Thursday, May 31, 2007
skopje. statua di madre teresa di calcutta.
Madre Teresa era un'albanese nata a Skopje. In Macedonia vivono macedoni e albanesi. Questi ultimi sono troppo numerosi (oltre il 25%) per essere considerati una minoranza. Nel passato la convivenza è stata molto difficile e segnata anche da episodi di sangue. Ora le due etnie sono sempre più integrate.
altri oggetti che mi son divertita a colorare
... tra gli altri la scatola gialla dedicata alla Grecia,
l'oggetto con la luna e il sole, simboli del Nepal che nel 2006 ha posto fine alla monarchia-dittatura,
e il recipiente rosso dedicato al Montenegro che nel 2006 è divenuto un nuovo stato indipendente nei Balcani.
Speravo di dipingerne uno anche per l'indipendenza del Kosovo, ma sembra che si debba ancora aspettare.
farfalla macedone
Tuesday, May 29, 2007
Wednesday, May 23, 2007
tacere o parlare?
Forse qualcuno ha letto in alcuni miei articoli le vicende controverse che mi son capitate negli USA: licenziamento prima della prima lezione, viaggio in Italia, molti soldi persi, articoli miei sui giornali durante la mia stessa presenza nell'università dove lavoravo, e ovvio timore che mi punissero di nuovo dopo aver scoperto i miei articoli. Ho anche scritto alle ambasciate e fatto circolare la notizia in siti di italianisti in mezzo mondo.
Beh, invece no, non mi hanno punito ulteriormente. Mi aspettavo un secondo licenziamento in tronco. E invece niente.
Me ne rallegro, e non solo perchè ci si scoccia sempre un po' ad essere licenziati, ma anche perchè evidentemente non sono poi così assurdi come sembravano. Forse hanno capito di aver fatto cose 'un po'' eccessive; fatto sta che sono ora in Italia tutta intera e non credo che mi abbiano mandato dietro la CIA.
Conclusioni.
Se succedono cose strane negli ambienti di lavoro, secondo me (ed era il dubbio che mi ponevo), è meglio divulgare la notizia, non tenerla nascosta per timore di ulteriori ritorsioni. In un ambiente muto e oscuro si può far quel che si vuole, ma all'aperto occorre stare attenti a quel che si fa.
Beh, invece no, non mi hanno punito ulteriormente. Mi aspettavo un secondo licenziamento in tronco. E invece niente.
Me ne rallegro, e non solo perchè ci si scoccia sempre un po' ad essere licenziati, ma anche perchè evidentemente non sono poi così assurdi come sembravano. Forse hanno capito di aver fatto cose 'un po'' eccessive; fatto sta che sono ora in Italia tutta intera e non credo che mi abbiano mandato dietro la CIA.
Conclusioni.
Se succedono cose strane negli ambienti di lavoro, secondo me (ed era il dubbio che mi ponevo), è meglio divulgare la notizia, non tenerla nascosta per timore di ulteriori ritorsioni. In un ambiente muto e oscuro si può far quel che si vuole, ma all'aperto occorre stare attenti a quel che si fa.
trasparenza nelle banche italiane
Dovevo cambiare dei dollari dopo un viaggio negli USA. Per questo sono andata in varie banche. Non perchè adori fare giri turistici nelle banche, ma perchè già dopo il primo tentativo, ci si rende conto che le banche manomettono cifre e valori in modo scandaloso. L'unico criterio usato da tutti sembra essere questo: in un listino che ti mostrano è importante scegliere il valore che li fa guadagnare di più.
Vi spiego meglio.
Banca n. 1 (non metto i nomi in un blog ma potrei darli per una verifica).
Chiedo: 'Quanto vale il dollaro? Che cambio ha?' Mi rispondono: '1 € vale 1,59 $'. Mi sembra alto e chiedo di vedere il listino con tutte le valute. E infatti risulta che i due valori vendita/acquista sono 1,32 e 1,34, mentre vi sono poi altre due colonne per 'Cheque' e 'BB/TC' con valori 1,35 e 1,57. La cassiera, un po' a disagio, telefona per verificare e poi mi dice che, è vero, c'è una lieve differenza e che per la mia operazine devo usare il valore di 1,57. 'Come 1,57?', dico io, 'perchè non 1,34?' L'impiegato mi spiega che BB sono banconote. Banconote? Boh, diamogliela per buona. E TC? Quelli sono traveller cheque, ed è già più credibile.
Ora la mia domanda è questa: il valore di vendita/acquisto, non è già questo quello che dovrebbe interessare un cliente che dà banconote? Perchè questo altro valore per le banconote, se il modo più ovvio di cambiare soldi è proprio tramite banconote?
Banca n.2.
Mi dicono, senza mostrare il listino, che il valore di cambio è 1,62. Mi sembra alto e chiedo di vedere il listino con tutti i valori delle valute. L'impiegato dice che ce l'ha solo in computer. Preferisco non cambiare i soldi.
Banca n. 3.
Vedo il listino già esposto e ci sono di nuovo i valori di vendita e acquisto, cheque e BB/TC. Di nuovo il valore più alto è BB/TC e mi dicono che quello è il valore da considerare per il mio cambio. Di nuovo, dubitando, esco.
Banca n. 4.
Mi sembra la più trasparente, anche se il valore è un po' più alto. C'era esposto il listino con i valori di vendita e acquisto, 1,33 e 1,38, e gli altri valori. Chiedo se io devo pagare 1,38 e loro dicono di sì, confermando quindi quello che pensavo, cioè che questi sono i due valori da considerare se compri valuta staniera dando Euro o se vendi valuta straniera per avere Euro. Aggiungono poi che c'è una tassa fissa di 3.50 €. Accettabile. Situazione un po' più cara, ma almeno limpida.
Banca n. 5.
Entro e neanche discuto i prezzi. C'è un valore minimo di 7 € di tasse per qualsiasi cambio. Poi c'è la solita serie di valori con in più una percentuale per ogni operazione. Pure la percentuale!
Banca n. 6.
Dico che devo vendere dollari. Ci sono i soliti valori di vendita e acquisto a 1,36 e 1,32. Per lo meno non ci sono altre cose strane. O l'uno o l'altro. Suppongo già, per sfiducia tutta italiana negli istituti di credito, di dover pagare il prezzo più alto. Chiedo conferma. No, la signora dice che il volore per la mia transazione è di 1,32. Ottimo, mi rincuoro un po'. Accetto e sono pronta alla transazione. Vedo poi la fattura che l'altra impiegata mi prepara e scopro che invece mi hanno cambiato i dollari a 1,36. A questo punto mi sorge un altro dubbio: tra i due valori di vendita e acquisto, avevo sempre pensato di dover considerare per la mia operazione il più alto. Appunto, quando si entra in una banca, si è sempre pronti al peggio. Invece, a pensarci bene, io dovrei basarmi sul prezzo più conveniente perchè il prezzo più alto tra vendita e acquisto dovrebbe essere quello per acquistare valuta straniera pagando in Euro, mentre se io do valuta straniera per avere comodi Euro, la transazione è meno dispendiosa. Almeno, così funziona all'estero. Si può poi aggiungere che i termini vendita e acquisto sono ambigui: vendita e acquisto da parte della banca o da parte del cliente? A me sembra che nelle banche si strumentalizzi anche questa ambiguità.
Conclusione.
Le banche italiane sono a trasparenza zero. Occorrerebbe una laurea in economia per cavarsela, altrimenti devi fidarti di cassieri che te la raccontano come vogliono.
Fossi nel Ministro del Tesoro farei fare dei controlli e verificherei la trasparenza delle operazioni. Se poi pensiamo ai più recenti scandali bancari in Italia ... a maggior ragione.
Vi spiego meglio.
Banca n. 1 (non metto i nomi in un blog ma potrei darli per una verifica).
Chiedo: 'Quanto vale il dollaro? Che cambio ha?' Mi rispondono: '1 € vale 1,59 $'. Mi sembra alto e chiedo di vedere il listino con tutte le valute. E infatti risulta che i due valori vendita/acquista sono 1,32 e 1,34, mentre vi sono poi altre due colonne per 'Cheque' e 'BB/TC' con valori 1,35 e 1,57. La cassiera, un po' a disagio, telefona per verificare e poi mi dice che, è vero, c'è una lieve differenza e che per la mia operazine devo usare il valore di 1,57. 'Come 1,57?', dico io, 'perchè non 1,34?' L'impiegato mi spiega che BB sono banconote. Banconote? Boh, diamogliela per buona. E TC? Quelli sono traveller cheque, ed è già più credibile.
Ora la mia domanda è questa: il valore di vendita/acquisto, non è già questo quello che dovrebbe interessare un cliente che dà banconote? Perchè questo altro valore per le banconote, se il modo più ovvio di cambiare soldi è proprio tramite banconote?
Banca n.2.
Mi dicono, senza mostrare il listino, che il valore di cambio è 1,62. Mi sembra alto e chiedo di vedere il listino con tutti i valori delle valute. L'impiegato dice che ce l'ha solo in computer. Preferisco non cambiare i soldi.
Banca n. 3.
Vedo il listino già esposto e ci sono di nuovo i valori di vendita e acquisto, cheque e BB/TC. Di nuovo il valore più alto è BB/TC e mi dicono che quello è il valore da considerare per il mio cambio. Di nuovo, dubitando, esco.
Banca n. 4.
Mi sembra la più trasparente, anche se il valore è un po' più alto. C'era esposto il listino con i valori di vendita e acquisto, 1,33 e 1,38, e gli altri valori. Chiedo se io devo pagare 1,38 e loro dicono di sì, confermando quindi quello che pensavo, cioè che questi sono i due valori da considerare se compri valuta staniera dando Euro o se vendi valuta straniera per avere Euro. Aggiungono poi che c'è una tassa fissa di 3.50 €. Accettabile. Situazione un po' più cara, ma almeno limpida.
Banca n. 5.
Entro e neanche discuto i prezzi. C'è un valore minimo di 7 € di tasse per qualsiasi cambio. Poi c'è la solita serie di valori con in più una percentuale per ogni operazione. Pure la percentuale!
Banca n. 6.
Dico che devo vendere dollari. Ci sono i soliti valori di vendita e acquisto a 1,36 e 1,32. Per lo meno non ci sono altre cose strane. O l'uno o l'altro. Suppongo già, per sfiducia tutta italiana negli istituti di credito, di dover pagare il prezzo più alto. Chiedo conferma. No, la signora dice che il volore per la mia transazione è di 1,32. Ottimo, mi rincuoro un po'. Accetto e sono pronta alla transazione. Vedo poi la fattura che l'altra impiegata mi prepara e scopro che invece mi hanno cambiato i dollari a 1,36. A questo punto mi sorge un altro dubbio: tra i due valori di vendita e acquisto, avevo sempre pensato di dover considerare per la mia operazione il più alto. Appunto, quando si entra in una banca, si è sempre pronti al peggio. Invece, a pensarci bene, io dovrei basarmi sul prezzo più conveniente perchè il prezzo più alto tra vendita e acquisto dovrebbe essere quello per acquistare valuta straniera pagando in Euro, mentre se io do valuta straniera per avere comodi Euro, la transazione è meno dispendiosa. Almeno, così funziona all'estero. Si può poi aggiungere che i termini vendita e acquisto sono ambigui: vendita e acquisto da parte della banca o da parte del cliente? A me sembra che nelle banche si strumentalizzi anche questa ambiguità.
Conclusione.
Le banche italiane sono a trasparenza zero. Occorrerebbe una laurea in economia per cavarsela, altrimenti devi fidarti di cassieri che te la raccontano come vogliono.
Fossi nel Ministro del Tesoro farei fare dei controlli e verificherei la trasparenza delle operazioni. Se poi pensiamo ai più recenti scandali bancari in Italia ... a maggior ragione.
Saturday, May 19, 2007
disney
Ma si capisce che Disney era americano!
Qui a West Lafayette mi sembra di essere in un cartone animato di Disney quando cammino per strada:
leprotti simpatici che ti saltellano attorno, dappertutto scoiattoli che rosicchiano le noci, farfallone grandi e coloratissime che ti accompagnano a fare la spesa, uccellini rossi, verdi, bianchi e neri che ti svegliano la mattina per far colazione ...
Qui a West Lafayette mi sembra di essere in un cartone animato di Disney quando cammino per strada:
leprotti simpatici che ti saltellano attorno, dappertutto scoiattoli che rosicchiano le noci, farfallone grandi e coloratissime che ti accompagnano a fare la spesa, uccellini rossi, verdi, bianchi e neri che ti svegliano la mattina per far colazione ...
Friday, May 18, 2007
investimenti in italia
Ho insegnato per un anno nell'università americana South East Europe University a Tetovo in Macedonia.
Il numero di ragazzi interessati alla lingua italiana lì è enorme.
Ci sono in tutto 5000 studenti e il direttore del centro linguistico diceva che i ragazzi interessati all'italiano sarebbero centinaia, si sfiora il migliaio.
Poi ci sono corsi di tedesco e francese.
Siccome lo stato italiano non dà nulla per sovvenzionare attività culturali in quest'università, ovviamente l'università cerca di spingere gli studenti verso corsi di tedesco e francese che ricevono finanziamenti dai rispettivi paesi, ma che avrebbero meno iscritti.
Mi raccontava una situazione simile un mio collega che ha insegnato per qualche mese in Tunisia: grande interesse per l'Italia, molti vogliono andare in Italia, ma pochissimi finanziamenti da parte dell'Italia.
Risultato? Non soldi risparmiati da parte dello stato italiano, secondo me, ma soldi persi. Ancora non si crede abbastanza all'importanza degli investimenti nel settore culturale.
Perchè soldi persi? Perchè, ovviamente, una persona interessata all'Italia è una persona che spende per l'Italia - libri, viaggi, moda, informazione ... E' come avere non un cittadino, ma mezzo cittadino, o un quarto di cittadino in termini di spese per prodotti italiani.
Questo solo per metterla sull'economico, visto che questo è il problema.
Poi c'è un'altra questione: se in aree ad alta emigrazione in Italia ci fossero più mezzi per far conoscere l'Italia e informare, anche l'emigrazione in Italia avrebbe meno problemi. E i problemi dell'emigrazione sono tali per chi emigra, ma anche per il paese ospitante.
Far conoscere di più il nostro paese significa investire in persone che spendono poi nel paese.
Come ripeto, non è che gli stranieri sono solo dei clienti, ma visto che il problema è economico, meglio enfatizzare il feedback economico che l'Italia avrebbe se sostenesse molto di più la conoscenza stessa del paese all'estero.
Vediamo ... Facciamo un po' i conti ... In Italia c'è un numero incredibile di impiegati, servi, segretari, autisti, portaborse ... di presidenti, ministri ... Un numero enorme rispetto agli altri paesi europei (Germania, Francia, UK ... ) che, oltretutto, funzionano meglio dell'Italia.
Ora, se noi togliessimo un inutile segretario di uno dei tanti ministri o di un presidente ... per un anno ... quanto si risparmierebbe?
Non so quanto guadagnano ma diciamo ... per tenerci bassi ... 15.000 euro l'anno?
Wow, con 15.000 euro solo per un anno riempi dieci biblioteche di libri italiani.
Se poi moltiplichiamo per 100 (per tenerci bassi, sembra che in Italia ci siano quasi 1000 impiegati del Presidente della Repubblica più che in Germania)... 100 impiegati in meno sono 1.500.000 Euro!
Beh, con questi soldi addirittura apri una facoltà di italiano in un'università staniera! Ogni anno si potrebbe aprire qualche nuova facoltà in giro per il mondo ... E allora non occorrerebbe neanche più vendere l'Alitalia perchè ci sarebbero moltissimi più studenti, studiosi, turisti, emigranti, curiosi, che verrebbero in Italia.
1.500.000 Euro risparmiati in un solo anno. E se poi calcoliamo questo per dieci anni (sempre per tenerci bassi, visto che è così nel nostro paese almeno dall'Unità d'Italia), si arriverebbe a 15.000.000 Euro! Con questi addirittura si potrebbe aprire una nuova base spaziale e, chissà, magari anche su Marte o Giove sono interessati a corsi di italiano ...
Speriamo che si proceda in una revisione attenta della spesa pubblica.
Il numero di ragazzi interessati alla lingua italiana lì è enorme.
Ci sono in tutto 5000 studenti e il direttore del centro linguistico diceva che i ragazzi interessati all'italiano sarebbero centinaia, si sfiora il migliaio.
Poi ci sono corsi di tedesco e francese.
Siccome lo stato italiano non dà nulla per sovvenzionare attività culturali in quest'università, ovviamente l'università cerca di spingere gli studenti verso corsi di tedesco e francese che ricevono finanziamenti dai rispettivi paesi, ma che avrebbero meno iscritti.
Mi raccontava una situazione simile un mio collega che ha insegnato per qualche mese in Tunisia: grande interesse per l'Italia, molti vogliono andare in Italia, ma pochissimi finanziamenti da parte dell'Italia.
Risultato? Non soldi risparmiati da parte dello stato italiano, secondo me, ma soldi persi. Ancora non si crede abbastanza all'importanza degli investimenti nel settore culturale.
Perchè soldi persi? Perchè, ovviamente, una persona interessata all'Italia è una persona che spende per l'Italia - libri, viaggi, moda, informazione ... E' come avere non un cittadino, ma mezzo cittadino, o un quarto di cittadino in termini di spese per prodotti italiani.
Questo solo per metterla sull'economico, visto che questo è il problema.
Poi c'è un'altra questione: se in aree ad alta emigrazione in Italia ci fossero più mezzi per far conoscere l'Italia e informare, anche l'emigrazione in Italia avrebbe meno problemi. E i problemi dell'emigrazione sono tali per chi emigra, ma anche per il paese ospitante.
Far conoscere di più il nostro paese significa investire in persone che spendono poi nel paese.
Come ripeto, non è che gli stranieri sono solo dei clienti, ma visto che il problema è economico, meglio enfatizzare il feedback economico che l'Italia avrebbe se sostenesse molto di più la conoscenza stessa del paese all'estero.
Vediamo ... Facciamo un po' i conti ... In Italia c'è un numero incredibile di impiegati, servi, segretari, autisti, portaborse ... di presidenti, ministri ... Un numero enorme rispetto agli altri paesi europei (Germania, Francia, UK ... ) che, oltretutto, funzionano meglio dell'Italia.
Ora, se noi togliessimo un inutile segretario di uno dei tanti ministri o di un presidente ... per un anno ... quanto si risparmierebbe?
Non so quanto guadagnano ma diciamo ... per tenerci bassi ... 15.000 euro l'anno?
Wow, con 15.000 euro solo per un anno riempi dieci biblioteche di libri italiani.
Se poi moltiplichiamo per 100 (per tenerci bassi, sembra che in Italia ci siano quasi 1000 impiegati del Presidente della Repubblica più che in Germania)... 100 impiegati in meno sono 1.500.000 Euro!
Beh, con questi soldi addirittura apri una facoltà di italiano in un'università staniera! Ogni anno si potrebbe aprire qualche nuova facoltà in giro per il mondo ... E allora non occorrerebbe neanche più vendere l'Alitalia perchè ci sarebbero moltissimi più studenti, studiosi, turisti, emigranti, curiosi, che verrebbero in Italia.
1.500.000 Euro risparmiati in un solo anno. E se poi calcoliamo questo per dieci anni (sempre per tenerci bassi, visto che è così nel nostro paese almeno dall'Unità d'Italia), si arriverebbe a 15.000.000 Euro! Con questi addirittura si potrebbe aprire una nuova base spaziale e, chissà, magari anche su Marte o Giove sono interessati a corsi di italiano ...
Speriamo che si proceda in una revisione attenta della spesa pubblica.
Thursday, May 17, 2007
interculturalità
teatralità
università di udine
"La nostra è un'università sinistra ... cioè, no, scusate, volevo dire di sinistra."
Commento
Gli accademici italiani sono perlopiù di sinistra - è molto trendy - ma in realtà a me sembra che di impegno sociale non se ne intendano proprio. E' una classe elitaria e la divisione per censo e, soprattutto, per stirpe, è ancora molte forte.
università italiane
"Scusi, professoressa, posso chiederle di firmarmi questa richiesta di iscrizione al dottorato di Klagenfurt?"
"Mi spiace, signorina, non gliela posso firmare. Non so scrivere."
Commento.
Se vuoi continuare a studiare, laureati il più velocemente possibile e poi scappa subito all'estero prima che gli accademici italiani te lo impediscano.
le mamme son tutte uguali
Febbraio 2006. Italian Dream
tutto è relativo ... alla poltrona che occupi
Febbraio 2006
G. Alemanno (Alleanza Nazionale)
"E smettiamola di dire che tutto va male in Italia: il governo Berlusconi ha realizzato non tutto ma gran parte del suo programma e continueremo a realizzarlo dopo le elezioni ..."
"E smettiamola di dire che tutto va bene a Roma: l'amministrazione Veltroni nasconde dietro un falso ottimismo i gravi problemi di una città ormai invivibile. Con la mia elezione a sindaco di Roma realizzerò un programma di reale trasformazione della città."
D-Day
Berlusconi Time 2
Berlusconi Time 1
2006. Dibattito politico in Italia durante la campagna elettorale
Wednesday, May 16, 2007
parole
Le parole sono come le persone o le cose: suscitano reazioni di simpatia, antipatia, tristezza, allegria ...
Certe parole fanno tristezza: guerra, sofferenza, agonia ...
Certe malinconia: abbandono, lontananza ...
Certe ispirano simpatia: arcobaleno, scoiattolo, leprotto ...
Certe infine fanno ridere perchè sono divertenti, addirittura ridicole: cicciottello, poffarbacco, ... meritocrazia.
Certe parole fanno tristezza: guerra, sofferenza, agonia ...
Certe malinconia: abbandono, lontananza ...
Certe ispirano simpatia: arcobaleno, scoiattolo, leprotto ...
Certe infine fanno ridere perchè sono divertenti, addirittura ridicole: cicciottello, poffarbacco, ... meritocrazia.
Tuesday, May 15, 2007
insegnare italiano - annuncio interessante
Mi è capitato di rispondere ad un annuncio di un'università in Asia in cui si offriva un posto di lettore di italiano, ma in modo un po' diverso dal solito, e cioè si chiedeva di proporre che cosa si voleva insegnare con relativo sillabo.
Di solito si è invitati ad insegnare le solite cose ... lingua italiana livello 1, letteratura italiana del Novecento, italiano commerciale, storia italiana dall'Unità ai nostri giorni, ... e chi arriva lì deve insegnare magari quel che sa bene ma programmi già definiti, e, in genere, i soliti programmi già definiti.
Trovo che quell'annuncio invece sia molto simpatico e diventa molto stimolante per chi ama l'insegnamento poter proporre un programma di proprio interesse. Credo sia interessante anche per l'università scegliere tra candidati con programmi vari che possono anche essere molto originali e innovativi.
Ad esempio argomenti come, che ne so, storia dell'automobile in Italia, come è cambiata la società italiana dopo l'avvento della televisione, economia italiana: il settore della moda, (parlo di moda e auto perchè so che sono di grande interesse tra gli stranieri che studiano italiano), il ruolo delle piccole imprese nell'economia italiana (visto che i rapporti commerciali - che in genere interessano i paesi stranieri - sono sostenuti in Italia per lo più da piccole e medie imprese), i giornali italiani e l'Italia contemporanea, il mondo politico attuale, gli immigrati in Italia, l'Italia e gli italiani nella letteratura italiana (o straniera), le città italiane, le città italiane e come vi vivono gli italiani, le città italiane e le loro opere d'arte ...
Insomma mi sto sbizzarrendo ... Non sarebbe male se le offerte di insegnamento lasciassero carta bianca al candidato che si propone. Ovviamente poi scelgono chi vogliono, ma ci sarebbe un aumento di vivacità e maggiore ricchezza di argomenti.
Di solito si è invitati ad insegnare le solite cose ... lingua italiana livello 1, letteratura italiana del Novecento, italiano commerciale, storia italiana dall'Unità ai nostri giorni, ... e chi arriva lì deve insegnare magari quel che sa bene ma programmi già definiti, e, in genere, i soliti programmi già definiti.
Trovo che quell'annuncio invece sia molto simpatico e diventa molto stimolante per chi ama l'insegnamento poter proporre un programma di proprio interesse. Credo sia interessante anche per l'università scegliere tra candidati con programmi vari che possono anche essere molto originali e innovativi.
Ad esempio argomenti come, che ne so, storia dell'automobile in Italia, come è cambiata la società italiana dopo l'avvento della televisione, economia italiana: il settore della moda, (parlo di moda e auto perchè so che sono di grande interesse tra gli stranieri che studiano italiano), il ruolo delle piccole imprese nell'economia italiana (visto che i rapporti commerciali - che in genere interessano i paesi stranieri - sono sostenuti in Italia per lo più da piccole e medie imprese), i giornali italiani e l'Italia contemporanea, il mondo politico attuale, gli immigrati in Italia, l'Italia e gli italiani nella letteratura italiana (o straniera), le città italiane, le città italiane e come vi vivono gli italiani, le città italiane e le loro opere d'arte ...
Insomma mi sto sbizzarrendo ... Non sarebbe male se le offerte di insegnamento lasciassero carta bianca al candidato che si propone. Ovviamente poi scelgono chi vogliono, ma ci sarebbe un aumento di vivacità e maggiore ricchezza di argomenti.
Saturday, May 12, 2007
per insegnare italiano o studiare all'estero
Molti miei colleghi e amici esprimono spesso il desiderio di andare all'estero a insegnare o studiare e, ricordando i miei ultimi anni in Italia, non posso che incoraggiarli.
In questo mio blog ci sono vari annunci per insegnare italiano all'estero o per borse di studio e di ricerca:
http://insegnareitaliano.blogspot.com
In questo mio blog ci sono vari annunci per insegnare italiano all'estero o per borse di studio e di ricerca:
http://insegnareitaliano.blogspot.com
Friday, May 11, 2007
tutankhamon
Ho visto oggi (al telegiornale) Bertinotti davanti alla maschera dorata di Tutankhamon. Bellino, eh? E', credo, l'unica opera d'arte che mi ha lasciata letteralmente senza fiato.
Ricordo un'altra cosa curiosa del Museo del Cairo: le mummie dei gatti. Gatti sacri, naturalmente.
Tutankhamon è forse il faraone egiziano più famoso, ma in realtà non è stato un grande regnante, come si potrebbe pensare. Era un ragazzino quando è morto - forse ucciso da cortigiani - e ha regnato pochissimo. E' famoso soprattutto perchè la sua tomba è stata una delle più straordinarie scoperte archeologiche in Egitto, essendo stata trovata nel 1922 dall'archeologo Carter perfettemante conservata e intatta. Molte tombe di faraoni venivano depredate e i loro resti erano meno splendidi.
Ricordo un'altra cosa curiosa del Museo del Cairo: le mummie dei gatti. Gatti sacri, naturalmente.
Tutankhamon è forse il faraone egiziano più famoso, ma in realtà non è stato un grande regnante, come si potrebbe pensare. Era un ragazzino quando è morto - forse ucciso da cortigiani - e ha regnato pochissimo. E' famoso soprattutto perchè la sua tomba è stata una delle più straordinarie scoperte archeologiche in Egitto, essendo stata trovata nel 1922 dall'archeologo Carter perfettemante conservata e intatta. Molte tombe di faraoni venivano depredate e i loro resti erano meno splendidi.
Thursday, May 10, 2007
accademici italiani
Ricordo di aver chiesto una volta ad una docente di tedesco di Venezia (se non era ordinario le mancava poco; insegnava tedesco da decine d'anni) se poteva darmi qualche informazione per insegnare e studiare corsi post-laurea in Germania.
Mi ha detto che non aveva informazioni precise.
Una docente di tedesco non sa darti un solo sito o un nome con cui cominciare a cercare informazioni?
Ma questo è solo uno di molti episodi simili.
Poi ricordo che ogni tanto chiedevo a vari accademici italiani informazioni per fare dottorati. Non so se succede anche adesso in Italia, ma ti stroncano subito. Non sanno niente di te, se sei bravo o meno, i tuoi interessi, quello che fai, ma ti dicono tutti ... no, i dottorati no, non vale la pena di candidarsi.
Ora, che effettivamente non valga la pena di candidarsi in Italia ... è assolutamente vero. Tempo perso. Vista la gestione semimafiosa dei concorsi universitari, non vale proprio la pena, a meno che il tuo docente non ti abbia già detto che tu hai ormai vinto il concorso che dovrai fare nei prossimi giorni. In Italia è ancora così.
Pero' quel che sorprende è che nessuno ti dice di andare all'estero dove ci sono molte più possibilità che in Italia e dove ci sono forme di reclutamento diverse. Non l'ho mai sentito dire da nessuno. Questo mi fa pensare che gli accademici italiani NON VOGLIANO che tu studi a livello di dottorato. E' come se considerassero il loro stato di docenti un privilegio che ribadisce una presunta superiorità sui comuni mortali e ci tengono ad escluderti, a farti sentire non all'altezza. E' come se proteggessero degli interessi personali, come se non volessero che altri raggiungessero il loro status.
Ora l'invidia, lo si sa, è ben di casa in Italia (già Shakespeare se ne era accorto); ma qui non si tratta solo di limiti nei rapporti personali o di meschinità. E' molto più grave. E' un errore professionale gravissimo. Perchè qui quello che loro 'difendono', i loro presunti privilegi, sono in realtà la possibilità di studiare, di continuare a formarsi e aumentare il proprio livello culturale. La cosa diventa davvero grave, perchè, alla fine, quello che impediscono, è appunto la crescita culturale di altri italiani e dell'Italia stessa. Gli accademici italiani sono pagati per favorire e sostenere la crescita culturale del paese; invece, impressione mia - sostenuta peraltro da ricca bibliografia - fanno esattamente il contrario: bloccano lo sviluppo culturale di un paese intero. E infatti ... si continua a emigrare ...
Mi ha detto che non aveva informazioni precise.
Una docente di tedesco non sa darti un solo sito o un nome con cui cominciare a cercare informazioni?
Ma questo è solo uno di molti episodi simili.
Poi ricordo che ogni tanto chiedevo a vari accademici italiani informazioni per fare dottorati. Non so se succede anche adesso in Italia, ma ti stroncano subito. Non sanno niente di te, se sei bravo o meno, i tuoi interessi, quello che fai, ma ti dicono tutti ... no, i dottorati no, non vale la pena di candidarsi.
Ora, che effettivamente non valga la pena di candidarsi in Italia ... è assolutamente vero. Tempo perso. Vista la gestione semimafiosa dei concorsi universitari, non vale proprio la pena, a meno che il tuo docente non ti abbia già detto che tu hai ormai vinto il concorso che dovrai fare nei prossimi giorni. In Italia è ancora così.
Pero' quel che sorprende è che nessuno ti dice di andare all'estero dove ci sono molte più possibilità che in Italia e dove ci sono forme di reclutamento diverse. Non l'ho mai sentito dire da nessuno. Questo mi fa pensare che gli accademici italiani NON VOGLIANO che tu studi a livello di dottorato. E' come se considerassero il loro stato di docenti un privilegio che ribadisce una presunta superiorità sui comuni mortali e ci tengono ad escluderti, a farti sentire non all'altezza. E' come se proteggessero degli interessi personali, come se non volessero che altri raggiungessero il loro status.
Ora l'invidia, lo si sa, è ben di casa in Italia (già Shakespeare se ne era accorto); ma qui non si tratta solo di limiti nei rapporti personali o di meschinità. E' molto più grave. E' un errore professionale gravissimo. Perchè qui quello che loro 'difendono', i loro presunti privilegi, sono in realtà la possibilità di studiare, di continuare a formarsi e aumentare il proprio livello culturale. La cosa diventa davvero grave, perchè, alla fine, quello che impediscono, è appunto la crescita culturale di altri italiani e dell'Italia stessa. Gli accademici italiani sono pagati per favorire e sostenere la crescita culturale del paese; invece, impressione mia - sostenuta peraltro da ricca bibliografia - fanno esattamente il contrario: bloccano lo sviluppo culturale di un paese intero. E infatti ... si continua a emigrare ...
Wednesday, May 9, 2007
ci si mette pure Biagi ...
Ho visto la trasmissione di Biagi 'Rotocalco' (che trovo interessante), in cui uno degli ospiti era lo storico Paul Ginsborg, esperto di Italia e Europa contemporanea.
Alla domanda di Biagi quali fosse un difetto degli italiani, Ginsborg giustamente risponde: la mancanza di un senso di identità collettiva, di senso civico; e ha ricordato come durante il fascismo troppi hanno accettato il fascismo senza protestare; basti ricordare il mondo accademico e i dodici professori coraggiosi (solo 12 su 1200!) che hanno avuto il coraggio di non firmare a favore delle leggi fasciste.
E giustamente Ginsborg si chiedeva come fosse possibile tutto ciò, visto che la violenza e le ingiustizie del fascismo erano ormai molto evidenti.
E Biagi ha detto: 'Le suggerisco io una risposta: come diceva Fellini, questo è avvenuto perchè non eravamo fessi. Ignorare il pericolo del potere fascista era da fessi.'
E infatti è solo dopo la guerra che si scopre che c'erano così tanti antifascisti in Italia: perchè durante la guerra pensavano bene di stare dalla parte dei fascisti.
Io non direi che questo è 'non essere fessi'. Direi che è piuttosto essere vigliacchi. E ci si deve scandalizzare di questa vigliaccheria, non accettarla dicendo che è irragionevole rifiutare un governo dittatoriale e violento.
Questa vigliaccheria, questa mediocrità deve suscitare rifiuto, critica, condanna ... sennò va bene tutto.
E' forse per questo che il caso dei 12 professori italiani che rifiutano il fascismo (naturalmente perdendo posto e carriera) non è così famoso in Italia: perchè non sorprende troppo. E' normale, solo dei fessi, dice Fellini, vanno contro gli abusi di potere a rischio della propria sicurezza.
Allora ha ragione Nanni Moretti: 'Gli italiani si meritano Sordi' (nel senso dei molti 'italiani tipici', mediocri e vigliacchi interpretati da Alberto Sordi).
Per fortuna ci sono anche i Perlasca ...
Alla domanda di Biagi quali fosse un difetto degli italiani, Ginsborg giustamente risponde: la mancanza di un senso di identità collettiva, di senso civico; e ha ricordato come durante il fascismo troppi hanno accettato il fascismo senza protestare; basti ricordare il mondo accademico e i dodici professori coraggiosi (solo 12 su 1200!) che hanno avuto il coraggio di non firmare a favore delle leggi fasciste.
E giustamente Ginsborg si chiedeva come fosse possibile tutto ciò, visto che la violenza e le ingiustizie del fascismo erano ormai molto evidenti.
E Biagi ha detto: 'Le suggerisco io una risposta: come diceva Fellini, questo è avvenuto perchè non eravamo fessi. Ignorare il pericolo del potere fascista era da fessi.'
E infatti è solo dopo la guerra che si scopre che c'erano così tanti antifascisti in Italia: perchè durante la guerra pensavano bene di stare dalla parte dei fascisti.
Io non direi che questo è 'non essere fessi'. Direi che è piuttosto essere vigliacchi. E ci si deve scandalizzare di questa vigliaccheria, non accettarla dicendo che è irragionevole rifiutare un governo dittatoriale e violento.
Questa vigliaccheria, questa mediocrità deve suscitare rifiuto, critica, condanna ... sennò va bene tutto.
E' forse per questo che il caso dei 12 professori italiani che rifiutano il fascismo (naturalmente perdendo posto e carriera) non è così famoso in Italia: perchè non sorprende troppo. E' normale, solo dei fessi, dice Fellini, vanno contro gli abusi di potere a rischio della propria sicurezza.
Allora ha ragione Nanni Moretti: 'Gli italiani si meritano Sordi' (nel senso dei molti 'italiani tipici', mediocri e vigliacchi interpretati da Alberto Sordi).
Per fortuna ci sono anche i Perlasca ...
Tuesday, May 8, 2007
potere in usa
Se ho capito bene, qui in USA il potere ce l'ha chi ha i soldi.
Nelle università un grande potere ovviamente ce l'hanno i capi - che possono tranquillamente licenziare senza motivo - ma un grande potere sembra che ce l'abbiano anche gli studenti - che sia perchè pagano molte tasse? - perchè se uno studente non è soddisfatto dell'insegnante e dei voti ricevuti, può andare dall'associazione che protegge gli studenti e creare grandi problemi all'insegnante.
Qua fin dal primo giorno i coordinatori ci insegnano di stare molto attenti nel rapporto con gli studenti, perchè se denunciano qualcosa, si hanno buoni guai.
Sembra che l'unica categoria non protetta sia quella degli insegnanti perchè ... 'sti disgraziati, soldi ne hanno pochi, e, di conseguenza, potere decisionale altrettanto poco.
Quindi noi, poveri insegnanti, siamo presi tra due fuochi: i capi da una parte, e gli studenti dall'altra.
Naturalmente il valore culturale delle nostre prestazioni .... mica si mangia con la cultura ... e quindi ... soldi pochi = potere poco.
O no?
Nelle università un grande potere ovviamente ce l'hanno i capi - che possono tranquillamente licenziare senza motivo - ma un grande potere sembra che ce l'abbiano anche gli studenti - che sia perchè pagano molte tasse? - perchè se uno studente non è soddisfatto dell'insegnante e dei voti ricevuti, può andare dall'associazione che protegge gli studenti e creare grandi problemi all'insegnante.
Qua fin dal primo giorno i coordinatori ci insegnano di stare molto attenti nel rapporto con gli studenti, perchè se denunciano qualcosa, si hanno buoni guai.
Sembra che l'unica categoria non protetta sia quella degli insegnanti perchè ... 'sti disgraziati, soldi ne hanno pochi, e, di conseguenza, potere decisionale altrettanto poco.
Quindi noi, poveri insegnanti, siamo presi tra due fuochi: i capi da una parte, e gli studenti dall'altra.
Naturalmente il valore culturale delle nostre prestazioni .... mica si mangia con la cultura ... e quindi ... soldi pochi = potere poco.
O no?
italia o estero?
Io insegnerei alle superiori in Italia. Da vari anni sono sempre più spesso all'estero, come insegnante o studente-studiosa.
Molti insegnanti o studiosi in Italia sono incerti se restare in Italia o andare all'estero.
Io non esiterei a consigliarli di andare all'estero.
Ho lasciato il mio paese per l'ignoranza e l'inciviltà di certi italiani (un caso di stalking), ma anche perchè le condizioni di lavoro per chi ama il mondo della cultura sono decisamente poco felici.
Si sa benissimo che le università italiane assomigliano alle logge massoniche in cui solo uno stretto giro di affiliati può entrare. Logge massoniche nel significato italiano - cioè di associazioni chiuse e oscure, per soli addetti. Qui in America la massoneria è un'organizzazione come tante. Non ha niente di segreto o fuori regola.
Chi nasce con il pedigree ad hoc, a 40 anni è già ordinario. Gli altri, per quanto intelligenti e capaci, faranno i maestrini per tutta la vita.
In questi ultimi anni ho viaggiato in vari paesi e ho lavorato a volte bene a volte meno bene. Ma un valore aggiunto è la conoscenza stessa dei vari paesi in cui sono stata. E sono soddisfatta di quello che ho fatto.
Poi ci sono paesi in cui si lavora meglio e paesi in cui si lavora peggio.
Qui in USA ho lavorato molto bene. Per conto mio, in realtà, perchè non sono stata altrettanto fortunata con capi e dipartimento. Anche per questo ho rifiutato di restare in quest'università il prossimo anno. Nonostante questo ho lavorato bene, ho fatto molte cose, pubblicato molti articoli, ho studiato, mi sono informata ...
Ricordo gli ultimi anni in Italia come disastrosi.
Quindi consiglio a chi pensa di poter lavorare nel mondo della cultura di andarsene dall'Italia.
Non si facciano ben noti scrupoli del tipo: 'Bisogna dare il proprio contributo al Paese.' No, esperienza mia, questa ha senso se le perdite non sono eccessive. Se per 'dare il proprio contributo' si raggiunge il risultato 3, quando all'estero si può fare 10, non avrei dubbbi che è meglio, al limite, 'dare il proprio contributo' dall'estero.
La nota frase di J.F.Kennedy 'Non chiederti che cosa ti dà il tuo paese, ma chiediti che cosa fai tu per il tuo paese', è molto bella e idealista, ma non essendo nazionalista e ritenendo che sia meglio dare-il-massimo-di-sè-non-importa-dove, consiglierei agli studiosi italiani di andarsene dall'Italia.
La classe dirigente politica e accademica è lì apposta per gestire e migliorare le cose. Se non lo fa, è giusto che la gente cerchi altrove condizioni migliori.
Negli ultimi tempi ci sono dei migliramenti, e ci si augura che le condizioni in Italia continuino a migliorare. Personalmente vivevo troppo male e sono contenta di essermene andata. Se poi le condizioni di lavoro in Italia migliorano effettivamente, sono sicuro che le voci circoleranno presto e allora magari si può tornare nel Bel Paese.
Molti insegnanti o studiosi in Italia sono incerti se restare in Italia o andare all'estero.
Io non esiterei a consigliarli di andare all'estero.
Ho lasciato il mio paese per l'ignoranza e l'inciviltà di certi italiani (un caso di stalking), ma anche perchè le condizioni di lavoro per chi ama il mondo della cultura sono decisamente poco felici.
Si sa benissimo che le università italiane assomigliano alle logge massoniche in cui solo uno stretto giro di affiliati può entrare. Logge massoniche nel significato italiano - cioè di associazioni chiuse e oscure, per soli addetti. Qui in America la massoneria è un'organizzazione come tante. Non ha niente di segreto o fuori regola.
Chi nasce con il pedigree ad hoc, a 40 anni è già ordinario. Gli altri, per quanto intelligenti e capaci, faranno i maestrini per tutta la vita.
In questi ultimi anni ho viaggiato in vari paesi e ho lavorato a volte bene a volte meno bene. Ma un valore aggiunto è la conoscenza stessa dei vari paesi in cui sono stata. E sono soddisfatta di quello che ho fatto.
Poi ci sono paesi in cui si lavora meglio e paesi in cui si lavora peggio.
Qui in USA ho lavorato molto bene. Per conto mio, in realtà, perchè non sono stata altrettanto fortunata con capi e dipartimento. Anche per questo ho rifiutato di restare in quest'università il prossimo anno. Nonostante questo ho lavorato bene, ho fatto molte cose, pubblicato molti articoli, ho studiato, mi sono informata ...
Ricordo gli ultimi anni in Italia come disastrosi.
Quindi consiglio a chi pensa di poter lavorare nel mondo della cultura di andarsene dall'Italia.
Non si facciano ben noti scrupoli del tipo: 'Bisogna dare il proprio contributo al Paese.' No, esperienza mia, questa ha senso se le perdite non sono eccessive. Se per 'dare il proprio contributo' si raggiunge il risultato 3, quando all'estero si può fare 10, non avrei dubbbi che è meglio, al limite, 'dare il proprio contributo' dall'estero.
La nota frase di J.F.Kennedy 'Non chiederti che cosa ti dà il tuo paese, ma chiediti che cosa fai tu per il tuo paese', è molto bella e idealista, ma non essendo nazionalista e ritenendo che sia meglio dare-il-massimo-di-sè-non-importa-dove, consiglierei agli studiosi italiani di andarsene dall'Italia.
La classe dirigente politica e accademica è lì apposta per gestire e migliorare le cose. Se non lo fa, è giusto che la gente cerchi altrove condizioni migliori.
Negli ultimi tempi ci sono dei migliramenti, e ci si augura che le condizioni in Italia continuino a migliorare. Personalmente vivevo troppo male e sono contenta di essermene andata. Se poi le condizioni di lavoro in Italia migliorano effettivamente, sono sicuro che le voci circoleranno presto e allora magari si può tornare nel Bel Paese.
Thursday, May 3, 2007
israeliani e palestinesi
Ma gli israeliani che ci fanno in Libano? E' per combattere gli Ezbollah? Cioè per sconfiggere il terrorismo filo-palestinese? Ma non è che stanno prima a risolvere il problema dando uno straccio di terra a 'sti poveri cristi di palestinesi?
Se non danno un territorio ai palestinesi il terrorismo non si risolve di sicuro. Secondo me i leader israeliani e palestinesi dovrebbero chiudersi a chiave dentro una stanza, come al conclave, e non uscire finchè non hanno deciso una spartizione del territorio. Se uno non ha una casa (cioè una terra per i palestinesi) non si metterà neanche a fare qualsiasi altra cosa. Prima la casa e l'indispensabile e poi viene tutto il resto (attività produttive, stabilità).
Non credo che ci voglia chissà cosa per decidere una spartizione del territorio. E comunque è una priorità assoluta.
Se i palestinesi non hanno un territorio - come non hanno; i pseudo-territori palestinesi sono in realtà territori israeliani in cui vivono (vivono?) i palestinesi - non smetterà la violenza. I palestinesi vivono in un territorio in cui gli israliani possono fare quel che vogliono e siccome è praticamente stato di guerra, i soldati israeliani possono entrare nelle loro case quando vogliono, possono pestare senza tanti problemi, possono usare bambini come scudi umani.
se la gente non ha un suo territorio in cui può avviare un'attività, costruire una casa per i propri figli, iniziare un'università e studiare senza troppi problemi, se hanno dei terreni in cui soldati stranieri vengono tranquillamente a distruggere i raccolti - come è ben noto - se non hanno una casa e una terra .... non possono che fare i terroristi. Nulla si può fare per un fine costruttivo in quelle condizioni di vita. Se i palestinesi non hanno un loro territorio, gli israeliani non possono che aspettarsi ancora violenza.
Se non danno un territorio ai palestinesi il terrorismo non si risolve di sicuro. Secondo me i leader israeliani e palestinesi dovrebbero chiudersi a chiave dentro una stanza, come al conclave, e non uscire finchè non hanno deciso una spartizione del territorio. Se uno non ha una casa (cioè una terra per i palestinesi) non si metterà neanche a fare qualsiasi altra cosa. Prima la casa e l'indispensabile e poi viene tutto il resto (attività produttive, stabilità).
Non credo che ci voglia chissà cosa per decidere una spartizione del territorio. E comunque è una priorità assoluta.
Se i palestinesi non hanno un territorio - come non hanno; i pseudo-territori palestinesi sono in realtà territori israeliani in cui vivono (vivono?) i palestinesi - non smetterà la violenza. I palestinesi vivono in un territorio in cui gli israliani possono fare quel che vogliono e siccome è praticamente stato di guerra, i soldati israeliani possono entrare nelle loro case quando vogliono, possono pestare senza tanti problemi, possono usare bambini come scudi umani.
se la gente non ha un suo territorio in cui può avviare un'attività, costruire una casa per i propri figli, iniziare un'università e studiare senza troppi problemi, se hanno dei terreni in cui soldati stranieri vengono tranquillamente a distruggere i raccolti - come è ben noto - se non hanno una casa e una terra .... non possono che fare i terroristi. Nulla si può fare per un fine costruttivo in quelle condizioni di vita. Se i palestinesi non hanno un loro territorio, gli israeliani non possono che aspettarsi ancora violenza.
Wednesday, May 2, 2007
novità italiane
Però ci sono anche cambiamenti positivi in corso in Italia.
Ad esempio un certo snellimento delle pratiche burocratiche.
E' stato diffuso di recente, ho visto, un programma per rendere facile la compilazione della dichiarazione dei redditi a chiunque.
In Italia pochissimi si fanno la dichiarazione dei redditi: i disoccupati - che non hanno niente da dichiarare - e i commercialisti, per lo più.
Tutti invece mandano, appunto, al commercialista, la dichiarazione da far fare. Questo anche per le squisitezze linguistiche burocratico-barocche che rendono il tutto un'impresa non comune.
Anch'io ho fatto la mia prima dichiarazione dei redditi - tutta da sola! - qui in America, e in inglese, ovviamente.
L'inglese è molto più comprensibile del burocratese italiano.
Non era per niente difficile. Ed era organizzato bene. A chi lavora per l'università in una lezione di due ore si insegna come fare. E poi per dubbi restano le email agli esperti o una consulenza risolvibile in pochi minuti.
Esempio da imitare.
O, forse, esempio già imitato?
Ad esempio un certo snellimento delle pratiche burocratiche.
E' stato diffuso di recente, ho visto, un programma per rendere facile la compilazione della dichiarazione dei redditi a chiunque.
In Italia pochissimi si fanno la dichiarazione dei redditi: i disoccupati - che non hanno niente da dichiarare - e i commercialisti, per lo più.
Tutti invece mandano, appunto, al commercialista, la dichiarazione da far fare. Questo anche per le squisitezze linguistiche burocratico-barocche che rendono il tutto un'impresa non comune.
Anch'io ho fatto la mia prima dichiarazione dei redditi - tutta da sola! - qui in America, e in inglese, ovviamente.
L'inglese è molto più comprensibile del burocratese italiano.
Non era per niente difficile. Ed era organizzato bene. A chi lavora per l'università in una lezione di due ore si insegna come fare. E poi per dubbi restano le email agli esperti o una consulenza risolvibile in pochi minuti.
Esempio da imitare.
O, forse, esempio già imitato?
per risanare la spesa pubblica
Consiglio per il Governo.
Ho sentito che nel mese di aprile c'è stato di nuovo un leggero aumento del debito pubblico.
Secondo me se si vuole ridurre la spesa pubblica inutile in Italia, non c'è che l'imbarazzo della scelta!
I segretari per il Presidente della Repubblica Federale di Germania sono circa 200. In Italia sono circa 1190 circa, quasi 1000 più di quelli tedeschi.
In Italia i politici hanno la macchina blu con autista, benzina, stracci per pulire i vetri - tutto rigorosamente pagato dallo stato. E la usano anche per andare a trovare i propri amici nel tempo libero.
In Svezia si vedono i politici al supermercato senza portaborse, autisti e guardie del corpo.
I parlamentari italiani hanno, ovviamente, uno stipendio invidiabile, ma soprattutto hanno un sacco di privilegi, tutti rigorosamente pagati dai contribuenti: buoni gratis per cinema, ristoranti, viaggi. Corsi di tennis, aerobica - inglese no, visto che al Parlamento europeo, anzichè una o due lingue ufficiali, siamo ancora alla babele delle lingue, con spese di traduzione relative.
Al Parlamento uno può andare a dire che ha perso un orologio, una borsa in pelle da 2000 €, o un pacchetto viaggio per una vacanza a Hong Kong, e, senza tante storie, glielo rimborsano.
Altro che noi, comuni mortali, che in una scuola, per poter usare una risma di carta in più per le lezioni dobbiamo fare richiesta alla direzione e dopo qualche settimana, visti tutti i documenti relativi, solo se siamo fortunati riceviamo qualcosa.
Nei tribunali non hanno neanche la carta per le fotocopie.
Nelle scuole a volte il materiale didattico è comprato con una colletta degli alunni.
E la lista potrebbe continuare.
Consiglio il nuovo libro di Gian Antonio Stella, 'Caste'.
E, soprattutto, consiglio di prendere molto sul serio il problema di questi sprechi.
Ho sentito che nel mese di aprile c'è stato di nuovo un leggero aumento del debito pubblico.
Secondo me se si vuole ridurre la spesa pubblica inutile in Italia, non c'è che l'imbarazzo della scelta!
I segretari per il Presidente della Repubblica Federale di Germania sono circa 200. In Italia sono circa 1190 circa, quasi 1000 più di quelli tedeschi.
In Italia i politici hanno la macchina blu con autista, benzina, stracci per pulire i vetri - tutto rigorosamente pagato dallo stato. E la usano anche per andare a trovare i propri amici nel tempo libero.
In Svezia si vedono i politici al supermercato senza portaborse, autisti e guardie del corpo.
I parlamentari italiani hanno, ovviamente, uno stipendio invidiabile, ma soprattutto hanno un sacco di privilegi, tutti rigorosamente pagati dai contribuenti: buoni gratis per cinema, ristoranti, viaggi. Corsi di tennis, aerobica - inglese no, visto che al Parlamento europeo, anzichè una o due lingue ufficiali, siamo ancora alla babele delle lingue, con spese di traduzione relative.
Al Parlamento uno può andare a dire che ha perso un orologio, una borsa in pelle da 2000 €, o un pacchetto viaggio per una vacanza a Hong Kong, e, senza tante storie, glielo rimborsano.
Altro che noi, comuni mortali, che in una scuola, per poter usare una risma di carta in più per le lezioni dobbiamo fare richiesta alla direzione e dopo qualche settimana, visti tutti i documenti relativi, solo se siamo fortunati riceviamo qualcosa.
Nei tribunali non hanno neanche la carta per le fotocopie.
Nelle scuole a volte il materiale didattico è comprato con una colletta degli alunni.
E la lista potrebbe continuare.
Consiglio il nuovo libro di Gian Antonio Stella, 'Caste'.
E, soprattutto, consiglio di prendere molto sul serio il problema di questi sprechi.
tipologie di alunni
Ci sono alunni e alunni. Ecco alcuni dei miei.
I più terribili, dispettosi e irrequieti sono stati quelli di una scuola professionale di Venezia e di una scuola d'arte di Roma.
Nella scuola professionale si divertivano a fare i classici dispetti all'insegnante: mi tiravano palline, mi nascondevano le cose, si nascondevano per poi spaventarmi; alcuni si vestivano da uova di Pasqua, cioè con grandi fiocchettoni sopra la testa legati come si legano i nastri delle uova di Pasqua.
Nella scuola di Roma invece erano, più che dispettosi, anarchici. Io entravo in classe e questi per tutta la lezione avevano l'aria di non essersene neanche accorti. Tenevano alle orecchie un lettore-cd e ascoltavano tranquillamente più il lettore che la poveraccia che cercava di insegnare qualcosa. In classe c'era la porta-finestra e questi, quando, poverini, erano stanchi, andavano tranquillamente a farsi la passeggiata in terrazza; senza chiedere, ovviamente.
In Cina i ragazzi delle superiori sono buonissimi, anche troppo; a volte passivi. Si entra nelle popolose classi della popolosa Cina - anche una cinquantina di ragazzi per classe - e non senti fiatare una mosca.
Sempre in Cina i ragazzi delle prime classi delle elementari sono invece incantevoli. Entri in classe e ti applaudono. Poi qualsiasi parola dica l'insegnante ripetono - in Cina si usa molto insegnare facendo ripetere e memorizzare - con entusiasmo, come se fossero contentissimi di qualsiasi parola tu regali loro, e la prendono come un gioco con cui si divertono. Pendono dalle tue labbra e ascoltano tutto con estrema attenzione. A volte ripetono in modo molto comico. Se, ad esempio, io dico 'Well, some numbers now, .... mhh , oh, let's see', loro ripetono tutto, anche 'mhh , oh' e il tutto è molto divertente.
I ragazzi più seri a cui abbia mai insegnato, credo siano quelli di un liceo classico nel nord d'Italia. Seri, severi, esigenti, preparati. Si alzavano in piedi quando entravo. Li ho visti mesi dopo ad una trasmissione televisiva sui libri.
Invece i più educati forse sono i ragazzi americani. Meno cattiverie o critiche del solito. In generale un atteggiamento più rispettoso.
I più interessati all'italiano sono i ragazzi macedoni e albanesi. Alcuni sapevano tutto dell'Italia, anche le ultime battute dei ministri, le zuffe parlamentari, vita morte e miracoli di cantanti e personaggi famosi. Alcuni distinguevano senza difficoltà tra varianti linguistiche regionali, e facevano battute come se fossero stati in Italia fino al giorno prima, padroneggiando quelle conoscenze comuni ovvie e banali per un nativo, ma del tutto incomprensibili per uno straniero.
I più terribili, dispettosi e irrequieti sono stati quelli di una scuola professionale di Venezia e di una scuola d'arte di Roma.
Nella scuola professionale si divertivano a fare i classici dispetti all'insegnante: mi tiravano palline, mi nascondevano le cose, si nascondevano per poi spaventarmi; alcuni si vestivano da uova di Pasqua, cioè con grandi fiocchettoni sopra la testa legati come si legano i nastri delle uova di Pasqua.
Nella scuola di Roma invece erano, più che dispettosi, anarchici. Io entravo in classe e questi per tutta la lezione avevano l'aria di non essersene neanche accorti. Tenevano alle orecchie un lettore-cd e ascoltavano tranquillamente più il lettore che la poveraccia che cercava di insegnare qualcosa. In classe c'era la porta-finestra e questi, quando, poverini, erano stanchi, andavano tranquillamente a farsi la passeggiata in terrazza; senza chiedere, ovviamente.
In Cina i ragazzi delle superiori sono buonissimi, anche troppo; a volte passivi. Si entra nelle popolose classi della popolosa Cina - anche una cinquantina di ragazzi per classe - e non senti fiatare una mosca.
Sempre in Cina i ragazzi delle prime classi delle elementari sono invece incantevoli. Entri in classe e ti applaudono. Poi qualsiasi parola dica l'insegnante ripetono - in Cina si usa molto insegnare facendo ripetere e memorizzare - con entusiasmo, come se fossero contentissimi di qualsiasi parola tu regali loro, e la prendono come un gioco con cui si divertono. Pendono dalle tue labbra e ascoltano tutto con estrema attenzione. A volte ripetono in modo molto comico. Se, ad esempio, io dico 'Well, some numbers now, .... mhh , oh, let's see', loro ripetono tutto, anche 'mhh , oh' e il tutto è molto divertente.
I ragazzi più seri a cui abbia mai insegnato, credo siano quelli di un liceo classico nel nord d'Italia. Seri, severi, esigenti, preparati. Si alzavano in piedi quando entravo. Li ho visti mesi dopo ad una trasmissione televisiva sui libri.
Invece i più educati forse sono i ragazzi americani. Meno cattiverie o critiche del solito. In generale un atteggiamento più rispettoso.
I più interessati all'italiano sono i ragazzi macedoni e albanesi. Alcuni sapevano tutto dell'Italia, anche le ultime battute dei ministri, le zuffe parlamentari, vita morte e miracoli di cantanti e personaggi famosi. Alcuni distinguevano senza difficoltà tra varianti linguistiche regionali, e facevano battute come se fossero stati in Italia fino al giorno prima, padroneggiando quelle conoscenze comuni ovvie e banali per un nativo, ma del tutto incomprensibili per uno straniero.
Tuesday, May 1, 2007
scelta di un presidente
Se io fossi un'americana e dovessi votare per la scelta di un presidente, la questione più importante sarebbe:
'Quale presidente è il meno sanguinario?'.
Non è una battuta e non si parla di un dittatore africano.
Gli USA hanno la potenza militare maggiore del mondo e non si fanno problemi ad usarla. Probabilmente proprio gli USA stanno dietro al più grande numero di conflitti armati nel mondo, ed è stato così anche in passato. Gli altri stati possono essere coinvolti in conflitti, ma in aree più limitate.
La politica estera di tutti i presidenti USA è sempre stata seguita da una lunga scia di sangue. Possono esserci stati conflitti giustificati, ma molto più spesso sono e sono stati pretesti per motivi tutt'altro che disinteressati.
Tra Obama Barak e la Clinton sceglierei, infatti, subito, Barak: il fatto che voglia un ritiro immediato dall'Iraq è un motivo più che sufficiente per preferirlo ad altri, perchè questo carattere guerrafondaio è l'aspetto più negativo dell'America.
'Quale presidente è il meno sanguinario?'.
Non è una battuta e non si parla di un dittatore africano.
Gli USA hanno la potenza militare maggiore del mondo e non si fanno problemi ad usarla. Probabilmente proprio gli USA stanno dietro al più grande numero di conflitti armati nel mondo, ed è stato così anche in passato. Gli altri stati possono essere coinvolti in conflitti, ma in aree più limitate.
La politica estera di tutti i presidenti USA è sempre stata seguita da una lunga scia di sangue. Possono esserci stati conflitti giustificati, ma molto più spesso sono e sono stati pretesti per motivi tutt'altro che disinteressati.
Tra Obama Barak e la Clinton sceglierei, infatti, subito, Barak: il fatto che voglia un ritiro immediato dall'Iraq è un motivo più che sufficiente per preferirlo ad altri, perchè questo carattere guerrafondaio è l'aspetto più negativo dell'America.
intellettuali e potere (in inglese)
Intellectuals and political power in USA
In this essay I will discuss the relationship between academic power and political power in USA.
As a student, in the past, I idealized the academic world and thought teachers in universities would always have been able to offer an enlightening example to common people. But as years go on, I realize that universities are sometimes represented by people who know more than others, but not necessarily are better than others. To be better involves the moral sphere, and it means to use what you know to improve society, to improve people’s lives and to defend what is true and honest.
In the essay I will give many examples of the relationship between academics and political institutions, especially when intellectuals betrayed their role of guides of society in order to defend their privileges and not to question a questionable political power. There are many references to the American politics of the 70s (Vietnam war, Nixon, Kissinger) connected to the following years and to the present.
The aim of this essay is not just to criticize a frequent betrayal by intellectuals, but to reflect on this topic so that more awareness of these events may lead to more honesty and courage of thinking freely.
In theory scholars should observe the political and social situation of a country and prevent power from changing into abuse of power; they should inform people of what really happens in a country and unmask demagogy and falseness. This is rare in any country of the world, but since I have to deal with USA, I will focus on US academic class and its relationship with the political leaders, or on the academic class as a leading class.
I want to begin with an example taken from the history of my country, Italy.
During fascism the Italian academic class accepted fascism and signed in favour of the fascist laws. Only 12 out of 1200 professors refused to sign their faithfulness to fascism in 1931, when the fascist laws had already clearly shown all its criminality and violence. A scandalous number. The 12 courageous professors lost their jobs and some had to leave the country. The number is certainly shocking because universities in any country represent the best of a country, the most intelligent part of society and people should learn from them#.
Academics have a responsibility towards society and for this it is surprising how they often bend their freedom of opinion to the powerful leadership instead of defending what is clearly honest and just. They prefer to support power instead of supporting who is unjustly damaged by power.
Vietnam war offers many examples of this. What was clear and obvious - the unjust destruction of populations by a foreign army - was instead defended with strange pseudo-intellectual reasoning lacking any moral concern. Knowledge and skills were put at the service of the destruction of other human beings.
During Vietnam war in New York some science museums allowed visitors to ‘play’ with US helicopters dropping bombs or chemical poison on Vietnam fields. And nowadays too, during the war in Iraq, some videogames deal with Muslims as targets to be shot.
Scientists were concerned with scientifically and technical experiments aiming at the destruction of the war enemy.
Some scholars studied the effects of bombs and weapons on the enemy. Some of their comments and observations surprise as completely devoid of moral content. Some military pilots complained that if they threw bombs on areas full of trees and woods, they could not see the effects of the bombs and this was unsatisfactory because a professional can only be pleased if s/he can see the results of his job.
Engineers worked on new war experiments, as for example, destructive arms for dikes and dams. During the Nazi time something similar happened in Holland at the time of the Allied invasion. The German High Commissioner Seyss-Inquart manipulated dikes causing flood and destruction. He was condemned to death for this. Instead, no one of the US soldiers during Vietnam war was condemned to death for similar operations.
During Vietnam war the Printing Office of the White House was ready to offer a ‘prompt and respectful hearing’ to ‘new, good ideas about Vietnam’ and it could offer a ‘source of insight into the moral and intellectual level of this expert advice‘#. In one of the publications Professor David N. Rowe, director of graduate studies in international relations at Yale University, suggested that the United States should buy all surplus of Canadian and Australian wheat, so that there will be mass starvation in China (country ready to help Vietnam). These are his words: “Mind you, I am not talking about this as a weapon against the Chinese people. It will be. But that is only incidental. The weapon will be a weapon against the Government because the internal stability of that country cannot be sustained by an unfriendly Government in the face of general starvation”#.
What is important is to reach a certain political aim, no matter the human cost.
In the same collection of publication we find the proposal of Reverend R.J. de Jaegher, regent of the Institute of Far Eastern Studies, Seton Hall University, who wondered why they should limit the action to indirect means like mass starvation. He thought bombing was a more efficient solution, and he explained that, like all people who lived under Communism, the North Vietnamese “would be perfectly happy to be bombed to be free”#.
Another example of how scholarly work sometimes supports the political power, neglecting honesty and clarity, is proved by a false use of certain scientific terminology. During Vietnam war the recurring word ‘urbanisation’ was the definition given by US to the destruction of crops, cultivated areas, rural villages. Similarly ‘pacification operation’ is the destruction of entire villages in Vietnam resulting in killing of women, children and old people. The invasion of Panama was called ‘Operation just cause’ and it killed thousands of innocent victims in order to arrest a politician - Manuel Noriega - who had been supported by USA and CIA till he began to act too independently for America. This invasion violated the same international laws which were at the origin of the Gulf War when Saddam Hussein invaded Kuwait and USA intervened in defence of Kuwait. Donaldo Macedo, introducing Chomsky in On Miseducation, said that the invasion of Kuwait by Iraq was of course brutal, but not more brutal than US invasion of Panama or Granada, not to speak of US support for the right-wing dictatorships and death squads in Chile, El Salvador, Guatemala#.
Many similar examples in the recent history show that the same actions are judged very differently if they are foreign interventions or actions of one’s own country. What may surprise is the incapacity of teachers and intellectuals either to call these events with their real names or to understand what hides behind a tricky definition.
Nato intervention in Kosovo under President Clinton was generally seen, not only by US intellectuals but also by European ones, as a humanitarian operation to stop the ethnic cleansing of the Balkans. And maybe the intention was this, indeed. But few noticed that the consequence of this intervention was a direct increase of ethnic cleansing, killings, rapes, tortures of the Albanians in Kosovo. And it was not so difficult to imagine this consequence.#
US often present their operations as humanitarian interventions but a critical analysis can easily discover their real purposes or their irresponsible side-effects. Clinton also supported Colombia government officially in its drug war, but with his support of the Colombian President Cesar Gaviria, US became themselves responsible for the appalling, wide use of violence against Colombian people.
In the 90s US supported the bombing of Kurdish villages by the Turkish government; this caused the flight of more than one million refugees from the bombed areas.
Another US ‘humanitarian operation’ is the military support of Indonesia in the carnage of Timor East, leading to the death of 60000 people in two months.#
US often defend their interventions of foreign politics as humanitarian operations of defence and justice, while they accuse other states of similar operations as violations of international laws. And too often do schools and universities support the acceptance of similar demagogical interpretations of events.
Edward Said, the famous author of Orientalism, wrote that teachers and scholars should not be, but they are, like any other professionals, who provide their expertise while gaining money. They are expected to shape students according to the requirements of the dominant society.# If a citizen condemns the aggression of a country by an enemy, he should also have the courage to condemn the same by his/her own country.#
Another case of manipulation of information is Laos. For many years thousands of people, above all children and poor farmers, were killed in the Plain of Jars in Northern Laos: it is recorded as the heaviest bombing of civilian targets in history. The worst moment began in 1968 when Kissinger and Nixon had to begin agreements for the end of Vietnam war. Bombing was stopped in Vietnam, and they decided to shift it to Laos and Cambodia. This period of war had an average of 20000 casualties per year, the half of which were deaths. How did the US media react to these events? We said that in Kosovo Nato’s intervention was applauded by US press because it stopped violence and ethnic cleansing, while it actually increased it. As regards Laos, US media said nothing at all, excusing this with the fact that it was a ’secret war’. Press and televisions chose an incredible self-censorship and nowadays too, Laos war is little known. While Milosevic in the Balkans was condemned by the International Tribunal for crimes against humanity, Kissinger, the architect of the massacres in Laos, has never had problems with justice and he is celebrated as an expert and a successful politician.#
In Iraq during the Gulf War the situation was similar: a humanitarian excuse (Saddam Hussein invaded Kuwait - how many countries had US invaded before?) hid the real concern of US policy in the Gulf: the control of oil whose huge profits are used to support US and UK economies. All this while the US Presidents continue to present themselves as guarantees against violations of laws, violence and aggressions. And while many US intellectuals refuse to admit such a clear state of facts.
Chomsky wrote a meaningful sentence in 1967: “We must emphasize what must be obvious to a person with a grain of political intelligence: that the present world problem is [ not containing China but ] containing the United States.”#
The United States of America seem to be the only democratic Western country which still consider it right to invade other countries, without UNO permission. And the consequences are almost always big tragedies for other countries. UK, too, but at a minor extent. And I fear there is another example: Israel, which does not invade other countries in general, just one, the Palestinian territories, treated as a colony deprived of any right to autonomy. They never come to an agreement. I have the impression that what Israel is trying to achieve is discouraging Palestinians to stay in the Palestinian territories, increasing the emigration and reducing Palestinians to a minority which in the end will accept to live in the only existing state, Israel. But it is probably a wrong calculation, since the birth rate is too high among Palestinians to reach any similar goal.
Many countries in the world invade others, but they do not boast themselves of being democratic countries based on a legal state.
The Geneve Convention signed in 1906, 1929, 1949 stated rules about human rights, international law and war law, and among other decision, one stated that the problems of each country should be settled by its citizens and not by foreign countries. All democratic countries accept, at least in theory, Geneve Convention.
US too often interfere in other countries’ choices, without being criticized abroad or in USA. This is what intellectuals should do: to be a sort of vigilant observers of the social and political situation and, if necessary, criticize what is wrong, even if this goes against what society invites to accept.
In Chomsky’s opinion, educational institutions in USA guarantee the social stability because they prepare students not only to learn certain contents but also to use them in society. ’If you don’t support the interest of the people who have wealth and power, you don’t survive very long’#
Historically intellectuals have played an inglorious role in support of the doctrinal system, praising certain political ‘civilizing’ actions which, in reality, have often brought to the opposite: violence, murders, genocide, slavery. I find particularly interesting these words by Chomsky: ’How many Americans have read anything written by the Central American intellectuals who were assassinated by US proxy armies? Or would know of Dom Elder Camara - the Brazilian bishop who championed the cause of the poor in Brazil? That most would have difficulty even giving the names of dissidents in the brutal tyrannies in Latin America - and elsewhere - that we support and whose forces we train, provides an interesting comment on our intellectual culture. Facts that are inconvenient to the doctrinal system are summarily disregarded as if they do not exist. They are just suppressed. [….] The critical skills they use in unmasking the falsehood propagated in what they call ‘rogue nations‘ disappear when criticism of our own government and the tyrannies that we support are in order. The educated class have mostly supported the propaganda apparatus throughout history.’#
After his trip to America in 1831-32 De Tocqueville wrote: “ I know of no country in which there is so little independence of mind and real freedom of discussion as in America”.# There are certainly free institutions, but also a strong tradition of passivity and conformism.
I can add that a surprising aspect of the press in USA is the fact that the majority of articles are celebrations of something, praise, support, appreciation. This is pleasant, of course, and you have the impression that everything is golden here, but the side-effect is that people get used to accept everything without critical spirit. Also when it is necessary to be critical.
An example: when Steffey Wade died at Purdue University few months ago, and his body was found in a place which should have been locked, while it was not, the reaction of the press was, in my opinion, extremely mild. I can imagine what European newspapers would have written: ‘Scandalous lack of safety in this university!’ ‘Death of a boy. Serious responsibility of the university!‘. I do not want to say that one is better than the other. I simply say that it is rather easy to understand that people in USA are used to accept: to accept what they are commanded to do, what they are told, what is decided at the top. Here you can feel a pleasant, a bit childish atmosphere of a place where someone decides for you. But the bad consequence is that they may decide too much for you. This is just my impression.
In democratic societies propaganda is very important, even more than in dictatorships, where violent means may be used to force people in a certain way. In democratic societies you need a greater use of propaganda as a way to control what people think. The educated class becomes indispensable in the mind-control, and schools play an important role in this. If someone wants to become a chemistry teacher, s/he does not only has to study chemistry; s/he has also to learn how to behave, how to dress properly, what he should say in certain circumstances, and what not; and that s/he is required to conform to society. If s/he is too independent and s/he questions the professional code of behaviour, s/he will be excluded from that system of privileges.
Not often have American scholars criticized violence in Vietnam. Violence was considered necessary to keep the social order and they condemned the risk of losing this social order.
Order and stability are important words in USA. Their importance is so great that any change is slowed or feared, even if it is felt as necessary for other people. This shows a strange contradiction: people hate violence but they accept the violence against what disturbs the social order. Stability is very important. The order defended in America is the one of the leading class. What disturbs this stability can be suppressed with violence. There is another way of facing the risk of social instability and it is a more democratic one: considering the requests of those who complain.
Isn’t the fight against communist often just an attack to a possible social turmoil? So much violence was planned not because US faced a real enemy, but because there may have been the possibility of reverting this order. South America offers many examples in this regard. One for all: Chile dictatorship of Pinochet was supported by US and in Chile there had not been examples of communist violence or riots or rebellions. The aim was to suffocate the possible switching towards left of the legitimate, democratic government of Salvador Allende.
During Vietnam war Senator Fulbright described the failure of the universities to form ‘an effective counterweight to the military-industrial complex by strengthening their emphasis on the traditional values of our democracy’. In particular he refers to the failure of the social scientists ‘who ought to be acting as responsible and independent critics of the Government’s policies,’ but who instead become the agents of these policies.# And the main reasons for this are, in Fulbright’s opinion, money, power and career. Intellectuals are part of the leading class and what the state offers them, in terms of economical conditions, relevant role in society, influential activities, requires the defence, often passive and non critical, of the establishment.
What I wrote refers to US because this was required by the topic, but I do not criticize US in general. These ideas may refer to any society where conformism is of course more common than courageous free thinking.
And I also do not criticize universities as if they were the most guilty part of society. Even if they probably should be. People have right to request the best to universities, in cultural and human terms. This is why the disappointment is sometimes strong.
Besides I will probably continue to work in universities in the future. So, although I am not a scholar now, this criticism may also vaguely refer to myself and to the social environment which I have most often attended in these years.
Bibliography
Giorgio Boatti, Preferirei di no, Einaudi, Torino, 2001
Noam Chomsky, American Power and the New Mandarins, Pantheon Books, New York,1967
Noam Chomsky, Chomsky on Miseducation, Rowman & Littlefield Publishers, Lanham, Maryland, 2000
Noam Chosky, On Democracy and Education, RoutledgeFarmer, New York, 2003
Alexis De Tocqueville, Democracy in America, University of Chicago Press, Chicago, 2002
Edward W. Said, Representations of the Intellectual, Pantheon Books, New York, 1994
In this essay I will discuss the relationship between academic power and political power in USA.
As a student, in the past, I idealized the academic world and thought teachers in universities would always have been able to offer an enlightening example to common people. But as years go on, I realize that universities are sometimes represented by people who know more than others, but not necessarily are better than others. To be better involves the moral sphere, and it means to use what you know to improve society, to improve people’s lives and to defend what is true and honest.
In the essay I will give many examples of the relationship between academics and political institutions, especially when intellectuals betrayed their role of guides of society in order to defend their privileges and not to question a questionable political power. There are many references to the American politics of the 70s (Vietnam war, Nixon, Kissinger) connected to the following years and to the present.
The aim of this essay is not just to criticize a frequent betrayal by intellectuals, but to reflect on this topic so that more awareness of these events may lead to more honesty and courage of thinking freely.
In theory scholars should observe the political and social situation of a country and prevent power from changing into abuse of power; they should inform people of what really happens in a country and unmask demagogy and falseness. This is rare in any country of the world, but since I have to deal with USA, I will focus on US academic class and its relationship with the political leaders, or on the academic class as a leading class.
I want to begin with an example taken from the history of my country, Italy.
During fascism the Italian academic class accepted fascism and signed in favour of the fascist laws. Only 12 out of 1200 professors refused to sign their faithfulness to fascism in 1931, when the fascist laws had already clearly shown all its criminality and violence. A scandalous number. The 12 courageous professors lost their jobs and some had to leave the country. The number is certainly shocking because universities in any country represent the best of a country, the most intelligent part of society and people should learn from them#.
Academics have a responsibility towards society and for this it is surprising how they often bend their freedom of opinion to the powerful leadership instead of defending what is clearly honest and just. They prefer to support power instead of supporting who is unjustly damaged by power.
Vietnam war offers many examples of this. What was clear and obvious - the unjust destruction of populations by a foreign army - was instead defended with strange pseudo-intellectual reasoning lacking any moral concern. Knowledge and skills were put at the service of the destruction of other human beings.
During Vietnam war in New York some science museums allowed visitors to ‘play’ with US helicopters dropping bombs or chemical poison on Vietnam fields. And nowadays too, during the war in Iraq, some videogames deal with Muslims as targets to be shot.
Scientists were concerned with scientifically and technical experiments aiming at the destruction of the war enemy.
Some scholars studied the effects of bombs and weapons on the enemy. Some of their comments and observations surprise as completely devoid of moral content. Some military pilots complained that if they threw bombs on areas full of trees and woods, they could not see the effects of the bombs and this was unsatisfactory because a professional can only be pleased if s/he can see the results of his job.
Engineers worked on new war experiments, as for example, destructive arms for dikes and dams. During the Nazi time something similar happened in Holland at the time of the Allied invasion. The German High Commissioner Seyss-Inquart manipulated dikes causing flood and destruction. He was condemned to death for this. Instead, no one of the US soldiers during Vietnam war was condemned to death for similar operations.
During Vietnam war the Printing Office of the White House was ready to offer a ‘prompt and respectful hearing’ to ‘new, good ideas about Vietnam’ and it could offer a ‘source of insight into the moral and intellectual level of this expert advice‘#. In one of the publications Professor David N. Rowe, director of graduate studies in international relations at Yale University, suggested that the United States should buy all surplus of Canadian and Australian wheat, so that there will be mass starvation in China (country ready to help Vietnam). These are his words: “Mind you, I am not talking about this as a weapon against the Chinese people. It will be. But that is only incidental. The weapon will be a weapon against the Government because the internal stability of that country cannot be sustained by an unfriendly Government in the face of general starvation”#.
What is important is to reach a certain political aim, no matter the human cost.
In the same collection of publication we find the proposal of Reverend R.J. de Jaegher, regent of the Institute of Far Eastern Studies, Seton Hall University, who wondered why they should limit the action to indirect means like mass starvation. He thought bombing was a more efficient solution, and he explained that, like all people who lived under Communism, the North Vietnamese “would be perfectly happy to be bombed to be free”#.
Another example of how scholarly work sometimes supports the political power, neglecting honesty and clarity, is proved by a false use of certain scientific terminology. During Vietnam war the recurring word ‘urbanisation’ was the definition given by US to the destruction of crops, cultivated areas, rural villages. Similarly ‘pacification operation’ is the destruction of entire villages in Vietnam resulting in killing of women, children and old people. The invasion of Panama was called ‘Operation just cause’ and it killed thousands of innocent victims in order to arrest a politician - Manuel Noriega - who had been supported by USA and CIA till he began to act too independently for America. This invasion violated the same international laws which were at the origin of the Gulf War when Saddam Hussein invaded Kuwait and USA intervened in defence of Kuwait. Donaldo Macedo, introducing Chomsky in On Miseducation, said that the invasion of Kuwait by Iraq was of course brutal, but not more brutal than US invasion of Panama or Granada, not to speak of US support for the right-wing dictatorships and death squads in Chile, El Salvador, Guatemala#.
Many similar examples in the recent history show that the same actions are judged very differently if they are foreign interventions or actions of one’s own country. What may surprise is the incapacity of teachers and intellectuals either to call these events with their real names or to understand what hides behind a tricky definition.
Nato intervention in Kosovo under President Clinton was generally seen, not only by US intellectuals but also by European ones, as a humanitarian operation to stop the ethnic cleansing of the Balkans. And maybe the intention was this, indeed. But few noticed that the consequence of this intervention was a direct increase of ethnic cleansing, killings, rapes, tortures of the Albanians in Kosovo. And it was not so difficult to imagine this consequence.#
US often present their operations as humanitarian interventions but a critical analysis can easily discover their real purposes or their irresponsible side-effects. Clinton also supported Colombia government officially in its drug war, but with his support of the Colombian President Cesar Gaviria, US became themselves responsible for the appalling, wide use of violence against Colombian people.
In the 90s US supported the bombing of Kurdish villages by the Turkish government; this caused the flight of more than one million refugees from the bombed areas.
Another US ‘humanitarian operation’ is the military support of Indonesia in the carnage of Timor East, leading to the death of 60000 people in two months.#
US often defend their interventions of foreign politics as humanitarian operations of defence and justice, while they accuse other states of similar operations as violations of international laws. And too often do schools and universities support the acceptance of similar demagogical interpretations of events.
Edward Said, the famous author of Orientalism, wrote that teachers and scholars should not be, but they are, like any other professionals, who provide their expertise while gaining money. They are expected to shape students according to the requirements of the dominant society.# If a citizen condemns the aggression of a country by an enemy, he should also have the courage to condemn the same by his/her own country.#
Another case of manipulation of information is Laos. For many years thousands of people, above all children and poor farmers, were killed in the Plain of Jars in Northern Laos: it is recorded as the heaviest bombing of civilian targets in history. The worst moment began in 1968 when Kissinger and Nixon had to begin agreements for the end of Vietnam war. Bombing was stopped in Vietnam, and they decided to shift it to Laos and Cambodia. This period of war had an average of 20000 casualties per year, the half of which were deaths. How did the US media react to these events? We said that in Kosovo Nato’s intervention was applauded by US press because it stopped violence and ethnic cleansing, while it actually increased it. As regards Laos, US media said nothing at all, excusing this with the fact that it was a ’secret war’. Press and televisions chose an incredible self-censorship and nowadays too, Laos war is little known. While Milosevic in the Balkans was condemned by the International Tribunal for crimes against humanity, Kissinger, the architect of the massacres in Laos, has never had problems with justice and he is celebrated as an expert and a successful politician.#
In Iraq during the Gulf War the situation was similar: a humanitarian excuse (Saddam Hussein invaded Kuwait - how many countries had US invaded before?) hid the real concern of US policy in the Gulf: the control of oil whose huge profits are used to support US and UK economies. All this while the US Presidents continue to present themselves as guarantees against violations of laws, violence and aggressions. And while many US intellectuals refuse to admit such a clear state of facts.
Chomsky wrote a meaningful sentence in 1967: “We must emphasize what must be obvious to a person with a grain of political intelligence: that the present world problem is [ not containing China but ] containing the United States.”#
The United States of America seem to be the only democratic Western country which still consider it right to invade other countries, without UNO permission. And the consequences are almost always big tragedies for other countries. UK, too, but at a minor extent. And I fear there is another example: Israel, which does not invade other countries in general, just one, the Palestinian territories, treated as a colony deprived of any right to autonomy. They never come to an agreement. I have the impression that what Israel is trying to achieve is discouraging Palestinians to stay in the Palestinian territories, increasing the emigration and reducing Palestinians to a minority which in the end will accept to live in the only existing state, Israel. But it is probably a wrong calculation, since the birth rate is too high among Palestinians to reach any similar goal.
Many countries in the world invade others, but they do not boast themselves of being democratic countries based on a legal state.
The Geneve Convention signed in 1906, 1929, 1949 stated rules about human rights, international law and war law, and among other decision, one stated that the problems of each country should be settled by its citizens and not by foreign countries. All democratic countries accept, at least in theory, Geneve Convention.
US too often interfere in other countries’ choices, without being criticized abroad or in USA. This is what intellectuals should do: to be a sort of vigilant observers of the social and political situation and, if necessary, criticize what is wrong, even if this goes against what society invites to accept.
In Chomsky’s opinion, educational institutions in USA guarantee the social stability because they prepare students not only to learn certain contents but also to use them in society. ’If you don’t support the interest of the people who have wealth and power, you don’t survive very long’#
Historically intellectuals have played an inglorious role in support of the doctrinal system, praising certain political ‘civilizing’ actions which, in reality, have often brought to the opposite: violence, murders, genocide, slavery. I find particularly interesting these words by Chomsky: ’How many Americans have read anything written by the Central American intellectuals who were assassinated by US proxy armies? Or would know of Dom Elder Camara - the Brazilian bishop who championed the cause of the poor in Brazil? That most would have difficulty even giving the names of dissidents in the brutal tyrannies in Latin America - and elsewhere - that we support and whose forces we train, provides an interesting comment on our intellectual culture. Facts that are inconvenient to the doctrinal system are summarily disregarded as if they do not exist. They are just suppressed. [….] The critical skills they use in unmasking the falsehood propagated in what they call ‘rogue nations‘ disappear when criticism of our own government and the tyrannies that we support are in order. The educated class have mostly supported the propaganda apparatus throughout history.’#
After his trip to America in 1831-32 De Tocqueville wrote: “ I know of no country in which there is so little independence of mind and real freedom of discussion as in America”.# There are certainly free institutions, but also a strong tradition of passivity and conformism.
I can add that a surprising aspect of the press in USA is the fact that the majority of articles are celebrations of something, praise, support, appreciation. This is pleasant, of course, and you have the impression that everything is golden here, but the side-effect is that people get used to accept everything without critical spirit. Also when it is necessary to be critical.
An example: when Steffey Wade died at Purdue University few months ago, and his body was found in a place which should have been locked, while it was not, the reaction of the press was, in my opinion, extremely mild. I can imagine what European newspapers would have written: ‘Scandalous lack of safety in this university!’ ‘Death of a boy. Serious responsibility of the university!‘. I do not want to say that one is better than the other. I simply say that it is rather easy to understand that people in USA are used to accept: to accept what they are commanded to do, what they are told, what is decided at the top. Here you can feel a pleasant, a bit childish atmosphere of a place where someone decides for you. But the bad consequence is that they may decide too much for you. This is just my impression.
In democratic societies propaganda is very important, even more than in dictatorships, where violent means may be used to force people in a certain way. In democratic societies you need a greater use of propaganda as a way to control what people think. The educated class becomes indispensable in the mind-control, and schools play an important role in this. If someone wants to become a chemistry teacher, s/he does not only has to study chemistry; s/he has also to learn how to behave, how to dress properly, what he should say in certain circumstances, and what not; and that s/he is required to conform to society. If s/he is too independent and s/he questions the professional code of behaviour, s/he will be excluded from that system of privileges.
Not often have American scholars criticized violence in Vietnam. Violence was considered necessary to keep the social order and they condemned the risk of losing this social order.
Order and stability are important words in USA. Their importance is so great that any change is slowed or feared, even if it is felt as necessary for other people. This shows a strange contradiction: people hate violence but they accept the violence against what disturbs the social order. Stability is very important. The order defended in America is the one of the leading class. What disturbs this stability can be suppressed with violence. There is another way of facing the risk of social instability and it is a more democratic one: considering the requests of those who complain.
Isn’t the fight against communist often just an attack to a possible social turmoil? So much violence was planned not because US faced a real enemy, but because there may have been the possibility of reverting this order. South America offers many examples in this regard. One for all: Chile dictatorship of Pinochet was supported by US and in Chile there had not been examples of communist violence or riots or rebellions. The aim was to suffocate the possible switching towards left of the legitimate, democratic government of Salvador Allende.
During Vietnam war Senator Fulbright described the failure of the universities to form ‘an effective counterweight to the military-industrial complex by strengthening their emphasis on the traditional values of our democracy’. In particular he refers to the failure of the social scientists ‘who ought to be acting as responsible and independent critics of the Government’s policies,’ but who instead become the agents of these policies.# And the main reasons for this are, in Fulbright’s opinion, money, power and career. Intellectuals are part of the leading class and what the state offers them, in terms of economical conditions, relevant role in society, influential activities, requires the defence, often passive and non critical, of the establishment.
What I wrote refers to US because this was required by the topic, but I do not criticize US in general. These ideas may refer to any society where conformism is of course more common than courageous free thinking.
And I also do not criticize universities as if they were the most guilty part of society. Even if they probably should be. People have right to request the best to universities, in cultural and human terms. This is why the disappointment is sometimes strong.
Besides I will probably continue to work in universities in the future. So, although I am not a scholar now, this criticism may also vaguely refer to myself and to the social environment which I have most often attended in these years.
Bibliography
Giorgio Boatti, Preferirei di no, Einaudi, Torino, 2001
Noam Chomsky, American Power and the New Mandarins, Pantheon Books, New York,1967
Noam Chomsky, Chomsky on Miseducation, Rowman & Littlefield Publishers, Lanham, Maryland, 2000
Noam Chosky, On Democracy and Education, RoutledgeFarmer, New York, 2003
Alexis De Tocqueville, Democracy in America, University of Chicago Press, Chicago, 2002
Edward W. Said, Representations of the Intellectual, Pantheon Books, New York, 1994
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