Tuesday, March 25, 2008

Rugantino

Ieri ho visto 'Rugantino' (registrazione RAI proposta in DVD con l'Espresso) con Enrico Montesano, per la regia teatrale di Garinei e Giovannini.
Lo spettacolo è bellissimo. La recitazione, tra gli altri, di Montesano, Aldo Fabrizi, Bice Valori, Alida Chelli, è straordinaria. Le musiche, tra cui 'Ciumachella' e 'Roma no' fa' la stupida 'stasera', bellissime.
I riferimenti alla tradizione delle maschere e della Commedia dell'Arte, che arriva fino a Benigni, sono evidenti.
Sembra che noi italiani siamo conosciuti come dei Rugantino. Il personaggio rappresenta l'immagine, se vogliamo stereotipata, dell'italiano tipico: 'bono de' core' e 'omo der popolo', un po' furbetto come Arlecchino, ma non cattivo. Gli piacciono gli scherzi e l'allegria, ma non è malvagio. Sembra che l'italiano sia da sempre contro la pena di morte: 'er boja' in quest' opera ambientata a fine '800, non era simpatico a nessuno e aveva persino perso la prima moglie per questo suo mestiere.
L'italiano non è il francese della 'grandeur' o l'inglese che si sente ancora erede dell'impero britannico. In Italia prevale la tradizione populista. Anche adesso non c'è una grande divisione sociale. Una vera alta borghesia in Italia non c'è mai stata.
Rugantino è l'italiano come lo si conosce all'estero: dongiovanni, bonaccione, furbo, allegro e spiritoso, ma incapace di grandi malvagità.
Ciò che si allontana nell'opera dallo stereotipo è, secondo me, la conclusione: troppo tragica. Tutto il musical è uno sfoggio di scherzi e burle, di allegria e voglia di vivere. E, alla fine, la morte di Rugantino lascia troppo amaro in bocca. Noi preferiamo le conclusioni da compromesso, stile Peppone e Don Camillo.
Anche in questo, però, c'è molto della tradizione italiana: la nostra incapacità di renderci conto della gravità dei problemi e della conseguenza delle nostre azioni. E anche l'idea che, in fondo, siamo sempre un po' vittime, in quanto 'popolo', cioè sottomessi, mai padroni, piuttosto servi, degli stranieri, dei potenti, siano essi i politici o il clero. C'è anche nell'opera l' autocommiserazione tutta italiana di chi subisce ingiustizie, ma non sa imporre la giustizia. Rugantino ci vede bene, capisce come stanno davvero le cose, sa chi ha torto e chi ha ragione, ma non può reagire, non riesce a trovare una soluzione, una via d'uscita.
E molto spesso, in 'Rugantino' e in tutta la storia italiana, finisce peggio del previsto.