Sunday, March 30, 2008

Gli Albanesi hanno salvato tutti gli Ebrei in Albania durante la II Guerra Mondiale

In Albania tutti gli Ebrei sono stati salvati dagli Albanesi durante la Seconda Guerra Mondiale.
Importante, no? Noi per Perlasca abbiamo fatto (a ragione) film e rassegne, ma ciò che hanno fatto gli Albanesi per gli Ebrei è ancora poco noto.


Miei articoli in

PeaceReporter
www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idart=10600


www.luigiboschi.it
www.luigiboschi.it/index.php?q=node/6902

www.gustocreativo.org
www.gustocreativo.org/In-Albania-tutti-gli-ebrei-sono-stati-salvati-durante-la-II-Guerra-Mondiale.html



PeaceReporter
Albania - 28.3.2008
Skandenberg's list
In Albania tutti gli ebrei sono stati salvati durante la Seconda Guerra Mondiale
di Roberta Barazza
New York ha ospitato, nei mesi scorsi, una mostra che ha messo in luce la storia dimenticata degli ebrei salvati in Albania durante la Seconda Guerra Mondiale: ''Besa: A Code of Honor/Albanians who Rescued Jews during the Holocaust''.

Il fatto è poco noto, perchè il regime comunista di Enver Hoxha, nei quasi 50 anni di dittatura successivi alla Seconda Guerra Mondiale, ha tenuto nascosti questi e molti altri documenti, riapparsi poi nel 1990. Una delegazione statunitense, recatasi in Albania, ha avuto accesso agli archivi degli anni della dittatura di Hoxha. Joe Dioguardi, rappresentante del Congresso Usa giunto a Tirana, inviò a Tel Aviv le testimonianze relative agli ebrei salvati e i documenti furono confermati e ritenuti autentici.
Ora anche l'Albania è stata aggiunta all'elenco dei ''Giusti tra le Nazioni'', cioè quelle persone o enti che hanno salvato ebrei dall'Olocausto. Anzi l'Albania ha un primato eccezionale: è l'unico paese che può vantare di aver salvato tutti gli ebrei presenti nel suo territorio.
Prima della Seconda Guerra Mondiale gli albanesi in Albania erano circa 200 e, alla fine del conflitto, erano oltre 2000.
Presenze ebraiche nel territorio albanese sono testimoniate fin dai tempi dei romani.
Perchè poterono salvarsi tutti gli ebrei in Albania? Per l'isolamento di cui godeva questo paese in un contesto europeo invece fortemente influenzato dall'ideologia fascista e nazista, ma soprattutto grazie alla cultura albanese, basata su un codice morale detto kanun e in particolare su una sua parte detta Besa, secondo la quale è un dovere inderogabile difendere la vita umana di chiunque, anche a costo della propria.
Il codice kanun, che per vari aspetti determina ancora la cultura albanese, prescrive una serie di regole di comportamento che, durante le successive invasioni straniere in Albania, hanno rappresentato l'identità stessa del popolo albanese. Essere albanese significava, prima ancora che abitare nel territorio albanese o obbedire al potere politico di quel territorio, rispettare il codice kanun.

lo yad vashem a gerusalemmeNel corso della storia questo codice si è a volte contrapposto al potere in Albania. E nei casi di conflitto tra potere politico ufficiale e regole proposte dal kanun, quest'ultimo veniva prima del rispetto di altre forme di potere.
Il codice kanun ha anche aspetti ormai inaccettabili, come il delitto d'onore o il dovere di vendicare anche con l'omicidio i torti subiti.
Ma un aspetto positivo e straordinario di questo codice è quello che ha portato alla salvezza di tutti gli ebrei che si sono rifugiati in Albania per sfuggire dall'Olocausto: il codice prevede l'obbligo di difendere la vita umana minacciata, chiunque sia in pericolo, albanese o straniero. Anzi il codice kanun non riconosce la parola 'straniero': Esistono gli 'ospiti', ma non gli 'stranieri'.
Durante la Seconda Guerra Mondiale gli albanesi hanno nascosto gli ebrei nel loro territorio, sia per iniziativa privata, sia per scelta delle autorità che si sono rifiutate di consegnare ai fascisti nel 1939 e ai nazisti nel 1943, le liste con i nomi degli ebrei presenti nel territorio. Il pericolo di ritorsioni, specie durante l'occupazione nazista, era molto alto, ma i cittadini albanesi e le autorità difesero gli ebrei, nascondendoli nelle case, procurando loro documenti falsi, travestendoli da contadini, spostandoli da un luogo all'altro per sfuggire alla morte.
Se si pensa che nella regione dei Balcani, su circa 70mila ebrei in pericolo, solo il 10 percento è sopravvissuto all'Olocausto, la straordinaria importanza del comportamento dell'Albania in quegli anni risulta ancora più evidente. Anche gli albanesi del Kosovo, del Montenegro e della Macedonia hanno contribuito alla salvezza di molti ebrei aiutandoli a rifugiarsi in Albania che era, appunto, durante la Seconda Guerra Mondiale, il luogo più sicuro in Europa.

Tuesday, March 25, 2008

Rugantino

Ieri ho visto 'Rugantino' (registrazione RAI proposta in DVD con l'Espresso) con Enrico Montesano, per la regia teatrale di Garinei e Giovannini.
Lo spettacolo è bellissimo. La recitazione, tra gli altri, di Montesano, Aldo Fabrizi, Bice Valori, Alida Chelli, è straordinaria. Le musiche, tra cui 'Ciumachella' e 'Roma no' fa' la stupida 'stasera', bellissime.
I riferimenti alla tradizione delle maschere e della Commedia dell'Arte, che arriva fino a Benigni, sono evidenti.
Sembra che noi italiani siamo conosciuti come dei Rugantino. Il personaggio rappresenta l'immagine, se vogliamo stereotipata, dell'italiano tipico: 'bono de' core' e 'omo der popolo', un po' furbetto come Arlecchino, ma non cattivo. Gli piacciono gli scherzi e l'allegria, ma non è malvagio. Sembra che l'italiano sia da sempre contro la pena di morte: 'er boja' in quest' opera ambientata a fine '800, non era simpatico a nessuno e aveva persino perso la prima moglie per questo suo mestiere.
L'italiano non è il francese della 'grandeur' o l'inglese che si sente ancora erede dell'impero britannico. In Italia prevale la tradizione populista. Anche adesso non c'è una grande divisione sociale. Una vera alta borghesia in Italia non c'è mai stata.
Rugantino è l'italiano come lo si conosce all'estero: dongiovanni, bonaccione, furbo, allegro e spiritoso, ma incapace di grandi malvagità.
Ciò che si allontana nell'opera dallo stereotipo è, secondo me, la conclusione: troppo tragica. Tutto il musical è uno sfoggio di scherzi e burle, di allegria e voglia di vivere. E, alla fine, la morte di Rugantino lascia troppo amaro in bocca. Noi preferiamo le conclusioni da compromesso, stile Peppone e Don Camillo.
Anche in questo, però, c'è molto della tradizione italiana: la nostra incapacità di renderci conto della gravità dei problemi e della conseguenza delle nostre azioni. E anche l'idea che, in fondo, siamo sempre un po' vittime, in quanto 'popolo', cioè sottomessi, mai padroni, piuttosto servi, degli stranieri, dei potenti, siano essi i politici o il clero. C'è anche nell'opera l' autocommiserazione tutta italiana di chi subisce ingiustizie, ma non sa imporre la giustizia. Rugantino ci vede bene, capisce come stanno davvero le cose, sa chi ha torto e chi ha ragione, ma non può reagire, non riesce a trovare una soluzione, una via d'uscita.
E molto spesso, in 'Rugantino' e in tutta la storia italiana, finisce peggio del previsto.

Monday, March 24, 2008

Bush al Trubunale Internazionale dell'Aja

Secondo me Bush dovrebbe essere convocato dal Tribunale Internazionale dell'Aja che si occupa di crimini contro l'umanità.
Il suo intervento in Iraq non è giustificato. L'Iraq non c'entra quasi niente con il terrorismo internazionale e l' 11 settembre. Le armi di distruzione di massa, che hanno giustificato l'intervento, non sono mai state trovate.
Se lo scopo era quello di punire i terroristi e ristabilire la sicurezza nel mondo non hanno risolto molto: subito dopo l'attacco americano ci sono altri numerosi attentati in varie parti del mondo. In seguito sono stati catturati vari terroristi ma quasi nessuno in Iraq.
Sono circa un milione gli iraqeni morti in questi 5 anni di guerra.
I soldati americani morti sono circa 4000.
A questi si aggiungano i casi di violenze spesso mortali dovuti agli squilibri psichici riportati dai soldati rientrati in patria. Le persone uccise in USA dai soldati rientrati (spesso erano loro familiari o amici) sono circa 150.
A ciò si aggiunga il numero dei soldati rovinati dalla guerra: persone senza gambe, senza braccia o deformati in vari modi.
Vi sono poi le violenze subite dalle soldatesse americane da parte degli stessi commilitoni americani: circa 1 soldatessa su 3 ha subito violenze.
Si aggiunga a ciò la rovina di un paese intero: case, strutture sociali, monumenti, opere d'arte distrutti in Iraq.
Si aggiunga anche la crisi economica americana: molte famiglie americane sono a rischio mutui insolvibili; la disoccupazione è aumentata; la spesa per l'Iraq è enorme mentre la popolazione americana è in crescente difficoltà economica.
In questi giorni ho sentito le interviste a due autorevoli iraqeni: uno scrittore che ora vive a Parigi, e un prete cattolico. Entrambi hanno detto che la presenza americana ha rovinato il pease. Era meglio sotto Saddam Hussein, perchè non vi era libertà di espressione ma si viveva. Ora il pericolo di violenza e di morte è una costante. Non vi è la minima sicurezza. I generi di prima necessità sono molto meno di prima. La divisione tra gruppi etnici è aumentata. I cristiani sono a rischio continuo di violenza perchè si trovano tra due fuochi nel conflitto tra musulmani sunniti e sciiti, e lasciano sempre più il paese con conseguente grave perdita per tutto l'Iraq perchè se i cristiani sono solo il 4 % della popolazione, essi costituiscono quasi il 40 % della forza lavoro qualificata.
Tutto questo senza motivi validi.
Tutto questo in violazione del rispetto della sovranità nazionale, che si può giustificare solo in caso di gravi crimini contro l'umanità e nel tentativo di difendere vittime di violenza.
Qui la violenza maggiore è invece entrata in Iraq con l'esercito americano.

Sunday, March 23, 2008

Pensiero Puro

Sarà che ho frequentato soprattutto facoltà umanistiche, ma una cosa che sorprende nelle università italiane è lo scollamento tra realtà (concreta, sociale, delle altre persone) e il mondo degli accademici italiani. Sottolineo italiani perchè, secondo la mia esperienza in fatto di università straniere, all'estero la cosa è molto diversa.
In Italia ho studiato o lavorato nelle università di Udine, Venezia e Urbino.
All'estero nelle università di Klagenfurt (Austria), Varsavia (Polonia), Tetovo (Macedonia), West Lafayette (USA).
Ero impressionata in Italia dall'incapacità degli accademici italiani di porsi in relazione agli altri (o almeno a noi poveri studenti plebei) in maniera concreta. Con concreta intendo la loro incapacità anche solo di rivolgere la parola, comunicare in modo normale, dare informazioni concrete relative a corsi di studio, programmi accademici, attività universitarie.
Fino all'inverosimile: vi sembra possibile che un' assistente di tedesco non sappia darvi nessuna informazione su possibilità di studio e insegnamento in Germania? A me è capitato.
Vi sembra possibile che un professore con cui per un paio d'anni ho elaborato un tema di dottorato non mi abbia mai rivolto la parola se non in risposta a mie domande, non mi abbia mai mandato un'email anche solo per informazioni accademiche? Normal (in Italy), Watson.
Vi sembra normale che una persona frequenti da anni ben due università quasi quotidianamente, e all'improvviso le piomba addosso un problema molto grave che sconvolge visibilmente la sua vita tanto che da un giorno all'altra abbandona corsi e esami e non si fa più vedere, e nessuno chiede niente? A me non sembra normale, ma questo è quel che succede in Italia.
Dopo aver studiato tanti anni in Italia mi rendo conto ... di aver buttato via un sacco di tempo. Non per lo studio in sè, ma per ambienti accademici che danno pochissimo e che non ti arricchiscono per niente.

All'estero è molto diverso. Quando ho cominciato a studiare a Klagenfurt ero molto sorpresa anche solo dal fatto che col professore di dottorato si chiacchierasse con familiarità o si prendesse il caffè al bar o si andasse a pranzo insieme.
Quel professore, tra l'altro, diceva che 'Italien ist ein grosses Theater', e si riferiva in particolare alle università e alla teatralità e inconsistenza di tante loro attività.
Diceva anche che gli accademici italiani sono dei piccolo borghesi che, proprio perchè piccolo borghesi, ci tengono molto a distinguersi dai professori di scuola superiore o dai lettori delle università, un po' come i piccoli commercianti ci tengono molto a non essere confusi con i contadini. Capirai: col sistema universitario italiano basato sul merito (merito??), cioè su raccomandazioni e privilegi di famiglia, ovviamente la differenza tra insegnanti di scuola che per quanto bravi non potranno mai lavorare nelle università italiane, e loro, i docenti luminari delle accademie italiane, il divario è di certo incolmabile.
Poi vai in America e scopri anche lì che questo snobismo degli accademici italiani fa ridere i polli. Lì la familiarità tra studenti e accademici è enorme. E' quasi un unico mondo comune in cui l'interscambio tra studenti e studiosi è fluido e continuo. E questo ovviamente significa mobilità molto più dinamica tra le due sfere.
Poi ricordo che quando ho tradotto un libro di psichiatria uno psichiatra mi diceva che ancora oggi tra pratica psichiatrica e teoria molto spesso il divario è enorme. Per cui esimi studiosi continuano a scartabellare libri e a intendersene di pubblicazioni, ma magari non ne sanno molto di malati psichiatrici in carne ed ossa. Un professore italiano di cultura indiana mi ha anche detto che molti accademici italiani in questo settore sanno tutto su codici e libri di cultura indiana, ma non sono mai andati in India.

Insomma noi poveri mortali, a vedere certi comportamenti nel mondo accademico, diremmo: 'Ma questi non fanno niente di concreto, niente che valga qualcosa di reale'.
E invece no. Noi comuni mortali non cogliamo il valore di Pensiero Puro che si cela dietro questo comportamento che ci sembra quanto meno strano.
Loro pensano. Non serve a niente per la società, ma loro pensano. Che plebe ignorante, incapace di comprendere il valore del Pensiero Puro!

Saturday, March 15, 2008

3. Condanna USA e UE per l'attacco dei palestinesi alla scuola rabbinica.



HO CERCATO LA STESSA DECISA CONDANNA DA PARTE DI USA E UE PER L'ATTACCO DI ISRAELE AI PALESTINESI. NON L'HO TROVATA.

Tuesday, March 11, 2008

Il 'delitto' dei fratellini di Gravina

I fatti di cronaca successi a Gravina sono piuttosto inquietanti: ovviamente per la morte dei piccoli in luoghi che dovrebbero essere chiusi al pubblico per la sicurezza di tutti, ma anche per la piega presa dagli sviluppi dell'inchiesta.
Se la caduta accidentale del bambino finito nello stesso pozzo in cui sono stati ritrovati i poveri Ciccio e Torre non avesse fatto scoprire per caso i due cadaveri, il padre sarebbe rimasto in galera per tutta la vita accusato di duplice omicidio e occultamento di cadavere.
Che il padre dei fratellini fosse un manesco e che possa essere accusato anche di violenza sui piccoli, passi, ma che egli rischiasse di finire in carcere per tutta la vita in base a prove inesistenti e a ipotesi infondate, questo resta molto inquietante.
Chissà quanti sono in carcere senza prove effettive e in base a congetture che un caso fortuito come a Gravina potrebbe stravolgere.
La cosa ancora più inquietante è che i giudici, dopo aver appurato che i cadaveri non mostravano segni di violenza e che la caduta non poteva essere conseguenza di un delitto precedente, continuavano a ribadire l'accusa, e il Pappalardi rimaneva in carcere ancora per omicidio intenzionale. Evidentemente scocciava ai giudici, agli avvocati dell'accusa e a inquirenti vari, dover ammettere un clamoroso errore. Solo dopo vari giorni hanno finalmente ammesso che il padre non è direttamente responsabile dell'omicidio, bensì - notizia di oggi - di abbandono di minore.
Abbandono di minore? Ma se sono stati visti fino a pochissime ore prima della scomparsa proprio insieme al padre!
Certo che questi giudici ... pregare il cielo di non finirci tra le grinfie.
Si va dal delitto di Cogne in cui, onestamente, è sempre stato piuttosto evidente che c'era solo la madre in presenza del bambino ucciso, a un delitto in cui la giustizia italiana ha costruito gravi responsabilità, per caso rivelatesi poi infondate.

Monday, March 10, 2008

routine scolastica

In una delle scuole dove insegno i ragazzi sono un po' 'vivaci'.
Una mia collega mi ha raccontato che hanno inventato un gioco nuovo: il gioco del 'facciamo scappare il professore'.
Consiste nell'impedire, in modo organizzato, qualsiasi attività didattica finchè l'insegnante, esasperato, non ne può più e lascia la scuola. Guarda caso, lì gli insegnanti durano pochetto e c'è un via via continuo di personale con, credo, spese enormi da parte della scuola. Rinnovare continuamente contratti è di certo molto dispendioso.
Appena l'insegnante apre bocca per dire qualcosa relativo al programma, accendono la musica dei loro Hypod o interrompono subito ad alta voce per dire delle cose insignificanti, o urlano o fanno rumori strani con la voce o con oggetti.
Tutto ben organizzato, bisogna dirlo.
Ma nell'ultima lezione ho reagito dando 4 ad ogni cosa troppo strana. E siccome si vantavano di fregarsene del tutto delle proteste dell'insegnante, necessariamente i 4 sono fioccati.
Al che i ragazzi hanno cominciato a preoccuparsi.
Uno di loro, ho notato, mi ha anche filmata con il telefonino, sperando forse che andassi in escandescenze, ma non ha avuto molte soddisfazioni. Oltretutto questo viola la privacy ed è contro la legge; potrei farlo presente alle autorità, se volessi.
Tra le tante chicche sentite, c'è quella di un ragazzo che mi ha detto: 'Se ti trovo fuori ti spappolo il cervello'. O quella di uno che alla fine dell'ora ha cercato di rubarmi il registro, chiedendomi di dimostrare che è mio.
Ma dopo che son fioccati vari 4 e che i ragazzi, andati a protestare dal preside, hanno, aimè, sentito che per il momento i 4 restano sul registro, lo stesso ragazzo citato sopra ha cambiato politica e, venuto buono buono in prima fila con il libro ben aperto davanti, diceva ai suoi compagni: 'Ragazzi, buoni, la professoressa sta parlando' e mi mandava bacetti per farsi perdonare.
Che sia un buon sistema per tentare di insegnare qualcosa? Che altro potere abbiamo noi insegnanti?

Trionfo di Mastella ?

Non capisco il senso di trionfo di Mastella.
Contento di aver affossato un'inchiesta?
Mastella ha impedito l'inchiesta di De Magistris, e i giudici gli hanno dato ragione per gli errori di procedimento formale del PM.
Resta che le ipotesi di reato sollevate da De Magistris sono state messe a tacere e quindi non si saprà mai se Mastella è colpevole o innocente.
Nessuno diceva che Mastella era colpevole, visto che l'inchiesta non è neanche cominciata.
Ma Mastella può vantarsi di aver ragione solo se l'inchiesta che lui ha impedito può essere proseguita da De Magistris e si arriva a dimostrare la sua innocenza.
Mi sembra una cosa molto all'italiana: oscuriamo le accuse, le spostiamo, le mettiamo a tacere, visto che toccano i più potenti.

Sunday, March 9, 2008

dal Messico

Volevo far conoscere il lavoro di Rafael Rojas Pérez, di Città del Messico, che a soli 24 anni, dopo la laurea in italiano, ha già scritto 5 libri sulla lingua italiana e il suo insegnamento.
Ha una sua casa editrice, Coccolina Edizioni

www.coccolinaedizioni.com

(Coccolina è il nome del suo cane)

Ho collaborato per la pubblicazione del suo ultimo libro
'Esatto!', corso di italiano per stranieri.
Voglio ringraziare Rafael per avermi citata nell'intervista, ascoltabile nel sito sopra riportato, rilasciata a Adela Micha, presentatrice della principale radio nazionale messicana.

Thursday, March 6, 2008

scenette tra i banchi di scuola

A volte tra i banchi di scuola si assiste a scenette esileranti.
Dopo aver letto un brano su Dickens in inglese, ad uno studente di prima superiore chiedo:
'What's the topic of this passage?' (qual è l'argomento di questo brano?)
Risponde lo studente:
'The topic? Beh ... il caso più eclatante in Italia è quello di Pantani ...'
'Pantani?', chiedo esterefatta, mentre anche altri studenti in classe lo guardano sorpresi.
'Beh ... sì ... Pantani ... no? ... Ah, the topic ... Avevo capito il doping.'

Tuesday, March 4, 2008

Anno scolastico in Italia

Gli italiani non amano la semplicità, evidentemente. Lo dice tutta la nostra tradizione culturale e lo confermano molti stranieri.
A me sembra che si potrebbe semplificare di molto la struttura dell'anno scolastico in Italia.
Credo che sia più che sufficiente se lo stato offre ai ragazzi italiani un anno scolastico in cui i ragazzi devono studiare, e se non raggiungono una media sufficiente ripetono l'anno.
Penso che gli studenti dovrebbero ricevere alla fine di un anno scolastico una media simile al voto, comprensivo di tutte le materie, che ricevono alla maturità. Se la media è sufficiente bene, se no si ripete l'anno.
Troppo semplice?
L'anno scolastico, come è organizzato ora, è in stile superbarocco all'italiana: i ragazzi hanno una pagella alla fine di ogni quadrimestre. Però dopo il primo quadrimestre si devono recuperare le insufficienze del quadrimestre stesso ma anche del debito formativo, se non recuperato, dell'anno precedente. Queste insufficienze si recuperano con corsi costosissimi che ogni scuola deve organizzare verso marzo e che sono ore in più per i ragazzi che, se forse migliorano nelle materie del recupero, rischiano di peggiorare in altre.
Poi c'è quest'anno il complicatissimo problema se i corsi di recupero per gli studenti che non finiscono l'anno con tutte le sufficienze debbano essere fatti alla fine dell'anno scolastico, a giugno o luglio, o poco prima dell'anno scolastico successivo, a fine agosto o inizio settembre.
E poi se il ragazzo non ha recuperato l'insufficienza, a luglio o a settembre, che fa? E' bocciato o promosso? E lo viene a sapere a settembre?
Tutto questo con spese enormi da parte dello stato.
Ma non ci sono debiti pubblici dello stato ancora molto alti in Italia? E' intelligente una spesa scolastica così grande? Non è meglio fare un semplice anno scolastico in cui alla fine ogni studente ha un voto conclusivo medio che deve essere sufficiente? Se no ripete l'anno. Non può bastare?
I corsi di recupero sono pagati molto di più delle ore di lezione normali. Naturalmente fa comodo anche a me fare lezioni di recupero e le sto facendo. Ma non mi sembra un buon uso di denaro pubblico.
E' davvero necessario tutto questo barocco o sono bizzarrie di ministri di destra o di sinistra che devono sempre complicare qualcosa per dimostrare di aver cambiato il programma e aver lasciato la loro impronta nella storia dello stato italiano?

Monday, March 3, 2008

'Caos calmo'

Qualche giorno fa è uscito su Repubblica un articolo del solito giornalista americano critico nei confronti dell'Italia: dico solito perchè poi è comparsa subito la replica dell'intellettuale italiano di turno che accusa gli americani di essere troppo critici e superficiali nei confronti del nostro paese.
In quell'articolo c'era un'immagine che mi sembra, invece, azzecatissima: il giornalista americano diceva che gli italiani troppo spesso assomigliano a quel Nanni Moretti di 'Caos calmo' che sta sulla panchina, osserva le persone che passano, è un po' inebetito, certo anche per vicende personali dolorose, ma non agisce, è incapace di reagire ai problemi e preferisce vedere passare il mondo senza entrarvi.
Mi sembra molto azzeccata. E' vero che la superfretta che c'è in USA, dovuta ad un'organizzazione del lavoro superproduttiva, può sembrare eccessiva e impedire anche solo tranquilli e disinteressati rapporti umani, ma è sicuramente vero che spesso in Italia la gente vede problemi mastodontici ma nessuno muove un dito per risolverli. Oppure si agisce in modo teatrale, come se si sentisse la necessità di intervenire ma al massimo si mostra di interessarsene, senza in realtà fare qualcosa che serva davvero a risolvere i problemi.