da solo il QI non serve a molto.
Quale sarebbe una politica intelligente? Offrire a chi non può fare esperienze più arricchenti, più scuola, anche d'estate. In questo modo vi sarebbero fuoriclasse anche nelle fasce economicamente più deboli.
Altro esempio: sembra una stupidaggine, ma chi è nato nella seconda parte dell'anno parte con uno svantaggio fin dall'infanzia, dice Gladwell. La differenza d'età tra un bambino nato all'inizio dell' anno e uno nato alla fine dello stesso anno, è notevole. Da adulti non la si nota, ma da piccoli i mesi costituiscono una forte differenza. Quindi, chi è nato più tardi si troverà sempre un po' più immaturo dei bambini della sua classe nati nella prima parte dell'anno. Questo può costituire un 'ritardo' costante e continuo. Sembra che, ad esempio, nelle squadre sportive, vi sia un nesso molto stretto tra i campioni e chi nasce nella prima parte dell'anno.
Quale sarebbe una politica un po' originale, forse, ma intelligente? Fare di una classe, due classi. Così i campioni raddoppiano. Sì, perché i campioni non lo sono solo per le loro qualità, ma anche per il confronto con gli altri. Chi in una classe si trova sempre un po' svantaggiato, potrebbe trovarsi tra i primi in un'altra classe.
Semplifico di molto l'idea di base di Gladwell. Nel libro vi sono esempi molto più interessanti e complessi come l'accennata relazione tra la cultura del riso e l'eccellenza in matematica. Consiglio la lettura del libro.

Sunday, December 20, 2009

Cinesi bravi in matematica

Si sente dire spesso che i cinesi sono molto bravi in matematica. Ma non avevo mai sentito dare una spiegazione convincente.
Quella di Malcolm Gladwell, nel libro 'Fuoriclasse', mi sembra interessante.

Come è noto, noi italiani facciamo pessime figure nei test di matematica (anche in molti altri test, a dire il vero, ma ora stiamo parlando di matematica). I cinesi, invece, brillano. Accademici americani vanno a caccia di cinesi da inserire nei dipartimenti scientifici delle migliori università. (Anche in questo noi italiani ci distinguiamo in senso contrario: in Italia i migliori nelle varie discipline li fanno scappare all'estero.)
Secondo Gladwell, due ragioni importanti spiegano il fenomeno delle menti scientifiche asiatiche: il rapporto lingua cinese - numeri, che rende i numeri più facili da capire a chi parla il cinese; la cultura del riso, che obbliga anche persone semplici come contadini o operai a diventare esperti nel calcolo e nell'analisi di complessi fenomeni naturali.

La prima situazione è molto affascinante: la lingua cinese aiuta ad avere dimestichezza con i numeri, diversamente dalle lingue europee.
Chi conosce i numeri in cinese calcola in modo più semplice e immediato grazie al modo in cui vengono espressi i numeri.
In inglese se dico 13 (thirteen) o 16 (sixteen) rovescio il rapporto tra decina e unità (prima dico l'unità e poi la decina); se invece dico 30 o 60 (thirty; sixty) formulo prima di tutto la decina. Se dico 45 o quasi tutti i numeri con decine e unità, prima dico la decina e poi l'unità.
Se dico 325, dico 3 con hundred e poi decina e unità; se dico 2415 dico 2 thousand, 4 hundred, fifteen.
I cinesi pensano e costruiscono i numeri in modo più semplice. 13 lo si pensa come 1 e 3, 30 come 3 e 0, 45 come 4 e 5, 125 come 1, 2 e 5, ecc.
Il modo di costruire i numeri cinesi è più immediato e corrisponde più direttamente a come sono disposti i numeri grafici.
Quindi se un inglese, o un italiano, deve sommare 45 + 18 , l'operazione di passaggio mentale dalla parola al numero vero e proprio è più complessa che per un cinese: forty-five non è esattamente come dire four + five , e lo è ancor meno 18, che non assomiglia neanche a 1 + 8.
Per i cinesi, invece, è molto semplice: la lingua visualizza già i numeri, per cui sommare in colonna 45 (formulato come 4 - 5 , e 68 pensato subito come 6 - 8), diventa facile, perchè la mente prepara già l'operazione che, invece, nelle lingue occidentali, viene complicata dalla lingua e dalle sue espressioni numeriche.
Uno vi dice: quanto fa 35 + 19. Pensatelo in italiano. Prima bisogna trasformare la parola in immagine numerica. Poi si fa il calcolo.
Un cinese, invece, pensa a 3 - 5 + 1 - 9. Praticamente la lingua prepara già una chiara operazione matematica.
Sembra che, per semplici operazioni di calcolo, i cinesi impieghino metà del tempo impiegato dagli occidentali. Bella differenza! D'altronde, la lingua cinese, come è noto, è una lingua di ideogrammi, cioè di piccoli disegni che esprimono dei contenuti. E anche le operazioni matematiche sono dei disegni, che necessitano di chiarezza grafica per potersi svolgere.

La seconda ragione che spiega quanto son bravi in matematica i cinesi, sta nella cultura del riso che ha caratterizzato la storia della Cina e di altri stati orientali.
La risaia in Cina era un piccolo appezzamento grande, a volte, come la stanza di una casa. Molto più piccola, dunque, dei grandi latifondi coltivati in Europa.
In Europa i contadini erano servi. In Cina non è esistita una vera e propria servitù della gleba. Perchè? Perchè per fare il contadino in Europa bastavano braccia possenti. Era un lavoro fisico, quasi da animali, a cui non si chiedeva nient'altro che lo sforzo del corpo. Non gli si chiedeva, anzi gli si negava, l'iniziativa personale o l'autonomia di decidere del proprio lavoro.
Il contadino che coltiva il riso non poteva lavorare in questo modo: gli appezzamenti erano piccoli e molto esigenti; occorreva seguirli con grande attenzione e professionalità. Il contadino doveva essere un esperto nel suo lavoro; doveva conoscere molte caratteristiche complesse della coltivazione del riso: tempi di crescita, prodotti necessari per la crescita; turni nella coltivazione; dettagli sottili e precisi che facevano di lui un esperto, oltre che un lavoratore impegnato giorno e notte.
In Cina i proprietari preferivano incoraggiare la produzione dando responsabilità ai contadini e premiandoli in base alla quantità prodotta.
Insomma, sembra che anche solo semplici contadini, in Cina, siano stati esperti di calcoli e quasi dei professionisti, per quanto poveri.
Anche gli altri paesi basati sulla cultura del riso sembrano avere cittadini molto più bravi nei calcoli e nella matematica.

Friday, December 11, 2009

IT nelle scuole

Per quanto riguarda l'uso di informatica e internet nelle scuole siamo molto lontani dagli standard dell'Inghilterra, almeno.
Quando sono andata in UK con il corso Comenius abbiamo visitato una scuola che il professore del corso definiva da quartiere disagiato di Exeter. In quella scuola media tutte le aule avevano un computer con proiettore; le varie lezioni a cui abbiamo assistito si svolgevano tutte con supporto informatico. Il professore spiegava partendo da documenti power point o immagini e testi proiettati dal computer.
In Italia questa famosa rivoluzione delle 3 I (informatica, inglese e impresa) sembra ancora piuttosto in alto mare.
Nelle scuole medie non vi sono professori di informatica, bensì solo insegnamento di nozioni molto di base da parte degli insegnanti di tutte le materie.
Sembra che usare un computer connesso ad un proiettore sia ancora una chimera in varie scuole, e non solo medie; mi riferisco a tutte le scuole in cui ho insegnato in questi anni.
Se voglio usare il computer in classe dovrò comprarmi il proiettore, altrimenti è terribilmente complicato. Poi dovrò comprarmi anche le casse, altrimenti potrei far vedere solo immagini.
L'uso di internet è raro, sporadico e complicato (se accendo un computer con connessione, bene, se ne accendo molti salta tutto).
Aggiungo che io sto al nord. Mi chiedo come sarà la situazione nel Sud del paese.
Non sto criticando le scuole singole. Sono provvedimenti che dipendono dall'alto.
Sembrava che l'intenzione del governo fosse, addirittura, di far avere ad ogni ragazzo di medie e superiori, un computerino da usare a scuola.
La realtà è invece una serie continua di disfunzioni e molte difficoltà nell'uso delle strutture informatiche fondamentali.
Si può aggiungere che il governo sembra ora intenzionato a trascurare la diffusione dell'ADSL, riservando i soldi necessari ad altri progetti.
I poveri ragazzi che abitano in paesini o hanno il computer a casa, e da quanto sento non sono poi tanti, o non possono usarli perché le scuole non li mettono a disposizione oltre l'orario delle lezioni, non vi sono internet caffè e certe biblioteche di paese hanno orari scomodi e non hanno computer d'uso pubblico.
Finora nelle scuole ho potuto far vedere dei dvd ma non sono riuscita a proiettare niente da un computer. Anche gli scorsi anni, alle superiori, era complicato, a parte il mirabile esempio della scuola IAV di Bologna, dove ho insegnato ogni lezione in ottimi laboratori.

Wednesday, December 9, 2009

Europa e Palestina

Speriamo nell'Europa.
Di recente sembra che l'EU voglia assumere un ruolo più incisivo per quanto riguarda la questione palestinese. Gli USA, in decenni di trattati più o meno fallimentari, non sono ancora riusciti a risolvere la questione. Difendono troppo Israele. Anche di recente le parole di condanna dell'amministrazione Obama per gli insediamenti israeliani fuorilegge sono state fin troppo miti e, soprattutto, vane.
Sembra che l'Europa voglia riconoscere, finalmente, il diritto dei Palestinesi al territorio di Gaza e Cisgiordania, con capitale Gerusalemme Est.
Speriamo.

Tuesday, December 8, 2009

Anno scolastico 2008/2009. Viaggi di una professoressa.

In questo album fotografico ho raccolto alcune delle foto scattate durante i viaggi che ho potuto fare lo scorso anno scolastico. Vogliono essere una lode al viaggio e un invito a viaggiare:

http://rbarazza.myphotoalbum.com

Monday, December 7, 2009

Come ci vedono i francesi

Fino a oggi ero a Francoforte. In albergo ho visto un servizio sulla cattura di un boss siciliano. C'era poi un commento di Berlusconi che sottolineava il suo impegno nella lotta alla mafia.
Mi ha colpito la scena dell'arresto. Non so se in Italia hanno mostrato le stesse immagini, ma in quel servizio di Europe News (versione francese) venivano filmati gli uomini della polizia, con tanto di passamontagna nero, quindi in versione molto professionale, che dall'alto di una finestra, saltando di gioia, cantavano la canzoncina: 'Chi non è ... (non ho capito la parola) mafioso è, è. Chi non è ... mafioso è, è'.
Buffo: la cattura di un boss è una vicenda serissima e con implicazioni drammatiche, e le nostre forze speciali di polizia sono state ritratte in questo modo.
Non so se è il modo con cui i francesi sottolineano il carattere un po' 'macchietta' degli italiani.

Wednesday, December 2, 2009

Sindacati

Un po' pasticcioni quelli della CGIL.
Ho intenzione di iscrivermi ad un sindacato: pensavo alla CGIL, e mi iscriverò presto, ma sono un po' imprecisi. Per firmare l'iscrizione, con conseguente ritenuta della percentuale sullo stipendio, non avevano moduli che specificassero precisamente la percentuale della trattenuta. Mi riservo di iscrivermi quando saranno più precisi.

Questa sera sento che il Ministro Brunetta non intende convocare la CGIL per la risoluzione di una vertenza. Quanto meno strano, visto che la CGIL è il sindacato italiano più rappresentativo. Certo, che a Brunetta la CGIL non sia molto simpatica, ci vuol poco a capirlo. Inventeranno una nuova legge ad personam (o ad partitum) per escludere il sindacato più rompiscatole.

Per quanto mi riguarda, questa strana scelta di Brunetta è un incentivo maggiore a iscrivermi presto proprio alla CGIL.

Il conformismo dei libertini

Non male la raccolta di classici proposta dall' Espresso.
Mi sono vista di recente "I fratelli Karamazov", "Anna Karenina" e "I Buddenbrook".

Riporto una battuta che mi è piaciuta, ma non ricordo esattamente in quale dei tre film l'ho sentita. Forse in "Anna Karenina", quando si parla di Bronsky, l'amante della protagonista.

Qualcuno definisce Bronsky (forse) un progressista.
Un altro personaggio risponde: "Ma che progressista! E' un libertino, e tutti i libertini sono conformisti."

Sunday, November 29, 2009

Per Berlusconi i problemi vanno taciuti.

Grande, Berlusconi: 'La mafia ci fa fare brutte figure all'estero. Meglio non parlarne.'

Meglio nascondere i crimini, dunque, secondo il Premier. Di certo è molto più facile che risolverli.

Quel che si dice: affrontare i problemi alla radice!

Wednesday, November 25, 2009

Autoritarismo

Anni fa ho lavorato in una scuola in cui il direttore ribadiva continuamente il suo potere: lui poteva tutto, da lui dipendeva la mia posizione, lui era in grado di crearmi problemi, lui addirittura controllava quello che scrivevo, per esempio nel blog.
La cosa era piuttosto sospetta, sia perchè io insegno da tanti anni, mi piace molto il mio lavoro e ritengo di farlo molto bene. Anche quando ci sono difficoltà resto sempre disponibile a consigli o cambiamenti di strategie per risolvere i problemi, anzi sono sempre molto curiosa di nuove strumenti e metodi che arricchiscano la mia esperienza.
Il comportamento del direttore faceva piuttosto pensare a una volontà persecutoria finalizzata ad intimorire per ottenere chissacosa. E' così che funziona il mobbing.
Poi tutto si è risolto senza problemi, ma l'atteggiamento era davvero sgradevole.
Non ho bisogno di chi ribadisce continuamente la sua autorità per lavorare in modo coscienzioso. Ho già di mio un grande senso del dovere.
Per fortuna simili direttori sono poco frequenti. La maggior parte di quelli che ho avuto erano persone collaborative, intelligenti, rispettose.

Tuesday, November 24, 2009

Scuola populista

La scuola italiana è erede del '68. Non lo dico in senso negativo. Se non ci fosse stato il '68, forse, non sarei potuta andare all'università neanch'io. L'integrazione di chi ha difficoltà per vari motivi è, ovviamente, positiva e importante. Ma a volte l'attenzione per chi è meno interessato alla scuola fa trascurare i diritti di chi è molto interessato alla scuola.
Le varie esperienze scolastiche nel passato e presente mi fanno pensare che l'atteggiamento che si è invitati ad assumere da tutto il sistema scolastico sia di attenzione per le persone in difficoltà, per chi viene da ambienti poco stimolanti, per chi ha poca voglia di studiare, per chi è rimasto indietro col programma. Tutto giusto e lecito. Ma penso che non vi sia abbastanza attenzione per chi è molto impegnato e volonteroso ed è ostacolato dagli studenti che impediscono lo svolgersi normale delle lezioni.
In certi casi della mia esperienza didattica si notavano situazioni di gravi, direi gravissime, perdite di tempo a causa degli studenti più indisciplinati. Se poi quei ragazzi si trovavano nella stessa classe da molti anni, la perdita di studio, di lavoro, di informazioni, di crescita culturale e personale diventava, secondo me, drammatica. Di ciò non ci si preoccupava abbastanza. L'importante era capire i casi problematici, integrare chi disturbava, ma per quegli studenti che avevano voglia di studiare e non lo potevano fare per colpa degli altri, per loro c'era troppa poca attenzione.
Guarda caso, poi, in Italia, continua ad esistere il problema di persone dotatissime che se ne vanno all'estero perchè qui non sono valorizzate o non possono fare abbastanza.

Scuola. Insegnanti presi tra due fuochi.

Vari miei colleghi mi hanno parlato del problema dei genitori iperprotettivi. Non avevo dato molta importanza alla cosa perché, gli anni scorsi, non avevo conosciuto simili situazioni. Sembra però davvero un problema serio.
In realtà questa è solo una faccia della medaglia. Il suo rovescio è la gestione delle scuole che le rende sempre più simili ad aziende in cui gli alunni sono dei clienti prima di essere delle persone da educare.
L'insegnante è preso tra due fuochi: deve non urtare i genitori anche se gli alunni hanno comportamenti inaccettabili. E deve star attento a non urtare la gestione della scuola, non far capire che vi sono problemi gravi nel comportamento degli alunni perchè si deve dare l'immagine di una scuola in cui ... tutto va bene. Non importa se vi sono problemi seri. Un'azienda cresce se ha una buona immagine.
Se vi sono problemi seri, che fare allora?
Penso ora che convenga non parlarne. Se vi sono problemi importanti meglio relativizzarli con i genitori, che altrimenti ti considerano un'insegnante incapace, e con la direzione della scuola, che deve innanzitutto salvare la sua immagine e che spesso preferisce non vedere i problemi.
Se un insegnante fa capire che vi sono problemi seri nel comportamento degli alunni, lui stesso rischia di passare per il problema. Lui lo segnala, ma in realtà lo diventa, agli occhi degli altri.
La situazione sarebbe molto squallida se non ci fosse un margine di salvezza: relativizziamo pure i problemi: non parliamone, tanto noi li conosciamo, e gli altri, che non li vogliono vedere, vedano quel che vogliono.
Non importa se non si può parlare liberamente dei problemi. L'importante è che poi in classe l'insegnante abbia la libertà di decidere il da farsi. Non tanto in misure disciplinari: sembra che neanche quelle siano ben viste (forse rovinano l'immagine dell'azienda-scuola), quanto in voti finali che promuovono o bloccano gli alunni. Questo è il margine di libertà di azione che ci rimane.
Consolazione ... magra.

Monday, November 23, 2009

Scuola italiana - Governo italiano

A volte ho l'impressione che la scuola italiana assomigli molto al governo italiano: sfoggio di autorità, enfasi sulla sicurezza; in realtà ben altro che giustizia: leggi ad personam, lodo Alfano, scudo fiscale, condoni e aministie. Un insegnante vuole sopravvivere senza problemi? Promuova tutti, e gli andrà tutto bene.

Sunday, November 22, 2009

Via Roma 4980

Via Roma 4980.
Vi è mai capitato di percorrere una strada come la succitata Via Roma, e di dover cercare la casa n. 4980?
Scommetto che è capitato a pochi.
Neanche a Roma o Milano, Berlino o Parigi ci sono numeri così alti. Difficile trovare un'unica strada con 4980 case.

Avete mai trovato una casa al numero 4980 di una strada?
Io sì, nel paese di Canaro, in provincia di Rovigo.

Quando l'ho vista sono rimasta molto sorpresa e ho pensato che lì i postini hanno il loro bel daffare quotidiano.
In seguito ho scoperto il mistero di questi numeri: non ci sono 4980 case nella via Roma di Canaro. Il numero vuol dire che quella casa dista 4980 metri dal municipio del paese.
Infatti, se si percorre via Roma, si nota che, tra una casa e la casa immediatamente successiva, non vi è un numero di differenza, bensì 10 o 20 o 100 numeri di differenza, corrispondenti ai 10 o 20 o 100 metri con cui ci si è nel frattempo avvicinati al municipio.

Mi hanno detto che anche in altri paesi si usa questa numerazione. Io la scopro per la prima volta.

Anche nel mondo anglosassone vi sono numeri di 4 cifre o più, e anche lì non corrispondono al numero delle case: quelle 4 cifre sono in realtà due numeri di due cifre, e bisogna scomporli per vederli in ordine di successione.
In Italia questa è la numerazione più originale che abbia mai trovato.

Campanilismo amorale

Alla società italiana è stato attribuita in passato la definizione di 'familismo amorale', coniata dallo studioso americano Banfield.
Secondo me si potrebbe aggiungervi una variante: il campanilismo amorale.

Mi è capitato gli anni scorsi di insegnare in un piccolo paese di campagna. Molti insegnanti di quella scuola vivevano in quello stesso paese.
C'era una situazione un po' strana: una classe, in particolare, era particolarmente indisciplinata. Indisciplima eccessiva e anomala. Questa era l'opinione di vari insegnanti. Il livello di scorrettezza era tale da rendere molto difficile, quasi impossibile, svolgere qualsiasi lavoro di insegnamento: le spiegazioni venivano interrotte continuamente; le mancanze di rispetto verso compagni e insegnanti erano molto gravi. Pochi studenti interessati alle lezioni non potevano imparare quasi niente perchè disturbati dalla maggior parte degli studenti.
Cosa ancora più sorprendente: in quella classe, giunta ormai a molti anni di scuola in comune, non era mai stato bocciato nessuno. I ragazzi con una certa volontà di apprendere avevano, secondo me, quasi buttato i loro anni di scuola, perchè ascoltare e imparare era quasi impossibile.

Ma come era possibile che nessuno in quella classe fosse stato bocciato? Aggiungo che quell'ambiente scolastico si presentava come molto duro e autoritario rispetto ad altre scuole da me conosciute. Forse rigidità e autoritarismo erano solo apparenti. Guarda caso, il numero dei bocciati in altre scuole dello stesso grado era maggiore, ma il clima molto più tranquillo e meno rigido.

Qual era il problema? Secondo me il campanilismo amorale. E' solo una mia ipotesi, non confermata da discorsi chiari dei colleghi che, peraltro, per ovvi motivi, non avrebbero mai potuto confermare.
Ho pensato di quella scuola che il problema fosse il fatto che il paese fosse piccolo e vari insegnanti vivevano nel paese stesso.
E' come in una famiglia: i panni sporchi si lavano in famiglia. Secondo me gli insegnanti 'non potevano' bocciare i ragazzi perché erano magari vicini di casa o parenti, o figli del negoziante dove vai a far compere ogni giorno.
A conferma di questa mia supposizione è giunto il messaggio di un insegnante che, sorprendentemente, mi ha suggerito non di limitare note o punizioni, come mi sarei aspettata, ma di scriverle pure, di segnalare senza problemi questi disagi. Strano. Ero una di quelle che più si lamentava e più segnalava, anche per iscritto, la cosa. Quando ho sentito quell' insegnante iniziare ques'argomento, ho pensato che volesse invitarmi a ridurre segnalazioni e punizioni. Invece no: facessi pure, ben venga. Sembrava lo dicesse quasi con sollievo. Come dire: io non posso fare queste cose, quindi falle tu. Secondo me quell'insegnante, e gli altri che vivevano lì, non potevano facilmente punire o segnalare casi così gravi, o bocciare chi lo meritava. Non poteva perché vivevano tutti all'ombra dello stesso campanile.

Monday, November 16, 2009

Camerun: dittatura democratica?

Ho ricevuto qualche giorno fa un'email di un ragazzo camerunense che mi chiedeva informazioni per studiare in Italia.
Accennava alla dittatura del suo paese.
Ho chiesto informazioni per mandargliene, e ne ho ricevute parecchie.
Ho ricevuto anche parole stranamente dure da parte dell'ambasciata italiana di quel paese, il che faceva pensare ad una situazione, effettivamente, poco rosea.
Ho voluto cercare in internet: mentre Wikipedia descrive la situazione come piuttosto stabile e normale,
http://it.wikipedia.org/wiki/Camerun

articoli più recenti della Reuters parlano, effettivamente, di una situazione più simile ad una dittatura:
http://www.reuters.com/article/latestCrisis/idUSLL469814

Thursday, November 12, 2009

Giuramento di fedeltà

Chissà cosa vorrà dire il giuramento di fedeltà alle istituzioni proposto da Brunetta per tutti i dipendenti pubblici.
Ha un sapore vagamente fascisteggiante.

Brunetta vuole che tutti i dipendenti pubblici, quindi anche noi insegnanti, firmino un documento di fedeltà alle istituzioni nel momento di assunzione del servizio a tempo indeterminato.
Cosa può voler dire?
Fedeltà alla Costituzione è ovvia, e se non la rispetti, te lo ricordano subito.
Ma fedeltà alle istituzioni sembra voler dire che non si possono criticare le istituzioni, cioè il governo, così come in un'azienda si è tenuti a parlar sempre bene dell'azienda.
Quindi fedeltà alle istituzioni sembra il contrario di fedeltà alla Costituzione, che implica la libertà di espressione.
In pratica, forse, vuol dire che io non potrei scrivere quello che ho scritto nel post precedente, dove ho criticato i leghisti che sono al governo.

Anche durante il fascismo c'era il giuramento di fedeltà.
E' famoso l'evento in cui, nel 1939, gli accademici italiani sono stati costretti a giurare fedeltà al regime fascista, pena il licenziamento, cioè ciò che Brunetta minaccia ai dipendenti pubblici attuali.
Notare che questo avvenne nel 1939, cioè un anno dopo la promulgazione delle leggi razziali in Italia. Come dire: chi osava criticare la condanna, anche a morte, degli ebrei, perdeva quanto meno il posto di lavoro.
Famoso anche il numero di quei coraggiosi che si sono rifiutati di dichiarare fedeltà al regime: 11, cioè l' 1 % degli accademici! Ottimo esempio di coraggio, impegno civile e libertà di pensiero del mondo accademico italiano.
Corsi e ricorsi storici? Speriamo di no.

Wednesday, November 11, 2009

Egregio Sig. Sindaco di Padova, ...

Egregio Sig. Sindaco di Padova,
ieri mi hanno raccontato delle cose infamanti sul suo conto. Sembra che lei stia con una donna di origini rom! Oltre all'ovvia sua depravazione, questa è anche un'offesa per tutte le donne italiane. Se un sindaco deve frequentare una donna, è giusto che chieda prima il permesso ai cittadini. E se tra i suoi cittadini ci sono molti leghisti ... peggio per lui.
Non dico altro.
XX


Non è una battuta di uno spettacolo di Paolo Rossi. L'ho rielaborata un po' ma l'ho sentita sul serio. Ieri, nel nord-est più leghista, un signore giovane e laureato mi diceva queste cose parlando seriamente. Raccontava, appunto, che il sindaco di Padova sta con una donna di origini rom, come se questo fosse una colpa o una vergogna. Definiva i neri 'feccia'. Secondo lui gli stranieri che sono qui si accorgono che gli italiani sono più intelligenti (sic!), mentre loro non sanno risolvere tanti problemi. Lodava l'operato di Gentilini, e simili altre oscenità razziste.

Questa discorsi sono depravazione, non certo la relazione di un politico con una donna straniera.

Friday, November 6, 2009

Stranieri sfigati e autorità 'civili'

Ricevo molte lettere di persone che, avendo visto uno dei miei blog, mi scrivono per chiedere informazioni per insegnare o studiare all'estero o in Italia.
Qualche tempo fa ho ricevuto un'email di una persona proveniente da un paese in via di sviluppo che chiedeva di borse di studio per studiare in Italia.
Borse di studio per studiare in Italia. Tutto qui.
Se me lo avesse chiesto un francese o un tedesco nessuno, probabilmente, avrebbe trovato nulla da ridire. Ma me l'ha scritta uno studente che proviene da un paese in via di sviluppo.
Ho fatto circolare l'email e, come al solito, da conoscenti e nuovi lettori ho ricevuto molte lettere gentili e ricche di informazioni.
Tutte, tranne l'email di un dipendende dell'ambasciata italiana di quel paese. Questa è stata la sola lettera scortese, non troppo nei miei confronti, quanto piuttosto verso quell'interlocutore: lo ha trattato da opportunista e imbroglione, e mi ha informato che di certo vuole approfittare della generosità altrui. Perché opportunista? Perchè di certo vuole ... sfuggire alla disoccupazione, altro che studiare! (devo ammettere che anch'io, in passato, ho avuto spesso questi disonesti desideri proibiti). Mi ha addirittura intimato di non scrivergli più e di fare attenzione perchè potevo rischiare un'accusa di favoreggiamento.
Favoreggiamento? Di che? Del diritto allo studio?
Sono rimasta molto colpita. Mi chiedo se è questo l'aiuto che le ambasciate dei paesi 'civili' riservano alle persone che vivono nei paesi poveri, e se questi possono da loro aspettarsi un qualsiasi sostegno per poter vivere dignitosamente, cosa che è un diritto di tutti.

Saturday, October 31, 2009

Israeliani e Palestinesi

Riporto un brano tratto dall'intervista di Repubblica del 19 ottobre al Re Abdallah di Giordania sulla questione palestinese. Mi sembra tocchi un punto centrale del problema.
L'intervista è di Nicola Lombardozzi e Alex Van Buren.

Dice il Re di Giordania:
"Il Presidente Obama aveva chiesto subito di risolvere il conflitto israelo-palestinese. Credevo in una svolta decisiva già all'inizio dell'estate, nell'avvio di un vero negoziato di pace all'ONU. Eppure, il nodo delle colonie israeliane, illegali per la comunità internazionale, resta centrale. Tutti chiediamo un congelamento, anche temporaneo, giusto per far decollare le trattative. Se Israele davvero crede nella formula dei due Stati, sa bene che le colonie nelle terre palestinesi diverrebbero proprietà palestinese. Fermarle sarebbe una prova della sua sincerità. Infatti, la domanda oggi più ripetuta nel mondo arabo è questa: Israele vuole davvero la pace?"
(grassetto mio, RB)

Thursday, October 29, 2009

"Italians" di Giovanni Veronesi

Gli stereotipi son duri a morire! Ammesso che si tratti solo di stereotipi.
Il film di Veronesi "Italians", con Verdone, Castellito e Scamarcio, presenta la solita immagine degli italiani: furbi, un po' imbroglioni e persino ladri, puttanieri ... ma di buon cuore.
E' un film simpatico, ma sembra che dai tempi di Garibaldi, e anche prima, questa sia ancora l'immagine che gli italiani danno di sé in giro per il mondo.

Wednesday, October 28, 2009

"Heimat" di Edgar Reitz

Quando si dice "serial" in Italia, se non si pensa subito ad un killer maniaco, viene in mente una serie di episodi televisivi che, di solito, fanno rima con soap opera o telenovelas: insomma, cose che piacciono al grande pubblico, ma che sono piuttosto disprezzate da chi ha un po' di cultura.
Chissà se anche in Germania questo termine ha una connotazione un po' negativa. Se ce l'ha, comunque, la serie di episodi "Heimat" di Reitz fa eccezione di certo.
Mi sono vista tutti d'un fiato gli 11 episodi del primo "Heimat", e mi sono piaciuti molto: la storia di una famiglia tedesca di Schabbach, dall'inizio del '900 fino agli anni '80, è l'occasione per ripercorrere la Storia della Germania del '900. Episodi coinvolgenti e intelligenti. Unico punto debole, non nel senso del valore dei film, ma nel senso di una divergenza di opinioni sulla concezione della vita: sembra che abbiano ragione, alla fine, coloro che restano nel paese, coloro che non si allontanano troppo.
Contano un po' troppo le proprie origini. Paul, l'Americano, alla fine ammette di essere uno sconfitto anche se è diventato un imprenditore miliardario, perché ha trascurato, possiamo quasi dire, Kinder, Kueche und Kirche. Anche Hermann, compositore di livello internazionale, dichiara, di aver abbandonato troppo il suo paese e le sue radici, e di non aver, quindi, capito molto di ciò che vale nella vita. Contano un po' troppo Blut und Land. Ma in fondo il film finisce negli anni '80, e anche quelli che erano progressisti ai quei tempi ora, forse, appaiono già conservatori.

Far capire agli studenti italiani le difficoltà dei loro compagni straneri. Qualche metodo.

Dicono, giustamente, che noi insegnanti, e non solo, dovremmo aiutare gli studenti a capire gli altri, gli stranieri, le culture diverse, le difficoltà delle altre persone.
In una classe in cui ho insegnato, mi è capitato che i ragazzini italiani ridacchiassero delle difficoltà dei loro compagni stranieri. Sentivo commenti del tipo: "Non capisce niente", "Non sa neanche parlare l'italiano", "Finge di non capire per non studiare", e simile chicche. Tali commenti erano rivolti a ragazzini, in Italia da poco, visibilmente in grandi difficoltà con la lingua, figuriamoci con i contenuti delle varie materie. Venivano umiliati spudoratamente.
Allora ho pensato di "aiutare" i fanciulli italiani a capire le difficoltà dei loro coetanei stranieri che non conoscono la lingua, non possono capire le lezioni, non possono fare i compiti, si vedono costantemente con ovvi brutti voti, non si relazionano agli altri per difficoltà a comunicare.
Noi insegnanti di lingue possiamo facilmente "aiutare" i cari pargoli italiani a capire questo problema parlando solo in lingua straniera: ignorare i messaggi in italiano, pretendere solo comunicazione in lingua, non semplificare troppo la comunicazione, non impietosirsi quando li vedi persi ...
Ho fatto anch'io questi esperimenti, di educazione civica, più che di lingua e letteratura inglese, e mi sembrano molto validi. I ragazzi si arrabbiavano perchè capivano molto poco, pretendevano un aiuto in italiano, non seguivano perché troppo difficile.
Non avranno forse capito molti contenuti della lezione, ma avranno imparato a non snobbare le difficoltà altrui.

Sunday, October 25, 2009

Bravo, Marrazzo: dimissioni opportune. E quelle di Berlusconi?

Solidarietà al 'farabutto' di Lovanio

(Da La Repubblica del 25 novembre 2009)

http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-30/lovanio-finestra/lovanio-finestra.html

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Abitano a Lovanio ed espongono alla finestra della cucina le dieci domande di Repubblica
"Ci sono pressioni esagerate. Il Console ci ha chiesto di toglierle, offendono lo Stato"

In Belgio la resistenza di un "farabutto"
"La mia finestra non è a disposizione"

Nel collage anche la foto di Berlusconi con Obama e consorte
di CARMINE SAVIANO


Leggono, ritagliano e incollano. Spulciano i giornali alla ricerca di notizie sullo loro cara Italia. A Lovanio, vicino Bruxelles, per la famiglia Caprioli raccogliere informazioni sul Bel Paese è un tenue collegamento agli affetti, alle origini. Sono ristoratori e acquistano i giornali italiani che vengono pubblicati. E, ultimamente, restano colpiti dalle dieci domande di Repubblica al Premier. Decidono, con materiali raccolti anche da Repubblica.it, di fare un bel collage. Per qualche mese i Caprioli continuano: leggono, ritagliano e incollano. Ed espongono. Sì, perchè alla finestra della cucina di casa loro (non del ristorante), sulla strada principale di Lovanio, in Belgio, sono incollati, ben visibili ai passanti, le dieci domande di Repubblica.

Ma "c'è un problema". La famiglia Caprioli abita nello stesso stabile del Consolato Italiano a Lovanio. E, un bel giorno, l'esercizio filologico familiare viene notato da un non meglio specificato senatore del Pdl che passa lì per caso. Apriti cielo. Se "farabutti" e "sovversivi" possono essere tollerati in patria, all'estero no: fuori dai confini non hanno diritto di cittadinanza.

"Martedì ho ricevuto una telefonata dal console onorario, Fabrizio di Gianni" dice a Repubblica.it Giuseppe Caprioli, il pater familias. "Il console mi dice che c'è un problema con quel collage, con le domande di Repubblica, e mi chiede di toglierle". Ma Giuseppe Caprioli non ci sta. Già diverse volte ha esposto dalla finestra della sua cucina ritagli di giornale su altri argomenti legati al nostro Paese e "non c'è mai stato nessun problema".

La storia non finisce lì. Il giorno dopo a Caprioli arriva la telefonata del console italiano a Bruxelles. "Una telefonata abbastanza dura, nella quale mi dice che non può tollerare che ci siano offese allo Stato italiano proprio nel palazzo del consolato e che arrivano molte sollecitazioni dal ministero degli Esteri". Ma Caprioli non demorde. "Quali offese? Le dieci domande di Repubblica non sono offese allo Stato, sono, appunto, dieci domade rivolte a Berlusconi". Le domande restano in bella mostra, "é una questione di principio".

Per il Console onorario a Lovanio, Fabrizio Di Gianni, è invece una questione di contiguità: "Dopo molte lettere e segnalazioni ricevute da cittadini italiani di passaggio, ho fatto notare con gentilezza a Caprioli che data la vicinanza tra l'ufficio del consolato e la sua abitazione, forse era meglio spostare il collage. Ma la libertà d'espressione della persona è intangibile". Di Gianni non nega che tra le segnalazioni ci sia stata anche quella di un senatore e aggiunge di aver fatto aggiungere nell'atrio un cartello in cui il consolato prende le distanze da qualunque collage appeso alle finestre circostanti: "La libertà dell'amico Caprioli è comunque intangibile" conclude.

E, infatti, Caprioli non demorde. Ma non demordono nemmeno gli altri. Iniziano ad arrivare telefonate, "pressioni da tutte le parti, amici che mi dicono di essere stati chiamati per intercedere". Ma non se ne parla, "la mia famiglia resiste". Le domande restano.

Giuseppe Caprioli si arma di codice civile, carta e penna e scrive al Console italiano. "Mica possono fare qualcosa. Mica possono far togliere con la forza i ritagli di giornale che ho incollato", e ancora: "La cucina è mia, mica del consolato onorario di Lovanio". Una resistenza suffragata dalle consuetudini della città belga. "Quì è quasi un'usanza. Tutti mettono alle loro finestre ritagli di giornale, poster e quant'altro". Libera finestra in libera Lovanio. Per questo Giuseppe continua a scrivere e a difendere la propria posizione. E si avvale dell'informatica e dei social network, Facebook innanzitutto. Crea un gruppo dove mette le foto della finestra della sua cucina, "Finestra non a disposizione", e scrive ai giornali.

"La nostra è una famiglia di onesti lavoratori che amano l'Italia e che si vergognano di essere rappresentati dall'attuale primo ministro". Una questione di principio. E dopotutto "può un presidente del Consiglio che ha tutto chiedere anche la finestra della nostra cucina?". No, non può.
© Riproduzione riservata (24 ottobre 2009)

http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-30/lovanio-finestra/lovanio-finestra.html

Monday, October 19, 2009

"Cento chiodi" di Ermanno Olmi

Bellissimo "Cento chiodi" di Ermanno Olmi.
Temi per me significativi: anch'io non ho più voluto frequentare le università italiane perché mi sembravano più attente ai libri che alle persone.
Anch'io me ne sono andata da Bologna e vivo ora in un Polesine che mi ha ha colpito e attratto fin dall'inizio per una dimensione più lenta e calma della vita.

Saturday, October 17, 2009

E' qui l'America?

Chi l'ha detto che in Italia non ci sono opportunità per tutti? Al contrario: chiunque può diventare persino ministro, senza sapere né leggere e né scrivere, come si suol dire. A tal fine, però, sembra importante, più che lavorare sodo e avere grandi obiettivi, adattarsi al clima di mercificazione generale e di partitocrazia.

Wednesday, October 14, 2009

Monday, October 12, 2009

Le battute dei miei alunni.

Simpatici i miei piccoli alunni delle medie.

Ho voluto sapere, in una prima media, quali professioni i ragazzi pensavano di fare da grandi.
Uno mi ha risposto: "Voglio fare il cuoco a Parigi!"
Gli ho chiesto se aveva visto 'Ratatouille"; mi ha risposto affermativamente.
Potere dei media!

Erano i giorni della parata degli alpini a Rovigo.
Durante una lezione in una prima media indossavo una camicia a quadri un po' folk.
Un mio alunno mi chiede: "S'è messa la camicia degli alpini?"

Sono in una prima media. Si mette a piovere e a grandinare. I miei alunni, felici, si precipitano alla finestra e osservano, emozionati, il paesaggio, esprimendo la loro curiosità anche ad alta voce.
Io, in teoria, da brava professoressa con la penna rossa, avrei dovuto richiamarli e dirgli di tornare al banco. Dopo un po' l'ho anche fatto. Ma come si fa a bloccare una curiosità così entusiasta, cosa che gli adulti, per loro limite, non son più capaci di provare?
In una struttura scolastica bisogna dir loro di tornare al posto. Se fossi io la sola autorità nella scuola, li avrei lasciati un po' ad incantarsi dinanzi al temporale che stava per venire.

Sunday, October 11, 2009

"Bordertown" di Gregory Nava

Niente male anche questo film.

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Da http://it.wikipedia.org/wiki/Bordertown

'Bordertown' è un film di produzione americana e britannica uscito il 23 febbraio 2007 nella sale cinematografiche italiane, scritto e diretto da Gregory Nava. Le star del film sono: Jennifer Lopez (anche produttrice), Antonio Banderas e Martin Sheen. Il film narra la vera storia di numerose donne assassinate in Ciudad Juarez e di una repoter americana mandata sul posto dal suo giornale per redigere informazioni.

Saturday, October 10, 2009

Anno di prova

Quando si entra in ruolo nelle scuole medie e superiori italiane è indispensabile lavorarci nel primo anno di prova. Poi c'è una buona libertà di muoversi, mantenendo il posto, chiedendo l'aspettativa. Questo è il mio anno di prova. Inutile dire che non vedo l'ora di tornare all'estero.

"Si può fare" di Giulio Manfredonia.

Film fortemente consigliato:

"Si può fare" di Giulio Manfredonia

(traduzione in americano: "Yes, we can")


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(Recensione di Tirza Bonifazi Tognazzi)

http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=56263

Milano, primi anni '80. Nello è un sindacalista dalle idee troppo avanzate per il suo tempo. Ritenuto scomodo all'interno del sindacato viene allontanato e "retrocesso" al ruolo di direttore della Cooperativa 180, un'associazione di malati di mente liberati dalla legge Basaglia e impegnati in (inutili) attività assistenziali. Trovandosi a stretto contatto con i suoi nuovi dipendenti e scovate in ognuno di loro delle potenzialità, decide di umanizzarli coinvolgendoli in un lavoro di squadra. Andando contro lo scetticismo del medico psichiatra che li ha in cura, Nello integra nel mercato i soci della Cooperativa con un'attività innovativa e produttiva.
"La follia è una condizione umana" dichiarava Basaglia, psichiatra. "In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla". Prima dell'introduzione in Italia della "legge 180/78", detta anche legge Basaglia, i manicomi erano spazi di contenimento fisico dove venivano utilizzati metodi sperimentali di ogni tipo, dall'elettroshock alla malarioterapia. Il film di Giulio Manfredonia si colloca proprio negli anni in cui venivano chiusi i primi ospedali psichiatrici e s'incarica di raccontare un mondo che il cinema frequenta raramente, non tanto quello trito e ritrito della follia, quanto quello dei confini allargati in una società impreparata ad accoglierne gli adepti. Attenzione però. Il regista evita accuratamente qualunque tipo di enfasi, sfiorando appena la drammaticità senza spettacolarizzarla, in favore di un impianto arioso, ridente, talvolta comico, letiziando lo spettatore con una commedia (umana) che diverte e allo stesso tempo fa riflettere.

Obama Nobel per la Pace

Da La Repubblica di sabato 10 ottobre 2009.


Obama Nobel per la Pace.
"Wow, non so se me lo merito"

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Non ancora, anche se le impressioni son buone. E' un Premio Nobel sulla fiducia. Congratulazioni e tanti auguri! Tutti speriamo che il futuro prossimo dimostri che lo ha davvero meritato (ndr).

Wednesday, October 7, 2009

Industria delle armi. Una delle ragioni per restare in Afganistan?

Da Il Venerdì di Repubblica del 25 settembre 2009.

Informatica nelle scuole? Non ci sono ancora i professori.

In teoria l'informatica è diventata una materia obbligatoria nelle scuole medie e superiori in Italia, anzi l'attuale Ministro dell'Istruzione enfatizza l'importanza recentemente attribuita a informatica e inglese.
In realtà non vi sono insegnanti di informatica e non si insegna, nelle medie almeno, informatica.
In molte scuole medie si risolve il problema facendo informatica nelle ore di tecnologia, altrimenti la scuola è costretta a fare un corso di informatica extra-curriculare.
Molti professori di tecnologia (ai miei tempi c'era la materia educazione tecnica) sono professori che possono saperne qualcosa di informatica, così come ne sanno qualcosa quelli di lettere o di inglese o di educazione fisica. Non sono esperti di informatica, e non lo si può pretendere: molti di loro si sono laureati quando ancora non vi erano i computer in Italia.
Occorrerebbero professori di informatica.
Credo che il ministero dovrebbe organizzare meglio la faccenda:
o si distingue tra tecnologia e informatica,
o si fanno corsi extra,
o ci si accontenta di lezioni di informatica alla meno peggio.

Tuesday, October 6, 2009

Bloccare il Lodo Alfano

Cosa possiamo fare noi cittadini questa notte per bloccare l'approvazione del Lodo Alfano? Una penitenza? Un voto a Santa Rita? Se serve ...


Da 'La Repubblica' del 6 ottobre 2009

http://www.repubblica.it/2009/10/sezioni/politica/giustizia-12/alfano-consulta/alfano-consulta.html


Ghedini: "La legge è uguale per tutti, non la sua applicazione"
La Consulta non ammette l'intervento della procura di Milano

Lodo Alfano, seduta sospesa
aggiornata la camera di consiglio


Lodo Alfano, seduta sospesa aggiornata la camera di consiglio

Gli avvocati Piero Longo e Gaetano Pecorella

ROMA - "La legge è uguale per tutti, ma non necessariamente lo è la sua applicazione", "Il premier non è 'primus inter pares' come vuole la tradizione liberale, ma 'primus super pares'". Le nuove definizioni giuridiche di Niccolò Ghedini e Gaetano Pecorella, rappresentanti legali del governo davanti alla Corte Costituzionale dove oggi è iniziato il dibattimento sulla legge che vieta i processi alle maggiori cariche dello Stato. I giudici costituzionali dopo aver sentito le parti si sono chiusi in camera di consiglio e, dopo due ore di lavoro, hanno rinviato a domani. Dunque per oggi non ci sarà l'attesa decisione.

La Consulta si è riunita al completo, con tutti e 15 i giudici. L'udienza si è aperta con un minuto di silenzio per i morti dell'alluvione a Messina. Il presidente della Corte, Francesco Amirante, ha subito passato la parola al giudice relatore, Franco Gallo, per riassumere i motivi dei tre ricorsi contro la legge che sospende i processi contro le quattro più alte cariche dello stato.

Nel frattempo televisione e fotografi sono stati fatti uscire dalla sala. Dopo una sospensione di 45 minuti, i giudici hanno deciso di non ammettere l'intervento della Procura di Milano, che non sarebbe titolata a intervenire in giudizio come parte. "Vedo negativamente l'inammissibilità", ha dichiarato l'avvocato dei pm milanesi, Alessandro Pace, "apre spiragli alla non accettazione dei ricorsi contro il lodo Alfano".

Monday, September 28, 2009

"La famiglia Savage" di Tamara Jenkins

La definizione di 'familismo amorale' è stata attribuita alla società italiana dallo studioso americano Edward C. Banfield.
Il film "La famiglia Savage" di Tamara Jenkins descrive l'incontro di due fratelli americani, che non si vedono da anni, con il padre che, prossimo alla morte, solo ora ha bisogno di loro.
Ne esce il ritratto di una società fredda e squallida, che di certo non si può accusare di familismo amorale ma che ... lo fa quasi rimpiangere.

Sunday, September 27, 2009

La Voce di Rovigo - scarso trasporto pubblico a Rovigo.


Carini i giornalisti della Voce di Rovigo.
Come dicevo due post fa, il trasporto pubblico a Rovigo non mi sembra eccellente.
Avevo segnalato alla redazione un mio problema di trasporto tra Rovigo e Canaro dopo la lettura di un articolo che descriveva i rodigini come grandi fruitori di mezzi privati ... forse proprio perché il traporto pubbico non è un gran che.
Qualche giorno fa, poi, volevo raggiungere il centro commerciale La Fattoria, che sembra frequentatissimo dai rodigini. Non so se mi hanno dato indicazioni sbagliate, ma per arrivarci mi hanno fatto scendere 1,5 km dall'area, distanza da coprire sia all'andata che al ritorno ... con borse piene di acquisti.

Riporto sopra la segnalazione da me inviata, che i giornalisti della Voce hanno voluto pubblicare.
Qualche giorno prima l'avevo resa nota nel mio blog:
http://rbarazza.blogspot.com/2009/09/poco-trasporto-pubblico-rovigo.html

Saturday, September 26, 2009

Cardinali di colore negli anni '60

Ieri sera, durante la trasmissione 'La storia siamo noi', si diceva che, negli anni '60, mentre in USA i neri non avevano neanche i diritti politici, nella Chiesa Cattolica molti coprivano il ruolo di vescovi e cardinali, come coloro che, in quegli anni, parteciparono al Concilio Vaticano II.

Mi ha colpito. Le due cose, separatamente, sono ben note, ma non mi era mai venuto in mente quest'accostamento.

Monday, September 21, 2009

Poco trasporto pubblico a Rovigo

A pag. 3 della 'Voce di Rovigo' del 21 settembre 2009 c'è un articolo su
'Rovigo, una provincia al volante'.
'I polesani percorrono mediamente 15.561 km annui, 3mila più della media nazionale.'


Non ho problemi a crederlo! Uno dei miei capi se l'è presa con me perché, spostandomi solo con mezzi pubblici, non riesco a raggiungere una delle scuole in tempi ragionevoli.
Ho voluto mandare alla 'Voce di Rovigo' il mio commento:

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Buongiorno. Ho letto nella Voce di Rovigo di oggi 21 settembre l'articolo a pag. 3
'Rovigo, una provincia al volante' di Francesco Campi.

Nessun articolo può esaurire un argomento complesso, ma ho notato che non si è neanche accennato ad un problema fondamentale, secondo me, per il trasporto di Rovigo: la scarsità di mezzi pubblici.

Sono di Treviso, insegno a Rovigo e Canaro, e lo scorso anno insegnavo a Bologna.
Qualche giorno fa il capo di una delle due sedi si è arrabbiato con me perché, non avendo la macchina e usando mezzi pubblici, non riuscivo a raggiungere Canaro da Rovigo in tempi ragionevoli.
Canaro dista da Rovigo 15 minuti in treno e mezz'ora in pulman.
Se io finisco le lezioni in una scuola alle 9 a Rovigo, posso essere a Canaro solo alle 11.26, considerando sia treni che corriere.

Lo scorso anno e l'anno prima ho insegnato a Bologna, che è un paradiso per quanto riguarda mezzi pubblici.
Ho insegnato a Bologna, Budrio, Imola e vissuto a Bologna, Budrio, Casalecchio in due anni.
Mi spostavo tra casa e le varie scuole con una velocità esemplare.
Aggiungo che Budrio, ad esempio, è un paese che non si trova lungo linee ferroviarie importanti, ma la Regione Emilia Romagna ha costruito una ferrovia regionale che tocca le zone più interne ed ha frequenti collegamenti.
Canaro si trova tra Ferrara e Rovigo, quindi in una linea ferroviaria essenziale per tutto il paese, eppure le ferrovie offrono solo 5 corse al giorno.
Se ho bisogno di andare a S.Maria Maddalena di Occhiobello, da Ferrara c'è una corsa ogni mezz'ora.
Se voglio andare a S. Maria Maddalena o a Canaro da Rovigo, ci saranno 5 o 6 corse al giorno con una linea privata di pulman.
S.Maria Maddalena è in Veneto, e Ferrara in Emilia. Canaro e Rovigo sono entrambi in Veneto, quindi mi aspetterei maggiori collegamenti regionali.

L'articolo di oggi diceva, appunto, che i rodigini guidano la macchina molto più della media nazionale.
Si può capire: non è tanto per l'estensione del territorio, io penso, ma per i pochi mezzi pubblici.
Ogni amministrazione locale fa quel che vuole, ma se circolano troppe auto non dipende dal DNA degli abitanti.
A Ferrara gli spostamenti, non solo con mezzi pubblici, ma con le bici, sono oggetto di una politica estremamente incoraggiante che premia queste scelte economiche ed ecologiche.
Dipende molto dalle decisioni prese in alto.

Non è una critica a nessuno. Volevo solo commentare e dare qualche informazione.
Grazie e cordiali saluti,
Roberta Barazza

Saturday, September 19, 2009

Occupazione dell'Afganistan.

Ma perché ci sono le truppe alleate in Afganistan?
Di solito si giustifica la loro presenza con questi due motivi:

1. I terroristi delle Twin Towers e i loro sostenitori sono nascosti in Afganistan.
2. Bisogna sostenere la svolta in senso democratico di quel paese.

Naturalmente gli eventi dell'Afganistan e dell'Iraq sono molto legati.
L'occupazione dell'Iraq si è rivelata una messinscena micidiale per il popolo iraqeno. Il presidio militare, guidato da Bush, è apparso infondato e basato su menzogne.

L'Afganistan sembra più giustificato perchè, molto probabilmente, Bin Laden si nasconde in Afganistan, e perché i telebani effettivamente sostengono il terrorismo nel loro e in altri paesi.

Se ritorniamo al primo dei motivi sopra accennati, si potrebbe obiettare che i terroristi sono una cosa e il popolo afgano un'altra.

Facciamo un parallelo ipotetico: 10, 20 o 50 terroristi italiani attaccano le Torri Gemelle. Inconcepibile? Piuttosto fantascientifico, ma in Italia le Brigate Rosse non simpatizzavano molto per gli States. Ammettiamo l'ipotesi. Cosa fanno gli USA? Invadono l'Italia per catturare i 50, o i 100 terroristi colpevoli. Impensabile, no? Ma l'Afganistan non è l'Italia; è un paese disastrato e occuparlo non incontra l'ovvia opposizione che incontrerebbe in Italia. Se il paese è debole, i forti fanno un po' quel che vogliono.

Gli USA hanno tutto il diritto di catturare i terroristi che hanno causato il disastro delle Twin Towers, ma non di uccidere, senza tanti scrupoli, chi non c'entra niente, come le moltissime vittime civili. Stanno distruggendo un paese per catturare solo i terroristi, che è giusto catturare. Dicevano la stessa cosa anche in Iraq: dobbiamo trovare le armi di distruzione di massa, dobbiamo trovare i terroristi. Si è rivelato tutto un bluff.

Ci sono delle regole internazionali, ma gli USA non vi si sono mai troppo attenuti.
Quando è giustificata l'invasione di un paese straniero? Nel caso in cui quest'ultimo attacchi qualcun altro, cioè in caso di legittima difesa.
Non è questo il caso dell'Afganistan. L'Afganistan, e l'Iraq prima ancora, non hanno attaccato gli USA. Lo ha fatto un gruppo di terroristi di varie nazionalità, che non possono essere identificati con un'unica nazione.
E' un problema di peace-keeping, come dice anche la sinistra italiana? Ma ci credono tutti! E' diventato un vero e proprio macello, e la sola presenza straniera è motivo di violenza e morte.
Dicevamo: quando è giustificato un intervento militare? Per difesa. Oppure per difendere i diritti di qualcuno. Ma il conflitto in Afganistan parte proprio dall'intenzione di punire i terroristi, quindi è infondato. Per difendere i diritti degli afgani? Questo sarebbe importantissimo, ma mi risulta che nessun singolo stato possa prendere decisioni simili concretizzandole con arbitrarie invasioni militari. E' una decisione che spetta solo all'ONU.

Motivo n. 2. Gli USA vogliono imporre la democrazia in un paese che non la conosce. La parola 'imporre', però, già si scontra col termine 'democrazia'. Ma se questo è il motivo, allora ci si può organizzare per un bel po' di altri paesi non democratici nel mondo. Non c'è che l'imbarazzo della scelta.

Insomma, sembra che entrambi i motivi siano molto discutibili.
Gli Afgani sanno bene cos'è l'invasione straniera, poveri loro: russi, USA, gli alleati occidentali, per citare soli i più recenti. Contro tutti gli invasori hanno sempre avuto dalla loro parte il paesaggio del loro paese, montagnoso e arido, che ha da sempre protetto gli afgani e messo nei guai gli invasori costringendoli, alla lunga, alla fuga.

I telebani sono un problema serio, ma a me sembra che questo non giustifichi un'occupazione militare straniera. Altri aiuti, o presenze legittime dell'ONU, posso essere mandati in Afganistan per sostenere i diritti umani, la giustizia e lo sviluppo economico. Si consideri inoltre che la presenza militare in sè è un moltiplicatore degli scontri e della violenza. Forse si riesce a difendere alcune persone dai telebani, ma il più degli attacchi terroristici è una reazione proprio agli occupanti stranieri.

Monday, September 14, 2009

Boicottiamo 'Porta Aperta'.

Pensavo che almeno RAI3 un minimo di autonomia dalle scelte del governo ce l'avesse.
Ma l'opposizione esiste?
La sostituzione di 'Ballarò' con 'Porta Aperta', con protagonista Berlusconi sullo stesso tema che 'Ballarò' voleva trattare, ha un evidente significato politico.
Spero che il maggior numero possibile di italiani boicotti la trasmissione.

Saturday, September 12, 2009

Il Festival di Venezia non interessa agli italiani?

Normale?
TG2 delle ore 8.00 di domenica 13 settembre 2009.
Il Festival di Venezia si è concluso ieri sera. Mi pare lecito un grande interesse sui vincitori.
Il TG2 della mattina dopo presenta vari fatti di politica e di cronaca, poi un servizio su una partita di calcio, un servizio su un incontro di pugilato, uno sulla futura Miss Italia, e solo dopo il servizio sul Festival di Venezia.
Abbiamo capito, dalle parole di Brunetta, che i cineasti non sono molto simpatici al governo, ma ...

Berlusconi. Successo nel privato ma non come politico.

Penso che Berlusconi possa compiacersi di aver fatto enormi cose come privato cittadino: molto lavoro, grandi imprese, ha dato lavoro a un sacco di gente, ha messo da parte grandi ricchezze. Credo che un personaggio come lui possa compiacersi di un successo concreto consistente.
Però dovrebbe capire che come rappresentante politico non funziona proprio. Che abbia il consenso popolare non dice molto del valore di ciò che fa.
Come rappresentante delle istituzioni, dà un'immagine dell'Italia che è negativa, ridicola. Sembra un personaggio dello spettacolo; non ha l'autorevolezza, la cultura e la serietà che sono necessarie per rappresentare alte istituzioni politiche.
Fini rappresenterebbe l'Italia molto meglio di Berlusconi. A parte che piace sempre meno alla destra.
Berlusconi può compiacersi di aver fatto grandi cose come imprenditore, ma lasci perdere le istituzioni. Non è necessario che ognuno sia di successo in tutti i settori. E' impossibile.
Questo vale in considerazione soprattutto del conflitto di interessi, della dubbia manipolazione di soldi per giri di sesso e potere, e del suo comportamento in generale che, per un personaggio pubblico, è inaccettabile.

Supplenze. Un'anomalia italiana?

Secondo me la situazione della scuola italiana è quanto mai anomala. L'anomalia è la figura del supplente.
In nessuna struttura, anche pubblica, esistono i supplenti. Se uno lavora come segretario in un'amministrazione pubblica o privata, firma un contratto, di un anno, due anni, dieci anni, e deve rispettare i termini del contratto. Se fa assenze oltre il suo diritto, perde il contratto.
Nella scuola si inizia con un insegnante che firma un contratto, ma sembra che abbia diritto a un sacco di assenze se occorrono tutti questi supplenti.
Che io sappia nessun posto di lavoro ha questo rifornimento di supplenti precari tappabuchi, pronti a coprire anche solo pochi giorni per sostituire un lavoratore.
Questa è un'anomalia.
Secondo me dovrebbe funzionare così: una persona vuole diventare insegnante? Studia per questo scopo. Dopodiché lavorerà o non lavorerà a seconda che ci siano posti vacanti o meno.
Ma una volta firmato il contratto con una scuola, quell'insegnante è tenuto a svolgere tutte le sue ore di lezione. Non è normale che possa essere sostituito da un supplente. Da nessuna parte funziona così. Se una persona viene meno ai suo obblighi, perde il contratto. Invece nella scuola pubblica italiana uno firma, ma se manca c'è tutta una riserva enorme di supplenti tappabuchi a disposizione del Ministero dell'Istruzione, che servono da precari e che arrivano ad un posto decente e fisso solo dopo 10, 20 o 30 anni di insegnamento alla meno peggio.
Secondo me tutto questo sistema non funziona. Forse sarebbe opportuno provatizzare la scuola nel senso che ogni scuola assume chi vuole e può firmare con un insegnante un contratto lungo o breve, nel quale però non è previsto, se non nei termini minimi della legge, la possibilità di essere sostituiti da un supplente.
Si dirà che in questo modo viene meno il posto fisso. Onestamente, chiamare un posto fisso un contratto che per molti arriva ai tempi della pensione, mi sembra un po' paradossale.
L'enorme carrozzone dell'apparato dell' Istruzione funziona male. Trattiene per il proprio comodo, e anche per il comodo degli insegnanti, migliaia di insegnanti che accettano la precarietà pur di avere un giorno il posto fisso.
Un po' se la vogliono gli insegnanti. Si accontentano di un posto bucato di qua e di là per non cercare posti più consistenti. Ma è anche comprensibile che tutti cerchino il posto fisso. In teoria è una soluzione attraente, in realtà ci arrivi a 40 anni, a 50 anni, quindi nel frattempo ti sei giocata mezza vita in posti tappabuchi.
Io penso che non abbia più molto senso questo sistema. Mia sorella, che vive a New York, dice che lì i posti sono tutti 'at will', cioè quando il lavoratore o il datore di lavoro, pensano che il rapporto di lavoro non debba più andare avanti, semplicemente si rompe il contratto e si cercano altri lavori. E' vero che le offerte di lavoro sono maggiori lì che da noi, ma se anche in Italia ci fosse maggiore flessibilità, forse sarebbe anche più facile trovare posti vacanti.
Se in Italia non esistessero le GRADUATORIE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE (questo, secondo me è il problema da abolire), ogni insegnante, con il suo bravo titolo e abilitazione, manda il proprio CV ad ogni scuola, e, semplicemente, quando la scuola ha bisogno di un insegnante, il suo CV viene considerato.
In Italia le scuole DEVONO rispettare queste graduatorie che sono piene di precari. Pochi fortunati al top avranno presto il posto fisso, ma poi ci sono migliaia di precari che stanno lì in attesa di poche ore l'anno, fino al posto fisso.
Se invece un insegnante non assunto potesse mandare liberamente il suo CV ad ogni scuola e essere assunto se la scuola ne ha bisogno, forse ci sarebbe meno girotondi assurdi di suppplenti-dei-supplenti-dei-supplenti-degli-insegnanti-di-ruolo, e sei sicuro di lavorare almeno per un anno o due o di più dopo un periodo di prova.
Le graduatorie del Ministero da una parte promettono, come un miraggio lontano, il posto fisso, dall'altra IMPEDISCONO agli insegnanti un posto certo anche solo per qualche anno, perchè tutte le scuole devono attingere solo da queste graduatorie. In cambio di un lontano posto fisso, il mastodontico sistema delle graduatorie ministeriali BLOCCA moltissime persone che non possono lavorare con continuità anche solo per uno o pochi anni, costringendoli ad accontentarsi di tappare i buchi, in attesa, appunto, del contratto a tempo indeterminato.
All'estero non funziona così. Ogni scuola ha la possibilità di impiegare chi gli presenta un CV adatto al posto di lavoro.
Il nostro è un sistema socialisteggiante, basato sullo stato assistenzialista garante del posto fisso, ma alla fine uno anzichè lavorare, lavoricchia per anni e anni, a scapito della sua carriera e di un lavoro di qualità. Lo stato, piuttosto, farebbe meglio a potenziare le fonti si sostegno al reddito in caso di momentanea disoccupazione.

Daddario

Berlusconi dice che non è vero che non c'è libertà di espressione in Italia.
Sarà, ma è strano che la Daddario, che ha avuto il merito di far vedere gli squallidi retroscena della vita del premier, non sia per niente protagonista di spazi mediatici in Italia, a parte i commenti SU di lei, che abbondano.
In Svizzera, in Spagna e in altri paesi, la Daddario ha avuto spazi da protagonista nei media.
Io credo che meriterebbe maggiore considerazione e sostegno in Italia, perchè ha dimostrato un grande coraggio e perché ha incrinato la stabilità di un governo che meriterebbe l'impeachment.

Thursday, September 10, 2009

Berlusconate

Tarantini afferma che Berlusconi non sapeva che le ragazze che passavano la notte con lui a Villa Certosa erano pagate.
Diamogliela per buona: nessuna simile chiara spiegazione al premier da parte di Tarantini.
Ma Berlusconi neache lo immaginava?
Anima pura e innocente! Deve avere un'opinione smisurata del suo charme. Lui crede davvero che così tante belle donne di 20, 30 o 40 anni siano disposte a stare con lui perché è un uomo irresistibile?

La cosa assomiglia molto al delirio di onnipotenza politica a cui abbiamo dovuto assistere in questi giorni. E' convinto che il suo sia il governo più straordinario che il popolo italiano abbia mai avuto. Forse gli farebbe bene un ripassino in storia. Sorprendente la mancanza di buon senso. Se io fossi convinta di fare cose straordinarie, lo farei capire, magari, ma sbandierarlo con tale sicurezza e sfacciataggine e porsi al di sopra di tutti senza un confronto concreto con le altre esperienze politiche, fa pensare che sia davvero un delirio. Sarebbe bello se qualche studioso di storia proponesse un incontro pubblico con Berlusconi su questo tema per discutere della sua leadership confrontata con quella degli altri statisti italiani.

Emigrazione e Europa

Secondo me si risolve parzialmente il problema dell'emigrazione in Italia facendo diventare l'Italia una regione europea. Cosa che è ancora solo in teoria.
E' vero che l'Italia si sobbarca più di qualsiasi altro paese europeo il peso dell'emigrazione clandestina, specie con gli sbarchi sulle coste siciliane. Grecia e Malta sono molto meno disponibili dell'Italia (se non consideriamo le recenti chiusure del governo italiano); e anche in Spagna è molto più difficile essere accettati.
Ma è anche vero che moltissimi di quelli che sbarcano hanno il sacrosanto diritto all'asilo politico. Anzi, è strano che chi ha già il diritto all'asilo, anche nella sua patria, sia costretto a rischiare la vita per vederselo riconosciuto.
Penso che una soluzione sia fare in modo che gli sbarchi in Italia siano sbarchi in Europa, e che i clandestini possano essere accolti in tutti i paesi europei per la verifica del loro diritto all'asilo.
Molti disprezzano il sistema di controlli italiano 'a frontiere bucate', ma io penso invece che, rispetto a Malta e Grecia, l'Italia possa vantarsi di aver permesso a moltissime persone il riconoscimento dei propri diritti e l'inizio di una vita dignitosa. Ma è giusto che l'Europa condivida quest'onere e giustissimo che a chi ha questi diritti, continuino ad essere riconosciuti.

Tuesday, September 8, 2009

Problemi italiani

Mi sono laureata nel 1995 a Udine. Ma da allora ho sempre continuato a studiare o a collaborare con varie università: Udine di nuovo, Klagenfurt, Venezia, Urbino, Varsavia, Skopje, West Lafayette.
Venezia 2001. Insegnavo e frequentavo le università di Venezia e Udine. All'improvviso, stalking. Ho interrotto bruscamente tutte le attività, a parte l'indispensabile, cioé il lavoro. L'inferno. Non era più possibile neanche uscire di casa. Ho rinunciato a tutti i miei programmi di studio. Da un giorno all'altro. Ma nessuno sembrava essersene accorto. Nelle università devono esserci molti miopi.
Lo stalker non ha niente a che fare con l'università, anzi sembra di infimo livello culturale. E' incredibile quanto gli italiani difendano questi delinquenti, solo perché maschi. Mentre i più brillanti, i più intelligenti non vedono niente.
Questa è la società italiana.
Ora (son passati quasi nove anni!) che il problema è più leggero, mi piacerebbe riprendere a studiare.
Ma non nelle università italiane.

Sunday, September 6, 2009

Emigranti respinti. "Presa diretta" di Iacona.

Interessantissimo, come al solito, il programma di Iacona su RAI3, questa sera.
Tema: gli emigranti africani respinti in mare prima di arrivare in Sicilia, e ricacciati in Libia.
Con una certa soddisfazione mi sembrava di ripercorrere, nella prima parte del programma, il mio stesso lavoro che ha portato alla stesura di "Storie di emigranti": l'ascolto del racconto dei clandestini provenienti dal Corno d'Africa, la ricostruzione del loro percorso nelle carte geografiche, e il confronto con documenti e testimonianze, tra cui, tra l'altro, il sito "Fortezza Europa", in cui anch'io ho trovato la conferma di molte drammatiche informazioni.

A parte questo, quel che mi ha colpito nel programma è l'accostamento del discorso del premier Berlusconi a quello di Gheddafi in occasione della visita di quest'ultimo alla Sapienza di Roma.
Il nostro premier parla della proficua collaborazione tra l'Italia e la Libia in tema di respingimento dei clandestini del Corno d'Africa che, quasi tutti, hanno diritto all'asilo politico. Gheddafi risponde ridendo del loro presunto diritto d'asilo: dice che quella gente viene dalla foresta, che loro hanno bisogno solo di mangiare e che è ridicolo pensare che milioni di africani possano pretendere l'asilo politico in Europa. Questi due discorsi accostati sono tremendi: altro che scoop! Il nostro premier, diplomatico e ipocrita, sottolinea i rapporti 'corretti' e di collaborazione tra i due paesi, di certo sapendo che Gheddafi se la ride dei diritti umani di quella gente. Berlusconi sembra voler credere che la Libia è pronta a rispettare i diritti delle persone che l'Italia rispedisce lì, anzi dice che gli emigranti possono chiedere in Libia l'asilo politico. E, subito dopo, il sarcasmo crudele di Gheddafi che non si fa problemi ad ammettere che quelle persone se lo possono scordare il diritto d'asilo. Nel seguito del servizio, poi, immagini e video sulle violazioni gravissime dei diritti umani nei confronti degli stranieri in Libia.

Non so se il discorso del premier più quello di Gheddafi sono stati accostati per un montaggio a posteriori, ma sembra proprio di no: era nell'occasione della visita di Gheddafi alla Sapienza e c'era anche Berlusconi.
La cosa che mi colpisce è che questo scambio sia saltato fuori solo per un reportage costruito mesi dopo, e non subito, non durante quei giorni stessi. Ovviamente si è parlato delle violazioni dei diritti umani in Libia, delle critiche a Gheddafi, ma io non ricordo queste parole precise. Ricordo che Gheddafi parlava della sua rivoluzione verde, della sua indifferenza per la democrazia, ma quel discorso preciso ed agghiacciante, subito dopo le parole diplomatiche di Berlusconi, non era stato trasmesso per niente.
E' talmente sconvolgente il contrasto tra l'ipocrisia di un premier occidentale, e la palese criminalità ostentata dal leader africano, che non poteva non comparire immediatamente su tutti i giornali e sconvolgere l'opinione pubblica. Avrebbe dovuto rimbalzare su stampa e tv per giornate intere. E invece sembra un servizio inedito fino a questa sera.
Mi vien da pensare a quel che dicono i giornali stranieri: che la stampa e le tv italiane sono troppo morbide e acquiescenti al potere; non hanno il coraggio di criticare troppo, o forse temono un premier che è pronto a denunciarli anche solo per delle domande.

Luoghi comuni?

Due luoghi comuni riguardano gli italiani:

1. gli italiani si esprimono in modo complicato, astratto, retorico, indiretto ... giri di parole, metafore poco chiare ...

2. gli italiani sono un popolo piuttosto ambiguo, oscuro, un po' imbroglione. Nella vita politica le cose contorte e poco pulite sono la regola.

Le due cose, si può facilmente presumere, non sono slegate.

Imparare l'inglese ha un vantaggio in più: si deve imparare a semplificare i propri pensieri, a renderli più chiari e comprensibili, a non svolazzare per comodo tra paroloni astratti e parole copri-vuoto, ma ad assicurare sempre una corrispondenza tra le parole e la realtà concreta. E' un esercizio importante, quasi etico.

Friday, September 4, 2009

Palestina. Il rapporto Sasson.

Sembra che la maggior parte degli insediamenti israeliani in Palestina siano illegali, all'insaputa, ufficiale, delle autorità politiche israeliane.
Il governo israeliano 'tollera' un crescente numero di insediamenti ebraici in Palestina. Ci si scandalizza quando i Palestinesi parlano di occupazione israeliana?
Il Rapporto Sasson lo ha già messo in evidenza nel 2005, ma sembra che i potenti di tutto il mondo preferiscano ignorarlo.

Si legga Wikipedia:

http://en.wikipedia.org/wiki/Sasson_Report

o l'articolo di Simonetta Cossu:

http://pensatoio.ilcannocchiale.it/2009/02/22/simonetta_cossu_rapporto_israe.html

Saturday, August 29, 2009

Firma per difendere la libertà di stampa in Italia

Il nostro Presidente del Consiglio non solo si è comportato in modo tale da suscitare prese di posizione che, in altri paesi democratici, lo avrebbero già privato del suo ruolo istituzionale, ma crede pure di non dover rispondere alla stampa di ciò che fa. Cosa inammissibile per una figura pubblica istituzionale.
Si è permesso di denunciare La Repubblica non per averlo diffamato o offeso, bensì per aver pubblicato 10 domande che i giornalisti rivolgerebbero al Premier se costui si degnasse di rispondere del suo comportamento.

Invito chiunque a firmare per sostenere la campagna promossa da Repubblica a favore della libertà di stampa.
Se persone ricche e potenti si permettono di zittire singoli cittadini e organi di informazione, la libertà di espressione in Italia è in pericolo:

http://temi.repubblica.it/repubblica-appello/?action=vediappello&idappello=391107



(Meglio farlo sapere in giro:

http://barazzaroberta.blogspot.com/2009/08/support-campaign-to-defend-freedom-of.html )

Thursday, August 27, 2009

Cassonetti pubblici e privati

Quando, lo scorso anno, vivevo a Bologna mettevo tranquillamente l'immondizia differenziata in cassonetti pubbici che trovavo un po' ovunque.
Sono qui a Treviso per pochi giorni e scopro che, praticamente, se non hai un cassonetto rigorosamente privato, non puoi buttare l'immondizia da nessuna parte.
Non mi sembra tanto intelligente: si rischia di buttare molte cose senza differenziarle. Chi vive qui per molto tempo, ovviamente, è tenuto ad avere cassonetti privati, è assurdo che non si possa differenziare se si è qui per pochi giorni. Mi sembra una politica molto leghista: egoismo che alla fine si ritorce contro chi ne è l'autore.

Wednesday, August 26, 2009

Dei Baroni non si sa niente (?)

http://www.nazioneindiana.com/2009/07/23/dei-baroni-non-si-sa-niente/


Volevo far conoscere le riflessioni di questa signora, Gilda Policastro, che commenta il libro 'I Baroni' di Nicola Gardini.

Mi sembrano parole fumose e altisonanti usate per nascondere e giustificare un imbroglio frequentissimo nelle istituzioni accademiche italiane.

Sotto il suo commento riporto le mie riflessioni.


di Gilda Policastro

Se il valore del libro di Nicola Gardini si dovesse misurare soltanto in relazione al tema annunciato dal titolo, I Baroni (Feltrinelli, 2009) e dallo strillo di copertina (“come e perché sono fuggito dall’università italiana”), il j’accuse lanciato dalla prospettiva dell’exul immeritus (Gardini è ora docente di Letteratura italiana e comparata a Oxford) e la comedía ivi inscenata, con i nomi tutti falsi di persone tutte vere, sentirebbero più del livore personale, e di una vendetta servita a freddo e senza pericolo, che della lucida analisi di un problema scottante. Del resto, il male dell’università è forse da individuarsi meglio in un cursus intollerabilmente lungo e privo di un approdo sicuro che nella corruzione dei singoli protagonisti.


Da questo punto di vista, concentrando invece l’attenzione sulle vicende personali e i macchiettistici individui che se ne rendono via via comprimari, dal problema strutturale si svierebbe verso quello contingente, non senza una patente contraddizione di fondo: se quell’ambito lavorativo si mostra così impresentabile, perché volerne far parte a tutti i costi, come parrebbe del Gardini agens?

Ma, per fortuna, così non è. I baroni non parla solo dell’università italiana come sistema incancrenito di rapporti di potere, di scambi di favori, di connivenze di tipo più o meno mafioso (così, almeno, ce la racconta il Gardini auctor, che, si badi, perlomeno nelle ultime pagine del libro non nega le proprie responsabilità, integrando opportunamente il j’accuse col mea culpa).

La chiave del libro è, invece, il passaggio in cui l’auctor-agens si definisce «ambizioso ma non competitivo», e l’ottica entro cui se ne può valutare retrospettivamente la tesi si fa perciò più interessante nel particolare e più persuasiva sul piano gnoseologico: lo scontro tra il reale e l’ideale, tra la pretesa diciamola romantica, idealista (o infantile) di trovare inverate le proprie aspettative “poetiche” (di bellezza, resistenza al tempo, armonia coi propri simili) in un mondo che si racconta più fedelmente con una prosa sconcia e volgare, le strategie perenni, i sotterfugi, le menzogne, non ultima l’inflessione intrinsecamente meridionale dei Baroni. Tra le pagine migliori, vi è infatti quella in cui Gardini contrappone al Barone per l’appunto il Poeta: questi, escluso dall’ingranaggio sociale perché incapace, avrebbe detto Pirandello, di “comunque vivere”; l’altro, pienamente integrato in un sistema in cui non contano le persone, ma le funzioni.

Il pungolo ai sognatori pare allora l’obiettivo primario del discorso, perché il loro più autentico sentire non soccomba fatalmente alle imposizioni autoritarie e brutali, e possa invece manifestarsi libero e appassionato. Gardini, cioè, voleva un posto nell’università italiana come l’amante attende corrispondenza dall’amato: l’intensità e la purezza del sentimento creano di per loro delle aspettative, anche quando l’amato si mostri alla prova del vero corrotto e meschino, e la reciprocità e irrecusabilità d’amore (per dirla alla Contini) non meno improbabili dell’agognata corrispondenza tra lo studioso (o il Poeta) e il Barone. Sempre che queste due figure non riguardino, dunque, solo l’università, ma la vita di ciascuno, entro un destino comune che, come emerge con crudezza dal resoconto, quasi impietoso, della malattia del padre, ci riduce inevitabilmente, prima o dopo, a cose inermi: e la nudità «dalla cintola in giù» del «demente», rovesciando vettorialmente la citazione del fierissimo Farinata dantesco, rende nel libro forse meglio dei troppi rimandi esibiti la verità della letteratura che sostiene la vita, che la accompagna, che ne medica i mali.

Conseguentemente, il racconto della morte, rimosso sociale più forte della nostra epoca, vale a recuperare a posteriori un senso per l’esperienza anche più tragica («per me la felicità ha a che fare con il passato», leopardianamente).

L’ «ambizione» di Gardini pare consistere, in definitiva, in un confronto coi simili, dove ve ne siano, meno segnato dall’aridità del contingente: al di là dei sassolini di cui pure la scarpa palesemente era ingombra.
[Questa nota è uscita sul quotidiano Liberazione]


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  1. Roberta Barazza
    Pubblicato 26 Agosto 2009 alle 18:30 | Permalink

    Mi permetto di suggerire una risposta alla domanda di Gilda Policastro, che riporto:

    “Detto diversamente: se l’introduzione di criteri oggettivi per la valutazione dei titoli (sia pur con tutti i limiti che l’attribuzione di un punteggio, per dire del più importante, a una pubblicazione in base alla sua sede) si deve (sic!) alla riforma Gelmini (peraltro non ancora in atto), e per decenni il criterio selettivo sono state invece prevalentemente le prove scritte di concorso, tu al posto di un docente che avesse i titoli e le competenze per giudicare un candidato (dunque nella migliore delle ipotesi, cioè al posto di un docente preparato e onesto), come ti saresti regolato di fronte alle prove pressoché equivalenti di un candidato interno e uno esterno, il primo dei quali avesse speso anni della sua formazione accanto a te e sotto il tuo magistero, magari collaborando, come da prassi, alla didattica, agli esami e tutto il resto: a parità di merito, ripeto, non avresti favorito il candidato interno?

    La risposta, piuttosto ovvia è che nelle università - aimé soprattutto straniere - più intelligenti non fanno concorsi truffa come in Italia e, per rispondere più precisamente, se, come in Italia, organizzo un concorso truffa e poi devo scegliere tra un candidato interno e altri - a parità di punteggio per il tema del concorso, nelle università più decenti si sceglie quello che ha il CV PIU’ BRILLANTE. Anzi all’estero non si fanno per niente i concorsi disonesti che ci sono in Italia ma semplicemente si manda il proprio cv e se le proprie credenziali sono brillanti si è scelti per queste. In Italia i concorsi delle università sono perlopiù una presa in giro che costa molti soldi ai contribuenti, sono pilotati, anzi il vincitore è già stato scelto, il tema spesso suggerito, il concorso spesso costuito ad hoc sul cv della persona che ha già vinto prima di farlo e, last but first, non conta se uno ha un cv brillante. Se uno ha passato magari 10 anni in un brillante centro di ricerca negli USA, spesso viene superato da chi ha a malapena qualche modesta pubblicazione in riviste solo del proprio istituto. La Sig.ra Policastro lamenta che è difficile determinare criteri oggettivi per valutare quale siano le esperienze accademiche più brillanti? Poverina, davvero lacerante.
    Un criterio di scelta è, ad es, le pubblicazioni a livello internazionale, che di solito valgono di più delle pubblicazioni che girano solo nel proprio istituto e che spesso sono fatte solo per avere una pubblicazione e che non valgono molto.
    Che cosa farei se il candidato interno e quello esterno hanno passato con voti uguali? Sceglierei non il candidato interno, ma quello che ha il miglior cv, quello che fatto brillanti esperienza anche internazionali. Elementary, Watson!
    Ho apprezzato moltissimo il libro di Gardini.
    Roberta Barazza

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Sopra il commento da me pubblicato su www.nazioneindiana.com . Aggiungo che se quei signori continuano a scegliere i loro protetti anzichè persone con cv brillante e competitivo, l'università italiana sarà sempre più provinciale, chiusa, in stile 'familismo amorale'.

Saturday, August 22, 2009

Dimmi che spesa fai e ti dirò di che linea politica sei.

Andare al supermercato è, ovviamente, un atto profondamente politico.
Al supermercato uno sceglie tra prodotti ecocompatibili e non, e quindi tra chi sostiene o meno, in parlamento, scelte ecologiste.
Uno può decidere se essere equosolidale e sostenere popolazioni sfruttate dai grandi cartelli industriali, o se preferisce difendere i prodotti locali e, con essi, la linea protezionistica di certi partiti politici.
Il riso Basmati è una diavoleria da rifiutare, secondo Zaia e molti leghisti. Recente è la risposta di una parlamentare di AN che chiede di boicottare i prodotti padani, comprando al sud solo beni di consumo meridionali.
Certe supermercati, come la COOP, hanno già una certa coloritura politica, per cui suppongo che simpatizzanti di AN o della Lega non siano tra i loro clienti più affezionati.
Si possono sostenere o rifiutare, insieme al supermercato, anche certe sue iniziativie sociali o umanitarie, come progetti di sviluppo terzomondisti per cui, ad esempio la Lega, non sembra stravedere.
Si può andare al supermercato con la borsa di stoffa piuttosto che abusare nell'acquisto di borsette di plastica non ecologiche.
Si può pagare con la carta di credito di una banca etica, piuttosto che con quelle del Banco Ambrosiano che rappresenta ben note vicende politiche.
Insomma ... dimmi che spesa fai e ti dirò di che linea politica sei.

Elefantiasi burocratica italiana

Ci si lamenta dell'evasione fiscale, ma certe leggi e regole dello stato italiano sembrano addirittura incoraggiarla.
Quando ero in America ho potuto affittare per un mese un appartamento con un regolare contratto d'affitto, per il quale non ho pagato nulla. L'ho poi potuto regolarmente denunciare nella dichiarazione dei redditi.
In Italia se non si fa un contratto di almeno un anno, nessuno affitta in modo regolare gli appartamenti. E, mi si permetta, hanno un po' ragione, perché se io affitto per un mese, per un contratto regolare dovrei pagare almeno un'altra mensilità.
Se ci fosse una burocrazia più agile e intelligente, il nero emergerebbe perché conveniente.

Provveditorati

In ruolo alle medie! Sono molto contenta. Mi hanno detto che il prossimo anno dovrei entrare in ruolo alle superiori, per cui fare un anno alle medie mi piace e sono molto curiosa di sapere com'è.

Però ... questo è quello che è successo al provveditorato di Verona.
Una persona è convocata per il ruolo. Sceglie la provincia. Poi le danno una lista di scuole da scegliere.
Se non si sceglie la propria provincia, difficile conoscere tutti i paesi e paesetti delle altre province. E l'elenco che danno è così 'preciso' che c'è scritto SM (cioè Scuola Media) con un nome accanto. Quel nome può essere il nome della scuola stessa o del paese, senza la minima differenza grafica.
Volevo scegliere le scuole del capoluogo di provincia. Ma non c'era scritto da nessuna parte il nome del capoluogo.
Va' beh, dico, scegliamo due paesetti, un po' a caso. Poi uno l'ho trovato nella mappa, e l'altro no. Ho pensato che sarà una minuscola frazione non segnata nella cartina. E invece no. Ho scoperto poi, a casa, che la 'minuscola frazione' era, in realtà, il nome della scuola, e che si trovava ... nel capoluogo di provincia.
I consulenti del provveditorato, che erano lì per aiutare a compilare le proposte di assunzione, ne sapevano quanto me: non avevano idea di dove si trovassero le scuole. Gli ho detto che mi sembrava mio diritto, prima di accettare, sapere dove si trovavano le scuole ...

Lo scrivo perché mi sembra la solita scandalosa approssimazione in salsa made in Italy.

Thursday, August 20, 2009

"Valzer con Bashir" di Ari Folman

Bellissimo "Valzer con Bashir" di Ari Folman.
E' un film con immagini a fumetti.
Il protagonista è un cineasta, ex-soldato israeliano, che ha combattuto durante l'invasione del Libano, nei primi anni '80, e il massacro di Sabra e Shatila.
Non ricorda niente di quegli anni. Una conversazione con un amico suscita in lui un primo ricordo.
Dovrà parlare con colleghi, amici, psicologi e testimoni di quegli eventi per ricostruire nella sua mente i ricordi di quegli anni. Ricordo dopo ricordo riaffiora il suo passato. Rimane un ultimo tassello, la rimozione più intransigente: la strage di Sabra e Shatila. Con un amico psicologo capisce che cosa ha cancellato totalmente quelle immagini: il senso di colpa.
Solo accettando il fatto che non poteva agire diversamente, potrà recuperare anche questi ultimi brandelli del suo passato.
Ma il film non è solo una storia individuale: l'assassinio di Bashir Gemayel, la rappresaglia dei falangisti cristiano-libanesi sostenuti dagli israeliani, il massacro di Sabra e Shatila con migliaia di vittime civili palestinesi, la responsabilità di Sharon ... imperdibile.

Wednesday, August 19, 2009

Burkini

Possibile che in Italia la gente abbia un cervello così minuscolo da non concepire che possono esistere in giro per il mondo anche costumi da bagno con qualche centimetro quadrato di stoffa in più?
Secondo me protestare per un costume che non ha niente di irregolare, ma che è solo un po' diverso, vuol dire dimostrare grandi limiti culturali. Vien da pensare a persone modeste che non hanno mai oltrepassato la soglia del proprio paesetto, e che si spaventano per differenze insignificanti.
Che poi questo sia il caso anche di personaggi importanti come il sindaco di Verona, è un problema serio.
Chi conosce solo il proprio paese tende a rifiutare gli altri paesi e a pensare che il loro modo di vivere sia incomprensibile o scandaloso, e sempre peggio del nostro.
Chi conosce gli altri paesi vede nel loro modo di vivere semplicemente delle diversità, spesso molto interessanti e attraenti.
Mi viene in mente la battuta di un mio alunno, battuta, peraltro, piuttosto frequente: "Non occorre andare all'estero. Il posto migliore in cui vivere è l'Italia."
Al mio alunno, adulto, sui quarant'anni, ho poi chiesto se ha mai vissuto all'estero; mi ha risposto che aveva fatto solo un paio di brevi viaggi in Germania e Svizzera.
Molto significativo. Chi non conosce altro, pensa che tutto debba essere come è qui. Più conosci altri modi di vivere e più capisci che noi non siamo al centro del mondo, e che il nostro è solo uno dei tanti modi di vivere, a volte migliore, a volte peggiore. E' un problema culturale.
Penso che gli stranieri in Italia incontrino ancora un ambiente molto ostile e ottuso per il basso livello culturale della maggior parte degli italiani. In Gran Bretagna o in Francia, per non dire in America, la situazione è molto diversa, e l'integrazione degli stranieri molto più avanzata.
Penso che la presenza degli stranieri in Italia, spesso per loro molto dura, sia per noi italiani una fortuna anche perchè allarga l'orizzonte culturale molto limitato dei più.
Se uno va all'estero e vede che le bambine vanno in piscina con costumi lunghi, si rende conto che non è poi così spaventoso, che non fanno del male a nessuno, e che è solo un abbigliamento un po' diverso. Siccome molti italiani non vanno molto all'estero, dovremmo ringraziare gli stranieri che vengono qui e che ci fanno conoscere abitudini un po' diverse, arricchendo così il nostro limitato orizzonte culturale.

"Il colore della libertà" di Bille August

Un bel film: "Il colore della libertà" di Bille August.
E' la storia di Mandela e i suoi quasi trent'anni di prigione durante il regime di apartheid in Sudafrica.
Il periodo più feroce è stato a Robben Island: quasi diciott'anni di carcere durissimo. Già allora gli avevano più volte offerto la possibilità di tornare libero purché rinunciasse alla lotta politica e lasciasse il paese. Non lo ha fatto perché significava rinunciare alla speranza di un Sudafrica libero.
Un po' come Aung San Suu Kyi in Myanmar: poteva farsi una vita comoda in Europa, ma ha preferito stare in Birmania a rompere le scatole ai dittatori.
Alla fine i leader sudafricani sono stati costretti a venire a patti con Mandela, e poi a rilasciarlo, soprattutto per le pressioni internazionali e le sanzioni economiche che stavano mettendo in ginocchio il paese.
Che non si possa arrivare alla stessa conclusione anche in Myanmar? Anche Aung San Suu Kyi insiste molto sulla necessità di boicottare con più forza il paese.

Saturday, August 15, 2009

L'inferno femminile afgano visto dagli uomini

Volevo riportare un sorprendente articolo di Wikipedia sulle donne afgane. Rappresenta un punto di vista maschilista che sembra ignorare le gravissime violazioni di diritti umani che lo donne in Afganistan subiscono quotidianamente. Wikipedia premette che la neutralità dell'articolo non è verificata. Se non altro è interessante sapere come un uomo, probabilmente afgano, giustifica e describe con tanta pacatezza quell'inferno al femminile.
Ho enfatizzato in grossetto i brani, secondo me, più discutibili o degni di attenzione.
Aggiungo che è proprio di questi giorni la notizia che il presidente afgano Karzai ha, praticamente, sancito il diritto per gli uomini sciiti di stuprare le loro mogli. E' una decisione politica dovuta alla necessità di ottenere il sostegno degli sciiti. Difficile conciliare questo con le seguenti righe tratte dal brano di Wikipedia:

This does not mean that women are confined to domestic roles. The stereotyping of Afghan women as chattel living lives of unremitting labor, valued by men solely for sexual pleasure and reproductive services is patently false.
[1]




Da www.wikipedia.com 'Gender roles in Afghanistan':

http://en.wikipedia.org/wiki/Gender_roles_in_Afghanistan


Gender roles in Afghanistan

From Wikipedia, the free encyclopedia

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Afghan schoolgirls

Afghan society is consistent in its attitudes toward the underlying principles of gender. It is the application of these principles that varies from group to group; and there is a wide range of standards set for accepted female behavior, as well as differences in male attitudes toward correct treatment of women. Contradictions arise between traditional customary practices, many of which impinge on the rights of women and are alien to the spirit of Islam, the other functioning canon which emphasizes equality, justice, education and community service for both men and women. Further, the dictates of Islam are themselves subject to diverse interpretation among reformists, Islamists and ultraconservatives. Debates between these groups can be highly volatile.[1]

Gender reform was central to the contentious issues which brought about the fall of King Amanullah in 1929. In 1959, the male-oriented government of Prime Minister Daud Khan supported the voluntary removal of the veil and the end of seclusion for women. The 1964 Constitution automatically enfranchised women and guaranteed them the right to education and freedom to work.[1]

For thirty years after 1959 growing numbers of women, most from urban backgrounds, functioned in the public arena with poise and dignity, with no loss of honor to themselves or to their families, and with much credit to the nation. Nevertheless, family pressures, traditional attitudes and religious opposition continued to impose constraints which limited the degree to which women could find self-expression and control their lives.[1]

Except in Kabul where women under the PDPA were encouraged to assume more assertive public roles, this evolutionary movement came to a halt in 1978. Conservative mujahidin leaders waging a jihad (struggle) against foreign encroachment, both military and ideological, were imbued with the belief that sexual anarchy would result if women continued to move freely in public; and that society would fall into ruin as a result. These attitudes have intensified under the Taliban. Mostly rural Pushtun from strongly patriarchal backgrounds, the Taliban project ultraconservative interpretations of Islam and apply customary practices as societal ideals. In 1996, gender issues are again at the center of heated debate.[1]

All agree that differences between men and women exist and are best preserved through recognized standards of behavior. None dispute the centrality of women in the society. Respect for women is a notable characteristic and few wish to destroy this esteemed status, nor deny what Islam enjoins or Afghan culture values. The argument rages over definitions of precisely what constitutes honorable behavior for women in terms of modern realities, especially in the light of today's monumental reconstruction needs which demand full participation from every Afghan citizen.[1]

The current zealous need to protect women's morality stems from the fact that Afghan society regards women as the perpetuators of the ideals of the society. As such they symbolize honor -- of family, community and nation -- and must be controlled as well as protected so as to maintain moral purity. By imposing strict restraints directly on women, the society's most sensitive component symbolizing male honor, authorities convey their intent to subordinate personal autonomy and thereby strengthen the impression that they are capable of exercising control over all aspects of social behavior, male and female.[1]

The practice of purdah, seclusion, (Persian, literally meaning curtain), including veiling, is the most visible manifestation of this attitude. This concept includes an insistence on separate spaces for men and women and proscriptions against interactions between the sexes outside the mahrammat (acceptable male guardians such as father, brother son and any other male with whom a women may not marry). These restrictions severely limit women's activities, including access to education and employment outside the home. Many are largely confined to their homes.[1]

Such restrictions are deemed necessary by conservative males because they consider women socially immature, with less moral control and physical restraint; women's hypersexuality precludes responsible behavior. Consequently, women are untrustworthy and must be kept behind the curtain so as not to disrupt the social order. The need for their isolation therefore is paramount.[1]

Afghan women view their sexuality more positively and question male maturity and self-control. In reality the differences between private and public behavior are significant. In private, there is a noticeable sharing of ideas and responsibilities and in many households individual charisma and strength of character surmounts conventional subordinate roles. Even moral misconduct can be largely overlooked until it becomes a matter of public knowledge. Then punishment must be severe for male and family honor must be vindicated. It is the public image that counts. As a result, urban women are models of reticence in public and rural women appear properly submissive.[1]

That a family's social position depends on the public behavior of its female members is a guiding reality. Stepping outside prescribed roles and behavioral norms in public results in moral condemnation and social ostracism. It is the dictates of society that place a burden on both men and women to conform.[1]

Under such circumstances gender roles necessarily follow defined paths. Male prerogatives reside in family economic welfare, politics, and relationships with outsiders; within the family they are expected to be disciplinarians and providers for aged parents. Female roles stress motherhood, child socialization and family nurturing. Even among professional career women, family responsibilities remain a top priority. Thus women's self-perception of their roles, among the majority, urban and rural, contributes to the perpetuation of patriarchal values.[1]

Within the vast store of Afghan folktales covering religion, history and moral values, many reinforce the values governing male and female behavior. They illustrate what can or cannot be done, describe rewards and punishments, and define ideal personality types. Thus they serve to perpetuate the existing gender order and through example make it psychologically satisfying.

The status and power of a girl increases as she moves from child to bride to mother to grandmother. A successful marriage with many sons is the principal goal of Afghan women, wholeheartedly shared by Afghan men. Women's nurturing roles are also crucial. This does not mean that women are confined to domestic roles. The stereotyping of Afghan women as chattel living lives of unremitting labor, valued by men solely for sexual pleasure and reproductive services is patently false.[1]

Women's work varies from group to group. Among most settled rural families, women participate in agricultural work only during light harvesting periods, and are responsible for the production of milk products. Some specialize in handicrafts such as carpet and felt making. In contrast, Nuristani women plow the fields while the men herd the flocks and process the dairy products. Nomadic women care for young lambs and kids and make a wide variety of dairy products, for sale as well as family use. They spin the wool sheared by men and weave the fabric from which their tents are made. Felt-making for yurt coverings and household rugs ia also a female activity. When on the move, it is the women who put up and take down the tents. The variations are endless.[1]

Although statistics indicate that by 1978 women were joining the workforce in increasing numbers, only about eight percent of the female population received an income. Most of these women lived in urban centers, and the majority were professionals, technicians and administrators employed by the government which continued its strong support. A majority worked in health and education, the two sectors considered most appropriate for women as they are extensions of traditional women's roles. Others worked in the police, the army, and with the airlines; in government textile, ceramic, food processing and prefab construction factories. A few worked in private industry; a few were self-employed.[1]

The current revival of conservative attitudes toward appropriate extradomestic roles for women and the criticism of women's visibility in public has largely impacted these professional women. Islamic texts do not delineate roles for women. What they imply is open to interpretation. What they command is equality and justice guaranteeing that women be treated as in no way lesser than men. Educated Afghan women are standing fast in their determination to find ways in which they may participate in the nation's reconstruction according to their interpretations of Islam's tenets. This is a powerful challenge now facing the society.[1]

However, the foreign aid community would do well to examine carefully their recent aggressive campaign to assure rights for Afghan women in education and employment. The Afghan community is already sharply divided over whether assistance to boys' education should be discontinued because there is a ban on education for girls. Family harmony must certainly be undermined when women are favored over men in a declining job market.[1]